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Ida Bozzi per il “Corriere della Sera”
Twitter si è scatenato. Vari hashtag , come #gaytalese oppure #womengaytaleseshouldread («donne che Gay Talese dovrebbe leggere»), stanno registrando decine e decine di tweet con i nomi di intellettuali donne, scrittrici e saggiste che sono state di grande rilevanza per la cultura americana.
A scatenare questa ondata di orgoglio femminile è stato il new journalist e scrittore americano Gay Talese (1932), con un intervento candidamente provocatorio durante un incontro alla Boston University.
Quando gli è stato chiesto di nominare qualche donna autrice (in letteratura e nella saggistica) che gli sia stata d' ispirazione, la sua risposta è stata: «Nessuna. Le donne non scrivono buoni testi di non-fiction perché non sono a loro agio a parlare con gli sconosciuti». Troppa educazione e senso di comfort , e il fastidio di occuparsi di «fatti di cronaca e delinquenti».
Con buona pace - ad esempio - di Joan Didion. Considerata tra le maggiori intellettuali e pensatrici americane, ha condiviso proprio con Talese un posto nell' antologia del nuovo giornalismo per eccellenza, quella bibbia della non-fiction americana che si intitola The New Journalism e che nel 1973 unì le penne di Talese, di Truman Capote, di Joan Didion (appunto), di Barbara Goldsmith e altri.
E con buona pace dei numerosi Pulitzer femminili che anche nel 2015 si sono aggiunti all' albo d' oro più prestigioso d' America (8 su 20 riconoscimenti sono andati a donne alle quali vanno aggiunte le donne dei team giornalistici premiati).
La polemica scoppiata sui social è vasta, con donne e molti uomini che si rivolgono a Talese con piccata ironia: c' è chi lascia parlare la libreria di casa propria, come @aliesmith che fotografa uno scaffale tutto al femminile, da Virginia Woolf a Jennifer Egan; c' è chi resta nell' ambito del giornalismo come il giovane @mkempeastbay che suggerisce a Talese di «spendere due secondi per pensare a Adrian Nicole LeBlanc», che ha vinto nel 2006 il Genius Grant per inchieste su prostitute e ragazzi di strada.
E i nomi continuano a piovere: mostri sacri come Susan Sontag, Toni Morrison e Hannah Arendt, e fondamenti della letteratura americana, da Edith Wharton ad Alice Walker. Insomma, Talese (che pure ha aggiunto: «Non volevo farne una questione di genere») si è cacciato in un vespaio.
Neppure il critico Harold Bloom si era spinto a tanto, quando nel suo Canone occidentale aveva inserito molte autrici americane («il più grande poeta dopo Whitman è stata Emily Dickinson»), ma tutte del passato, e le aveva definite «brave ma non quanto le inglesi Emily Brönte, Charlotte Brönte, Jane Austen e George Eliot».
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