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Silvia Fumarola per “la Repubblica”
Arrigo Cipriani è un signore di 83 anni elegante, un po’ filosofo, che sintetizza così lo spirito del mitico Harry’s bar di Venezia: «Un locale è di lusso se ha un’anima, il lusso è la somma del pensiero e della fatica, è mancanza di imposizioni perché uno dei valori fondamentali della vita è la libertà e senza libertà non c’è lusso. Il lusso è un contenuto spirituale».
Fatica, glamour, lusso e Storia s’intrecciano nel documentario Harry’s Bar di Carlotta Cerquetti (il soggetto è firmato dalla regista con Irene Bignardi), evento speciale alle Giornate degli Autori.
Da mezzo secolo Cipriani si prende cura del locale preferito da Hemingway («Beveva solo gin: per lui era il più grande antisettico del mondo») e dalle star («Quando entrava Orson Welles, era entrato: lo occupava tutto »), nato come in una favola e diventato monumento nazionale nel 2001. Fondato nel 1931da Giuseppe, padre di Arrigo e inventore del Bellini, deve il proprio nome a Harry Pickering, giovane di Boston approdato con la zia all’Hotel Europa di Venezia, dove Giuseppe lavorava come barman. È lui a prestargli diecimila lire per tornare a casa.
Soldi apparentemente persi, invece nel febbraio del 1931 Harry torna con 50mila lire come ringraziamento e Giuseppe apre il suo bar a Calle Vallaresso. L’ex magazzino di corde diventa luogo del mito: Onassis e Bogart, Truman Capote, Peggy Guggenheim, Woody Allen, Burt Lancaster, contesse e dive, siedono in quella sala spalla contro spalla.
La “Stanza” come la chiama Cipriani, dov’è passata la Storia. «Le stoviglie sono da dessert, il soffitto è basso e quindi le sedie sono più basse, le posate sono più piccole» spiega Arrigo «Mio padre ha disegnato questo ambiente che sintetizza la semplicità complessa. Un ristorante prima di cominciare è come un giornale vuoto, senza articoli, devi farlo tutti i giorni. Qui nessuno è protagonista: il cuoco deve essere cuoco e il cliente non è una cavia».
Nel film - prodotto da Giovanni Cassinelli con Camilla Nesbitt e Pietro Valsecchi - sono tante le testimonianze, quelle della famiglia Cipriani, la signora Ina moglie di Arrigo, una vita insieme («Non l’ho sposato pazza d’amore ma lo stimavo, l’amore si alimenta anche con l’assenza »), figli e nipoti, Achille Bonito Oliva, Marina Cicogna, Naomi Campbell, Harvey Wenstein, Nuria Schoenberg Nono.
Il marchio Cipriani è amato nel mondo, con il figlio di Arrigo, Giuseppe, conquista New York (non un accenno sui guai giudiziari col fisco), ma il cuore batte a Venezia, co protagonista del film. «Volevamo raccontare una favola » dice la regista «per me l’Harry’s bar è un posto mitico, è sempre un’emozione entrarci.
Volevo spiegare come e perché è nata la leggenda, cosa lo rende unico. Con l’Harry’s bar raccontiamo ottanta anni di vita a Venezia. L’America è solo una parentesi ». Puff Daddy lo spiega bene: «Cipriani è come lo Studio 54 senza le droghe e la musica».
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