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“LA SECONDA ONDATA È PEGGIO DELLA PRIMA: VIENE COINVOLTO IL CENTROSUD" - PARLA NINO CARTABELLOTTA MEDICO E PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE GIMBE: "CI ASPETTA L'INVERNO CON L'INFLUENZA, GLI OPERATORI SANITARI SONO DEMOTIVATI E LE ISTITUZIONI LITIGANO. L'EPIDEMIA POTEVA ESSERE CONTENUTA E GESTITA MEGLIO. LA STRETTA ARRIVA TARDI. DAI PRIMI DI OTTOBRE SERVIVANO LOCKDOWN MIRATI…”
Francesco Rigatelli per “la Stampa”
La seconda ondata è peggio della prima: viene coinvolto il centrosud, ci aspetta l' inverno con l' influenza, gli operatori sanitari sono demotivati e le istituzioni litigano». Nino Cartabellotta, 55 anni, medico e presidente della Fondazione Gimbe di Bologna, ieri è stato ascoltato dalla Commissione Sanità del Senato perché dall' inizio della pandemia è l' uomo dei numeri.
Com' è successo che rischiamo un altro lockdown?
«La curva epidemiologica è cresciuta molto e questo ha aumentato i casi positivi, la pressione sugli ospedali e i morti. Paghiamo non aver approntato un tracciamento sufficiente e una prevenzione territoriale adeguata».
La crescita del contagio era evitabile o sarebbe arrivata comunque?
«L' epidemia poteva essere contenuta e gestita meglio. Bisognava prevedere che la seconda ondata avrebbe portato altri guai, anche perché ora non ci aspetta l' estate come a marzo».
Intanto slittano le nuove misure, ce ne saranno altre?
«Solo il lockdown totale abbatte in un mese del 50 per cento la curva dei contagi. Il governo interviene sempre sui numeri risalenti a 15 giorni fa e si rassegna all' inseguimento del virus. Anche stavolta le misure mi sembrano insufficienti a piegare la curva».
Cosa manca?
«Dai primi di ottobre servivano lockdown mirati e riguardo all' ultimo Dpcm non è chiaro il funzionamento dei 21 indicatori, anche perché questi dati non sono mai stati resi pubblici nel dettaglio».
Il governo attende perché intravede un appiattimento dei contagi?
«In alcune regioni si nota un minore incremento percentuale dei contagi, ma siamo lontani da un appiattimento. Nell' ultima settimana i nuovi casi sono aumentati del 50 per cento. La curva è in piena crescita esponenziale, anche se la situazione è migliorata dalla settimana precedente quando la crescita era del 90 per cento».
Continua lo scontro governo-regioni, come va letto?
«La pandemia mette in evidenza i limiti di un sistema da riformare. Le regioni hanno l' autonomia nella programmazione e il governo nei livelli essenziali di assistenza. Entrambi possono decidere, ma nell' emergenza per legge prevale lo Stato. Il governo ha suggerito da tempo alle regioni di valutare delle chiusure, ma senza garanzia di ristori si assiste allo scaricabarile di responsabilità».
Lei ha fatto notare che nel Cts tra gli altri c' è un rappresentante delle regioni, Alberto Zoli, ex dirigente sanitario della Lombardia.
«Sì e significa che il Cts prende già decisioni tenendo conto delle regioni, per cui certi capricci non sono motivati dalla mancata rappresentanza».
Le pare possibile, come sostiene Crisanti, che le regioni non diano dati corretti?
«Sì, le regioni sono autonome nella trasmissione dei dati per cui quanto questi siano completi e trasparenti non lo sa nessuno. Fidiamoci pure, ma bisognerebbe che tutto venisse reso pubblico per non scoprire mesi dopo carenze di posti, personale e tamponi».
Dopo le nuove chiusure che tempi prevede?
«Difficile fare previsioni, perché gli interventi sono stati leggeri e progressivi. Inoltre abbiamo regioni con situazioni diverse. Per capire la situazione bisogna guardare agli ospedali».
E Natale?
«Non c' è nessun progetto a riguardo. La mia idea è che i Dpcm siano frutto di disorganizzazione. Ci aspetta un lungo inverno e senza programmazione rischiamo una terza ondata a gennaio insieme al picco dell' influenza».
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