alain elkann

“ALAIN ELKANN, E’ UN LANZICHENECCO DELL’ITALIANO” – IL LINGUISTA MASSIMO ARCANGELI FA IL CONTROPELO ALL’ARTICOLO VERGATO DALLO SCRITTORE E LO DEMOLISCE: USO SCORRETTO DELLA PUNTEGGIATURA, COSTRUTTI SGANGHERATI, RIPETIZIONI NEL TESTO – “ELKANN? UN DILETTANTE. NON SO SE SIA STATO PIÙ IMBARAZZANTE: 1) L’ATTESTATO DI LETTERARIETÀ A UNO DEI PIÙ BRUTTI, SCIATTI E SGANGHERATI 'RACCONTI' BREVI CHE ABBIA LETTO NELL’ULTIMO ANNO; 2) IL RIFIUTO DI MOLINARI DI PUBBLICARE LA NOTA DEL COMITATO DI REDAZIONE 3) IL PANEGIRICO DELLA NOTERELLA DI ELKANN DA PARTE DI FABIO FINOTTI, PROFESSORE EMERITO ALL’UNIVERSITÀ DELLA PENNSYLVANIA…”

Estratto dell’articolo di Massimo Arcangeli per “Libero quotidiano”

 

ALAIN ELKANN

Il «breve racconto d’estate» di Alain Elkann […] se fosse apparso in un’altra sezione di Repubblica, avrebbe forse suscitato ugualmente le rimostranze dei giornalisti della testata, […] ma non avrebbe prodotto il vespaio di polemiche di questi giorni.

 

Soprattutto indigesta la “nobilitazione” del pezzo, uscito sulle pagine culturali (24 luglio) del giornale diretto da Maurizio Molinari e spacciato per esercizio letterario. Fingiamo […] che lo sia […] e valutiamo la sua cronachetta ferroviaria, con lo specillo del critico di lingua e di stile, come un testo narrativo prodotto da uno studente di 16 o 17 anni, più o meno l’età dei lanzichenecchi compagni dello “scrittore” nel tragitto da Roma a Foggia.

 

ALAIN ELKANN IN TRENO - MEME

«Intanto il treno, era arrivato a Caserta». Un uso “creativo” della punteggiatura. «Alcuni avevano in testa il classico cappello di tela con visiera da giocatore di baseball di colori diversi, prevalentemente neri». Un costrutto malmesso: i colori sono quelli dei berretti dei giovani barbari discesi dal Norditalia, ma legano piuttosto con giocatori e visiere.

 

«Ho estratto anche un quaderno su cui scrivo il diario con la mia penna stilografica. Mentre facevo quello, i ragazzi parlavano ad alta voce come fossero i padroni del vagone». Il diario. Come se ne avesse parlato prima, e spunta invece dal nulla. Mentre facevo quello. Volevi forse dire questo? E nel mentre? Non ti piaceva?

 

IL COMUNICATO SINDACALE DEI GIORNALISTI DI REPUBBLICA CONTRO L ARTICOLO DI ALAIN ELKANN

«Pensavano ai fatti loro, parlavano forte, dicevano parolacce». Al lettore gliel’hai già detto delle parolacce («Parlavano di calcio, di giocatori, di partite, di squadre, usando parolacce e un linguaggio privo di inibizioni»), non potevi giocartele solo una volta?

 

Anche perché sono parte del «linguaggio privo di inibizioni» che finiamo per preferire al tuo superiore silenzio, durato per tutto il tempo del viaggio, e ci rende perfino simpatici gli incivili e sguaiati caciaroni seriali. Tu che prima ti senti come fossi «un altro mondo» e poche righe più avanti, sprovvisto di qualunque coscienza retorica dell’uso della ripetizione, dici di venire «da un altro mondo».

 

Potrei proseguire, sebbene sia difficile dire, del “caso Elkann”, se sia stato più imbarazzante: 1) l’attestato di letterarietà a uno dei più brutti, sciatti e sgangherati “racconti” brevi che abbia letto nell’ultimo anno; 2) il rifiuto di Molinari di pubblicare la nota con cui il Comitato di redazione del giornale […] ha preso le distanze dal contenuto “classista” del pezzo, e il maldestro tentativo del direttore di reagire ad accuse e sberleffi con due pagine (26 luglio) affidate a tre articoli inutili o improbabili; 3) il panegirico della noterella di Elkann da parte di uno degli autori dei tre pezzi, Fabio Finotti, professore emerito all’università della Pennsylvania e direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di New York.

ALAIN ELKANN IN TRENO - MEME

 

Ha inanellato perle come queste: Elkann ha scritto un «bel racconto»; il protagonista «non è e non potrà mai essere il vero Alain Elkann»; […] Ma ecco il top di un lussureggiante strabismo interpretativo a trazione direttoriale: «Se nessuno porta l’orologio non è perché siano dei poveracci, ma perché il loro tempo è ormai segnato dal telefono. Sembrano appagati di quel che sono, tanto da non vedere il mondo attorno che li circonda. Di fronte a loro c’è lo scrittore che li descrive. Il vero poveraccio sembra lui. Il suo vestito è “molto stazzonato di lino blu”».

 

MASSIMO ARCANGELI

Un “poveraccio” che dopo aver sottolineato come, a dispetto del caldo, non abbia rinunciato a indossare […] il suo abito di lino e la sua «camicia leggera», tira fuori il «Financial Times del weekend», il New York Times, il «supplemento culturale di Repubblica» e infine, immerso pure nella lettura in francese della Recherche di Proust, la sua stilografica. Finotti, il cui pezzo va ben oltre il valore d’accatto, di per sé già irritante, di una difesa d’ufficio, si chiede a un certo punto se la letteratura può ancora «dare scandalo» e «muovere le coscienze».

 

ALAIN ELKANN

La letteratura […] deve continuare a scuoterci e a scandalizzarci. Su questo tasto gli scrittori e i critici veri, e non i dilettanti alla Elkann o gli acquiescenti alla Finotti, devono battere fino all’estenuazione se vogliono sottrarre il senso stesso del loro lavoro a un destino che per qualcuno sarebbe già segnato, se vogliono provare a impedire all’arte letteraria di consegnarsi al suo boia – l’inarrestabile ondata di una devastante ipocrisia moralizzatrice – o di tagliarsi direttamente le vene.

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