DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Estratto dell’articolo di Paolo Russo per “La Stampa”
«È sconfortante, ogni sera mi ritrovo in reparto un medico diverso. Ma lo sa che poche sere fa, in uno dei più affollati pronto soccorso di Milano, a gestire i pazienti era un medico dei trasporti? Quelli che certificano il rinnovo delle patenti per capirci. Solo che finito il doppio turno è andato a incassare il suo bel gettone da 1.200 euro». A Giorgio, primario in un ospedale lombardo che preferisce rimanere anonimo, bastano poche parole per far capire perché il fenomeno dei medici a gettone rappresenti una minaccia per la salute dei pazienti.
Roberto Malesani è un neurologo. Anni fa si è licenziato dall'ospedale di Castelfranco e ora si divide tra ambulatori di Castelfranco, Montebelluna e Feltre, come privato. «Lavorando in ambulatorio a Feltre dal lunedì al sabato per cinque ore al giorno, contro le 12 in corsia, posso arrivare a 7mila euro netti al mese invece dei 3mila che guadagnavo prima», confida. «Oggi - continua - è diventata una catena di montaggio: contano solo i numeri, il rapporto col paziente è saltato di fronte a ritmi insostenibili e a direttori generali che ti dicono anche quanto deve durare una visita».
Il dottor Riccardo Stracka invece non ha mai lavorato come dipendente in ospedale, ma sempre "a chiamata"
Non è un giovane neo laureato senza specializzazione ma un professionista esperto, specializzato vent'anni fa in medicina d'emergenza e urgenza, conseguita con lode, seguita da una sfilza di qualifiche professionali. A quelli come lui gli ospedali spalancherebbero le porte in un baleno. Ma come tanti suoi colleghi preferisce mantenere un piede fuori. «In questo modo ho avuto la possibilità di variare il mio lavoro. Ad esempio organizzo corsi di primo soccorso in aziende, faccio l'istruttore per l'uso del defibrillatore. E poi sinceramente a scoraggiare ci sono anche i turni massacranti imposti oramai in quasi tutti gli ospedali».
«Lavoro a gettone in un ospedale Veneto ma non ho la specializzazione. Al pronto soccorso faccio soprattutto codici bianchi e verdi, ma quando mi capita un caso più difficile mi rendo conto che avere una specializzazione sarebbe stato utile».
Così quando si trova in difficoltà Valentina, il nome è di fantasia perché lei come tanti preferisce restare anonima, chiede aiuto ai colleghi […]
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