rosario livatino

IL BEATO LIVATINO - IL GIUDICE, UCCISO DALLA MAFIA A 37 ANNI CHE BERGOGLIO PROCLAMERÀ BEATO, E’ STATO UN MARTIRE DI GIUSTIZIA E DI FEDE - NELLO STESSO EDIFICIO DOVE ABITAVA COI SUOI GENITORI AVEVA CASA ANCHE IL BOSS DEL PAESE. MA LIVATINO, PER INCONTRARLO IL MENO POSSIBILE, SI ERA FATTO COSTRUIRE UN'ENTRATA INDIPENDENTE…

Francesco La Licata per “la Stampa”

 

rosario livatino 1

Avrà l' onore degli altari e starà fra i santi, il giudice ragazzino. Così è stato deciso dalla Chiesa, riconoscendo che il magistrato Rosario Livatino, assassinato dalla mafia il 21 settembre 1990, fu martire "in odium fidei". Cioè ucciso in odio alla fede e a causa della propria rettitudine morale che lo rendeva "inavvicinabile" e dunque non corruttibile. E per questo sarà beato, come hanno voluto ben due papi: Giovanni Paolo II e Francesco. È la conclusione di una delle vicende più toccanti della storia delle vittime di mafia.

omicidio di rosario livatino

 

Quando venne ucciso, sulla strada fra Canicattì e Agrigento, Livatino aveva 37 anni e rappresentava uno dei pochi presidi di legalità istituzionale del suo territorio. Era giovane ma aveva dimostrato una buona perizia professionale districandosi in un ambiente ad altissima densità criminale e arrivando a collaborare con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino in una delicatissima inchiesta sulla finanza mafiosa tra il Canada e l' Argentina.

 

omicidio rosario livatino

A uccidere il giovane magistrato fu la Stidda, una variabile impazzita di fuorusciti da Cosa nostra che utilizzarono l' omicidio anche per affermare la supremazia sul territorio. In quel momento quella regione era particolarmente pericolosa perché la Stidda agiva con grande aggressività. E la convivenza sociale non era per nulla facile. Basti pensare che nello stesso edificio dove abitava il giudice coi suoi genitori aveva casa anche il boss del paese.

 

Livatino, per incontrarlo il meno possibile, si era fatto costruire un'entrata indipendente.

auto del giudice rosario livatino

Il nomignolo di giudice ragazzino, che ha ispirato un film di Alessandro Di Robilant, gli venne da un "infortunio" occorso a Francesco Cossiga che puntò il dito contro quei magistrati giovani e inesperti che pretendevano di giudicare la politica.

 

A mettere le cose a posto ci pensò Giovanni Paolo II, colpito da un incontro con i genitori del giudice durante il quale gli furono mostrati gli scritti della giovane vittima. Il Papa lanciò il primo anatema contro i mafiosi («Un giorno verrà il giudizio di Dio. Pentitevi»). Il resto è opera di Papa Francesco e della sua chiara e inequivocabile scomunica per gli «uomini della mafia» e la concessione dello status di beato per un uomo retto che non volle abiurare alla propria fede.

omicidio rosario livatino sul corriere della sera rosario livatino