“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
Fulvio Fiano per il Corriere della Sera
Viaggia da Milano a Bologna e fino a Roma l' inchiesta sulle foto private di Diletta Leotta, rubate dalla memoria del telefono della giornalista due anni fa e diventate virali sui social nel giro di pochi minuti. Giovedì la 27enne presentatrice è stata ascoltata dal pm Carlo Villani al quarto piano della Procura capitolina come parte offesa dopo la denuncia che lei aveva presentato a Milano. Da lì l' inchiesta si è divisa. Il tribunale dei minori di Bologna, dove vive il presunto hacker, si occupa dell' intrusione nel telefono, mentre a Roma c' è la parte sulla ricettazione che punta ai responsabili di alcune testate online, per l' acquisto e la diffusione delle immagini. La star tv catanese era accompagnata dalla sorella Federica, qui nelle vesti di suo avvocato.
Era il 20 settembre 2016 quando cominciarono a circolare, con l' hashtag #Leotta , una decina tra immagini e filmati intimi della giornalista, che lei conservava nel «cloud» del suo smartphone e che avevano esclusiva finalità privata (la giornalista spiegò di averli inviati al suo compagno). La 27enne, che conta poco meno di 4 milioni di follower sui social, commentò tramite il suo ufficio stampa: «Quello che è successo è estremamente grave. Alcune foto privatissime di alcuni anni fa, insieme a evidenti fotomontaggi, sono state distribuite in rete da molte persone.
Diletta ha subito una gravissima violazione della privacy, è molto amareggiata ma nello stesso tempo indignata e pronta a gestire questa vicenda. Il suo pensiero è rivolto a ragazze più giovani, cercando di condividere la sua esperienza sul fatto che chiunque distribuisca con leggerezza una foto privata magari di un amico, di una fidanzata o di una ex senza chiedere il consenso commette un reato».
L' intera successione degli eventi è stata ripercorsa davanti al pm che sta approfondendo le singole posizioni di chi ha pubblicato immagini e video. Alcuni di loro sono iscritti nel registro degli indagati ma si deve risalire a chi ha innescato la diffusione ripresa da altri o se invece le immagini siano state vendute da una testata all' altra. A distanza di mesi la Leotta tornò a parlare dell' accaduto: «Rifarei quelle foto e soprattutto farei più attenzione alle password dei miei account».
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