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Emilio Marrese per “la Repubblica”
Dice la fioraia davanti al cimitero che al tramonto, quando sentono arrivare la vecchia Panda della gattara, le nutrie sbucano dalla radura e aspettano. Sanno che l’anziana signora ha cibo anche per loro. A quell’ora puoi vederne anche un centinaio “pascolare” nel campo accanto, dove una volta, prima di loro, c’era il grano.
Girano nel parcheggio e anche dentro al camposanto, spaventando beghine. Un animalista ha postato vari video della sua Céline, la nutria che ha addomesticato come un gatto, un grosso gatto, mentre zompetta sul divano o si fa il bagnetto. Simpatici castorini o topi giganti da sterminare?
La battaglia tra ambientalisti e resto del mondo infuria, intorno a questo animale che si faceva tranquillamente i fatti suoi in Sudamerica, fino a 80 anni fa, prima di essere importato in Italia per farne pellicce e poi liberato nell’ambiente, una volta passata la moda.
Girando per le valli di Comacchio, la zona italiana a maggior densità coi suoi 4 mila km di canali, ne trovi a dozzine spiaccicate ai bordi della strada. Non è un bello spettacolo. Sono roditori lunghi fino a un metro, coda inclusa, e pesanti una decina di chili. In Emilia Romagna sarebbero quasi un milione, secondo la Coldiretti: una ogni cinque abitanti, addirittura una ogni due nel modenese. Ma anche in Veneto, Lombardia, Toscana e Lazio la presenza del Myocastorcoypus è massiccia e in vertiginoso incremento.
Non sono aggressive, non portano malattie ma arrivano ovunque, anche in garage, e soprattutto distruggono i raccolti e sgretolano gli argini sforacchiandoli con le loro gallerie e tane: l’inondazione del Secchia di due anni fa, nel Modenese, sarebbe stata causata anche dalla loro erosione.
Siccome le femmine partoriscono una quindicina di cuccioli l’anno e nel nostro ecosistema le nutrie muoiono solo di vecchiaia, negli ultimi anni la questione è esplosa. Finendo anche in parlamento e in tribunale: proprio pochi giorni fa il Tar del Veneto ha bocciato le ordinanze di alcuni comuni che prevedevano metodi troppo cruenti di «controllo e contenimento», mentre alcuni esponenti del Pd (tra cui Puppato e Cirinnà) hanno presentato un’interrogazione affinché il governo impugni la legge regionale di Zaia che estenderebbe oltre il lecito l’uso delle armi nella caccia alla nutria.
Nel 2014 è stata declassata da fauna selvatica a fauna nociva, al pari dei ratti. Non che prima fosse specie protetta, ma ora l’agricoltore danneggiato non può chiedere il rimborso allo Stato. Tocca alle Regioni legiferare, ai comuni recepire e alle residue polizie provinciali vigilare e applicare. La soppressione dev’essere eutanasica: vietati veleni, fionde e frecce, non si può nemmeno lasciare che la bestia agonizzi morendo di caldo o sete in una gabbia-trappola, va eliminata pietosamente.
«Uno sparo alla nuca è rispettoso» dice Giuliano Bianchi, che nel curriculum ha già ottantamila piccioni e 250 nutrie accoppati a Ferrara. Si chiamano “coadiutori” e hanno la licenza di uccidere solo se, già in possesso del porto d’armi, hanno frequentato l’apposito corso. Nel Ferrarese ce ne sono circa 800 e nel 2015 hanno eliminato 15 mila esemplari.
La graziosa Comacchio, la «città ch’in mezzo alle piscose paludi del Po teme ambo le foci», come cantava l’Ariosto nell’Orlando furioso, l’anno scorso ha dichiarato lo stato d’emergenza.
Dopo anguille e zanzare, le nutrie. «Il 44% del nostro territorio – dice il comandante della polizia provinciale, Claudio Castagnoli – è sotto il livello del mare, il rischio di allagamento se cedono gli argini è alto. Il paese di Jolanda di Savoia, dove si produce un riso carnaroli di altissima qualità, si trova addirittura a -3,4 metri. Quando le nutrie bucano gli argini delle risaie i danni sono enormi». A parte un contadino che sei o sette anni fa, esasperato, imbottì di esplosivo una tana, e fu arrestato, nessuno cerca di farsi giustizia da sé.
«Eradicare» le nutrie (cioè estinguerle) è un’impresa pressoché disperata. «Impossibile», secondo la veterinaria parmigiana Cristina Marchetti: «Gli abbattimenti non fanno che incentivare la proliferazione». Altri esperti ambientalisti – che parlano di «strage» - smentiscono numeri catastrofici, sostengono che le nutrie non rappresentano un pericolo idrografico, ma sono «il topo espiatorio» dei peccati dell’uomo, vero responsabile dei dissesti, che ha demonizzato questa bestia creando una psicosi.
Sterilizzazione chimica, rinaturalizzazione dei canali, reti arginali e dissuasori olfattivi sarebbero – secondo gli ambientalisti – le contromisure ecologiche sul lungo periodo, a patto che l’uomo rinunci a una parte di terreni coltivabili. Facile.
Lo smaltimento delle carcasse è poi un altro aspetto complicato quanto scabroso. Se non si lasciano corvi, volpi e rapaci a fare il loro dovere nella catena alimentare, bisogna portare i cadaveri alle ditte specializzate oppure seppellirli lontano dalle falde acquifere. Se la carogna finisce in acqua, ci pensano i gamberoni rossi della Louisiana che ne son ghiotti. La nutria sarebbe comunque commestibile anche per gli umani, e in alcune zone americane la cucinano, ma solo di allevamento. Va a finire che…
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