DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Alessandro Fulloni per www.corriere.it
«Vorresti restituire questo portafogli perduto?». Sorpresa: in un caso su due (con il borsellino visibilmente zeppo di contante) la risposta è stata quella del sì. A dimostrazione che non sempre l’occasione fa l’uomo ladro. Lo sostiene una ricerca mondiale — un serissimo test sull’onestà i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Science— riguardante i portafogli smarriti e restituiti con il loro contenuto intatto. Si tratta di un mega esperimento sociale condotto — a metà tra rigore scientifico e passo da candid camera — in 355 città di quaranta Paesi, Italia compresa, da un team dell’Università di Zurigo e da quelle americane dello Utah e del Michigan.
il portafoglio dell esperimento
Camuffati da anonimi passanti, per 17.303 volte i ricercatori sono entrati in banche, teatri, musei, uffici postali, hotel e stazioni di polizia, per consegnare alla velocità della luce un portafoglio, dicendo di averlo trovato casualmente per strada e chiedendo di restituirlo al proprietario di cui erano presenti alcuni documenti personali, una lista della spesa e a volte dei contanti di valore variabile.
Cina, Marocco, Perù e Kazakistan ultimi in classifica
«Non posso farlo io perché vado di corsa: ci pensi lei a restituirlo», è stata la giustificazione ripetuta costantemente davanti a poliziotti, commessi, impiegati che si sono visti lasciare in mano il borsellino. A questo punto il ricercatore spariva. Ma l’esperimento prendeva inizio: i risultati rivelano evidenti differenze tra Paesi, in ciascuno dei quali sono stati «persi» in media 400 portafogli: gli svizzeri e gli scandinavi sono risultati i più onesti. In «maglia nera» ci sono Cina, Marocco, Perù e Kazakistan che chiudono la classifica.
Noi italiani non siamo piazzati né bene né male: siamo praticamente in mezzo, al ventiquattresimo posto, e ci superano Francia, Grecia, Spagna e Romania. Abbiamo riconsegnato i borsellini nel 48 per cento dei casi. Dal Trentino alla Sicilia quasi una persona su due si è dunque rivelata onesta. Un discreto risultato che però pare difficilmente accostabile a quelli registrati in Danimarca e Svezia dove le restituzioni sono avvenute nell’83 per cento dei test.
Usa, Inghilterra e Polonia
il portafoglio dell esperimento
L’elemento comune osservato praticamente ovunque — nel corso della ricerca costata 600 mila dollari messi a disposizione da un think tank svizzero specializzato in economia — è che più il contenuto del portafogli è prezioso, e più le persone hanno contattato il legittimo proprietario. In media è stato restituito il 40% dei portafogli senza denaro, rispetto al 51% di quelli contenenti almeno 13 dollari o l’equivalente corrispettivo in euro. Con il timore che questa somma fosse troppo bassa, sono stati anche infilati 94 dollari nelle prove fatte in Usa, Inghilterra e Polonia: e la media mondiale delle riconsegne è balzata al 72 per cento.
Gli standard del test
In tutti i continenti lo standard dei test è stato il medesimo: nel borsellino — uno di quei contenitori per carte trasparenti, in modo che il contenuto potesse essere visibile — c’erano una chiave, uno scontrino e tre business card con l’indirizzo del proprietario il cui nome — chiaramente finto — veniva scelto in modo che sembrasse quello di un cittadino del posto, facilmente contattabile. Un’altra sorpresa viene dai portafogli che non sono stati riconsegnati ai legittimi proprietari: tra questi, alcuni erano stati «smarriti» in posti nei paraggi del Vaticano e di alcuni enti anti-corruzione. Casi in cui i borsellini non sono stati restituiti.
il portafoglio dell esperimento
«Costo psicologico»
«I risultati ci dimostrano che sebbene la violazione di una regola etica comporti un vantaggio materiale — commenta Nicola Bellé , esperto di scienze comportamentali applicate al management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa (LEGGI L’INTERVISTA COMPLETA) — come il guadagno di una somma di denaro, d’altra parte determina anche un costo personale che non sempre siamo disposti a pagare, cioè la distruzione dell’immagine che abbiamo di noi stessi come di persone oneste».
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