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Michele Bocci per Il Venerdì-la Repubblica
Agli italiani piace anche se non sballa. E piace pure tanto. La possibilità di comprarla senza problemi, mettendosi in coda in un negozio o connettendosi a un sito, è un' attrattiva irresistibile. E poco male se gli effetti psicoattivi non ci sono. E se al massimo ci si sente i muscoli più rilassati.
È passato esattamente un anno da quando, durante "Indica sativa trade", fiera internazionale della canapa a Casalecchio di Reno, vicino a Bologna, si parlò per la prima volta della cannabis light.
La EasyJoint di Parma aveva portato all' attenzione di esperti e appassionati la sua idea: una marijuana a bassissimo contenuto di tetraidrocannabinolo (thc) e per questo non illegale. A quel tempo l' azienda emiliana aveva a disposizione una trentina di chili di fiori di canapa. In dodici mesi dal suo magazzino di Jesi, dove lavorano 64 persone, sono passate venti tonnellate di prodotto.
Tutto lascia pensare che il dato, già di per sé impressionante, non rappresenti un punto di arrivo ma di partenza. L' andamento della domanda fa stimare che il mercato sarebbe già pronto a consumare cinquanta tonnellate l' anno di cannabis light. Non a caso alle 250 aziende agricole già attive, dopo la prossima estate, se ne aggiungeranno altre 800.
Oggi la vendita al dettaglio può contare su circa cinquecento grow shop, dove un tempo si vendevano soltanto semi, prodotti derivati dalla canapa e l' attrezzatura per la coltivazione casalinga, e che ora sbancano grazie ai fiori.
Inoltre il prodotto viene commercializzato in alcune tabaccherie e nelle erboristerie. Insomma, un boom. Tanto che la passione degli italiani per la cannabis light viene studiata anche all' estero. Ad esempio negli Stati Uniti, dove il New York Times ha dedicato un lungo articolo al fenomeno. I tassi di crescita del settore sono quelli di una start up di grande successo.
Ma come ci siamo arrivati? Tutto è partito grazie alla legge 242 del 2016 sulla canapa industriale, che è entrata in vigore nel gennaio 2017. Norme che hanno reso più semplice per le aziende agricole coltivare la pianta (ad esempio non sono più obbligate ad avere una autorizzazione dalle forze dell' ordine) per realizzare tessuti, cosmetici, alimenti, bioplastiche.
La legge, inoltre, specifica che, per escludere la responsabilità penale dell' agricoltore, la singola varietà di canapa deve contenere tra lo 0,2 e lo 0,6 per cento di thc. Dei fiori però non si parla. Ed è su questa mancanza che è nata l' idea di EasyJoint - azienda formata da quattro soci: Mirco Lentini, Federico Valla, Luca Marola, da molti anni gestore di grow shop, e Leonardo Bronzini, che si occupa di coltivazione della canapa industriale: «Visto che i fiori non sono citati nella legge tra le parti della pianta utilizzabili a fini commerciali, fino all' anno scorso non avevano mercato e così gli agricoltori le distruggevano o le usavano come concime.
Siamo arrivati noi e gli abbiamo chiesto di cedercele, anche a prezzi importanti» spiega Marola. «A loro non pareva vero».
Risultato? La loro azienda oggi copre l' 85 per cento del mercato tra chi coltiva e chi vende e gestisce direttamente tre negozi, a Milano, Roma e Pantelleria. A Parma, insomma, hanno intuito le potenzialità commerciali della "canna leggera" proprio partendo dal presupposto che non si tratta di una droga, visto il bassissimo principio attivo presente.
Per avere un' idea delle proporzioni: una sentenza della Cassazione ha fissato nello 0,5 per cento il quantitativo minimo di thc necessario perché si possa parlare di stupefacente. La marijuana che si compra in strada dagli spacciatori ne contiene fra il 6 e il 15 per cento. Nella cannabis light è però presente un altro principio attivo, che è assolutamente legale, il cannabidiolo (cbd), che avrebbe effetti rilassanti sui muscoli.
C' è ancora un aspetto che va tenuto bene a mente. Sul suo sito, EasyJoint spiega che quella che è in vendita non è una medicina, non si mangia e non si vende ai minori. Nei primi due casi la ragione è evitare problemi con le norme sui medicinali e sugli alimenti. Lo stop a chi ha meno di 18 anni, invece, è una scelta dell' azienda.
Paletti messi ad arte, per evitare problemi viste le attuali carenze legislative sul tema. I prezzi cambiano a seconda della varietà della pianta e a seconda che nei fiori ci siano o meno i semi, che vanno scartati altrimenti con la combustione scoppiano e rendono la sostanza meno pregiata.
Il prezzo? Dai 2 ai 7 o 8 euro al grammo. I consumatori light di solito assumono la marijuana attraverso tisane o decotti, oppure la fumano, da sola o col tabacco, o la inseriscono nei vaporizzatori che funzionano un po' come sigarette elettroniche. Qualcuno la usa anche per smettere di fumare. Secondo i produttori, i clienti sono per lo più adulti, dai 30 anni in su. Persone che in passato fumavano cannabis "normale" magari in modo saltuario. E che adesso hanno ripiegato sulla versione leggera.
Prima che fossero intuite le potenzialità della cannabis light, l' industria della canapa in Italia non se la passava benissimo. Grazie al nuovo mercato, chi si occupava della trasformazione della pianta, da un giorno all' altro si è trovato con un tesoro inaspettato: i fiori. Così oggi ci sono varie aziende che acquistano dagli agricoltori e vendono direttamente online oppure passando attraverso i negozi.
Oltre a EasyJoint, sono sul mercato Assocanapa, My Joint, Italy Henp. Ma anche altre imprese hanno tutta l' intenzione di inserirsi nel business.
Segno della tendenza alla crescita è anche il lavoro che si sta facendo per arrivare a un "codice di autoregolamentazione" del settore. Le varie associazioni di categoria hanno capito che è necessario uniformare certi aspetti dell' attività di coltivazione, garantire il prodotto, la sua tracciabilità e la tutela dei consumatori.
Ma dalle parti di EasyJoint si va oltre l' aspetto economico. E si spera che il boom della versione soft della Maria sia solo il primo passo. «Noi siamo per la legalizzazione per scopo ricreativo, da sempre» spiega Marola. «E speriamo che questo passo sia un modo per avvicinarsi all' obbiettivo». Ovvero: arrivare alla marijuana legalizzata passando attraverso la diffusione di quella leggera. In altri Paesi, invece, in particolare in alcuni Stati degli Usa, alla legalizzazione si è arrivati dopo il via libera all' utilizzo per scopi terapeutici.
E anche in Italia ormai è diventata una realtà la cannabis curativa, grazie alla produzione dell' Istituto farmaceutico militare di Firenze. Ma Marola però non crede sia quella la strada più giusta. «In attesa della legalizzazione della cannabis con un' alta percentuale di principio attivo, le persone fumano la nostra» dice l' imprenditore. «Per me si tratta di un lavoro di normalizzazione.
Facciamo vedere i fiori, li facciamo toccare, stanno entrando nella quotidianità di molti, e in questo modo dimostriamo che la marijuana non è affatto un mostro.Grazie alla light in questi mesi si sta parlando tantissimo di cannabis. Ed è ovvio che se si parla tanto della sostanza senza principio attivo poi il discorso scivola sull' altra. Insomma: io spero che si stia creando l' humus adatto a far accettare la legalizzazione».
Questo è ancora difficile dirlo, ma intanto è certo che gli italiani si stanno affezionando sempre di più all' erba anche se non è stupefacente.
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