COME MAI ALLA DUCETTA È PARTITO L’EMBOLO CONTRO PRODI? PERCHÉ IL PROF HA MESSO IL DITONE NELLA…
Giovanni Bianconi per il "Corriere della Sera"
La Procura di Roma ha un nuovo capo, il terzo in meno di tre anni, ma il Consiglio superiore della magistratura continua a dilaniarsi intorno a una vicenda che gli ha fatto perdere - per ammissione degli stessi consiglieri - dignità, autorevolezza e credibilità. Non certo per la scelta finale caduta su Francesco Lo Voi, 64 anni, fino a ieri procuratore di Palermo, che ha ottenuto 19 voti su 25 (due hanno votato per l'altro concorrente Marcello Viola e tre si sono astenuti), ma per il modo in cui s' è arrivati a questa decisione.
luca palamara a passeggio con cosimo ferri
Nel plenum che l'ha ratificata sono tornati a risuonare gli echi delle trame dell'hotel Champagne, quando nel maggio 2019 alcuni consiglieri concordavano strategie assieme all'ex componente del Csm Luca Palamara e ai deputati Cosimo Ferri e Luca Lotti (quest' ultimo imputato proprio davanti alla Procura di Roma) per la successione all'ex procuratore Giuseppe Pignatone, appena andato in pensione. Anche allora erano in corsa Lo Voi e Viola, il procuratore generale di Firenze individuato da Ferri e Palamara per realizzare la «discontinuità» con la gestione Pignatone e dare via libera alla successiva nomina dello stesso Palamara a procuratore aggiunto.
Un «patto» siglato fuori dal Csm e svelato dal trojan che aveva trasformato il telefonino dell'ex magistrato in una microspia, con relative dimissioni dei consiglieri coinvolti e successiva radiazione di Palamara dall'ordine giudiziario. Alla diffusione di quelle intercettazioni seguirono l'annullamento delle procedure portate avanti fino a quel momento (prevalenza di Viola in commissione incarichi direttivi), una nuova trattazione della pratica e la nomina del procuratore aggiunto Michele Prestipino, sancita a marzo 2020.
Annullata però dal Tar e dal Consiglio di Stato che hanno accolto i ricorsi di Lo Voi e Viola, ritenendo che un procuratore aggiunto non possa superare un procuratore o un procuratore generale. Le sentenze della giustizia amministrativa hanno di fatto costretto il Csm a una nuova scelta tra i due candidati sconfitti all'epoca, e ieri il Consiglio ha scelto Lo Voi.
Si è giunti quindi alla soluzione contrastata nel 2019 dall'asse Ferri-Palamara, con al seguito le rispettive correnti (Unità per la costituzione e Magistratura indipendente), con quasi tre anni di ritardo e in mezzo uno scandalo da cui il Consiglio non sembra essersi ripreso. Costretto a smentire perfino se stesso, dovendosi rimangiare la nomina di Prestipino che nel frattempo ha ricompattato e ripreso a far funzionare la Procura più importante d'Italia, e che per questo ha incassato i riconoscimenti del procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, di altri consiglieri e dello stesso Lo Voi: «Ringrazio il Csm e anche Michele Prestipino, che è un grande amico e un grande magistrato».
A favore di Viola si sono pronunciati i due consiglieri ormai separati dalla corrente di Autonomia e indipendenza nelle cui file furono eletti, Sebastiano Ardita e Nino Di Matteo; quest' ultimo ha voluto sottolineare che il pg di Firenze «è la vittima principale, ingiustamente penalizzata» dello scandalo esploso con le intercettazioni dell'hotel Champagne, non essendo emerso alcun ruolo nelle manovre extra-consiliari.
I consiglieri di Area (la cosiddetta «sinistra giudiziaria») volevano invece acquisire altri elementi e ascoltarlo sulle trame che puntavano alla sua nomina, sia pure a sua insaputa. Di qui le scintille e i battibecchi tra consiglieri, con velate accuse reciproche (anche tra chi ha votato lo stesso candidato) di nascondere la polvere sotto il tappeto, o di usare due pesi e due misure con le intercettazioni di Palamara, a seconda delle convenienze correntizie o personali.
Polemiche anche tra laici e togati sui rispettivi interessi rappresentati, nonché tra togati che si rinfacciano le decisioni annullate dalla giustizia amministrativa, o la scarsa trasparenza nell'assegnazione di un «posto di grande potere» dietro il quale si sono mossi «plurimi e forti interessi».
La nomina decisa a larghissima maggioranza di un magistrato unanimemente stimato ha dunque chiuso la partita della Procura di Roma, lasciando però aperte le ferite di un Csm ormai in dirittura d'arrivo (mancano sette mesi alla scadenza), dopo il quale si attende una riforma da tutti invocata ma non facile da realizzare. Il governo non ha ancora presentato ufficialmente la sua proposta e già politici e magistrati sono schierati su fronti opposti.
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