bruno forte papa francesco bergoglio

“PAPA FRANCESCO? SAREBBE BELLO SE QUESTA FOSSE L’OCCASIONE PER PARLARE DELLA MORTE IN TERMINI PIÙ SERENI” - L’ARCIVESCOVO BRUNO FORTE: “È UTILE MOSTRARE CHE COSA SIGNIFICA LA MORTE PER I CRISTIANI, PROPRIO GUARDANDO ALLA TESTIMONIANZA DEL PAPA: SI E’ RIMESSO NELLE MANI DEL SIGNORE, SAPENDO CHE IL SUO DISEGNO, QUALE CHE SIA, CI PRECEDE. È QUESTO SUO AFFIDAMENTO TOTALE, A ESSERE ESEMPLARE - OGGI SI HA PAURA A PARLARE ANCHE SOLO DELLA POSSIBILITÀ DELLA MORTE PERCHÉ VIVIAMO IN UN MODO CHE ASSOLUTIZZA LA VITA TERRENA. CIÒ CHE CONTA NON È IL TEMPO PIÙ O MENO LUNGO CHE CI È DATO MA IL VIVERLO CON AMORE, IL FILO CHE COLLEGA LA NOSTRA VITA ALL’ETERNITÀ”

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Estratto dell’articolo di Gian Guido Vecchi per il “Corriere della Sera”

 

bruno forte

«Ho conosciuto un grande studioso benedettino, don Anselmo Lentini, che un giorno si sentì male e fu ricoverato in ospedale a Napoli. Lo andai a trovare e lui, parlandomi della possibilità della morte, mi disse con un sorriso: sai, mi viene in mente il salmo che fa: “Esultai quando mi dissero: andiamo alla casa del Signore!”».

 

L’arcivescovo Bruno Forte è il teologo al quale Francesco, pochi mesi fa, ha chiesto di presentare in Vaticano la sua ultima enciclica, Dilexit Nos, il testo nel quale tra l’altro Bergoglio ha scritto: «Quando il cuore non viene apprezzato, perdiamo le risposte che l’intelligenza da sola non può dare, l’incontro con gli altri, la poesia. Alla fine della vita conterà solo questo».

 

papa francesco bruno forte

Eccellenza, è un momento difficile, si moltiplicano rosari e preghiere per il Papa…

«Sì, anch’io sto vedendo un grande movimento di preghiera […] Sarebbe bello se questa fosse l’occasione per parlare della morte in termini più sereni. Di mostrare che cosa significa per i cristiani, i credenti, proprio guardando alla testimonianza del Papa».

 

Come crede stia passando questi giorni in ospedale?

bruno forte papa francesco

«Vede, Francesco è un uomo di fede profonda. […] non c’è dubbio che in questi momenti si rimetta totalmente nelle mani del Signore, sapendo che il disegno di Dio, quale che sia, ci precede. È questa sua serenità, il suo affidamento totale, a essere esemplare».

 

E l’ansia che, al contrario, accompagna il ricovero all’esterno?

«Quando si fa tanto chiasso sulle ipotesi di conclave, la successione, si dimentica l’aspetto più importante: un uomo che è sotto gli occhi del mondo e ci sta dando la testimonianza di come un credente affronta la malattia, consapevole che può anche andare incontro alla fine della vita, e sperimenta tutto questo con abbandono, serenità e fiducia in Dio. Perché la morte, per un uomo di fede, è un passaggio. Non si interrompe nulla. Là c’è una porta».

 

ARCIVESCOVO BRUNO FORTE

Perché si ha paura a parlare anche solo della possibilità della morte?

«[…] perché viviamo in un modo che assolutizza la vita terrena. Oltre, si pensa ci sia solo il nulla». […] «[…] Ciò che conta non è il tempo più o meno lungo che ci è dato ma il viverlo con amore, il filo che collega la nostra vita all’eternità».

 

Il cardinale Carlo Maria Martini, gesuita come Bergoglio, con un’espressione dantesca chiamava la morte il «duro calle».

«Questo non si discute. Ma “duro calle” significa, appunto, che c’è un passaggio. Certo un passaggio arduo, agonico. Con la morte si combatte, in greco agonía significa proprio questo: lotta. Però, in una visione di fede, di là dalla morte non c’è il nulla. Non è la fine, è l’accoglienza di Dio e il suo giudizio di amore».

ARCIVESCOVO BRUNO FORTE