DAGOREPORT - BENVENUTI AL “CAPODANNO DA TONY”! IL CASO EFFE HA FATTO DEFLAGRARE QUEL MANICOMIO DI…
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La madre di un Marine ucciso nell’attentato all’aeroporto di Kabul ha chiamato Joe Biden “pezzo di merda”. La donna, Kathy McCollum si è sfogata in un’intervista radiofonica dopo la morte di suo figlio di 20 anni, Rylee: “Si stava preparando per tornare a casa, per essere insieme alla moglie alla nascita di mio figlio. E quel ‘pezzo di merda senza palle’ l’ha mandato a morire…”.
BIDEN SOTTO TIRO
Paolo Mastrolilli per “la Stampa”
joe biden all arrivo dei feretri dei marines morti nell attentato di kabul
«Io rimprovero i nostri leader militari. Biden ha voltato le spalle a mio figlio». Lo sfogo di Steve Nikoui è comprensibile: qualunque genitore potrebbe reagire così, vedendo due marines che bussano alla porta per informarlo che suo figlio è morto in guerra. Steve poi non nasconde di sostenere Trump, e questo complica tutto, perché incanala anche la strage all'aeroporto di Kabul nell'insanabile spaccatura politica e culturale che da decenni divide l'America, e ora la indebolisce sul fronte globale, come ha notato sull'Economist Francis Fukuyama.
Però fa comunque impressione sentire un padre che rompe la regola non scritta delle famiglie militari, e davanti ad un attacco contro gli Stati Uniti non si unisce al comandante in capo, se non altro perché l'unità è il primo passo indispensabile per la riscossa. George Bush era impopolare e contestato, l'11 settembre 2001, perché parecchi americani consideravano illegittima la sua elezione dopo la surreale conta dei voti in Florida.
joe biden piange dopo l attentato all aeroporto di kabul
Molti ancora oggi gli rimproverano le scelte sbagliate nella guerra al terrorismo, all'origine della fallimentare conclusione degli interventi in Afghanistan e Iraq. Però quando parlò col megafono davanti ai pompieri che scavavano nelle rovine delle Torri Gemelle di New York, il paese lo ascoltò e il suo gradimento salì alle stelle. Anche nel resto del mondo, dove pure i francesi dissero che eravamo tutti americani.
E lo eravamo davvero, nel senso che poi purtroppo abbiamo appreso dal sangue versato nelle nostre strade che l'obiettivo del terrorismo era l'intero occidente, la nostra cultura, il modo di vivere e i valori, prima ancora della religione. Ciò aveva consentito a tutti noi di rialzare la testa, pur commettendo errori, rispondendo con l'emotività invece della razionalità, e magari soccombendo alle pulsioni ideologiche.
La domanda chiave è se riusciremo a fare lo stesso ora, con le divisioni incancrenite negli Usa durante la presidenza Trump, e le distanze tra gli alleati allargate, anche perché parecchi europei si sono sentiti traditi dal ritiro a sorpresa e senza consultazioni deciso dal presunto amico Biden. Steve Nikoui è un carpentiere della California, e suo figlio Kareem era nato lo stesso anno dell'attacco di al Qaeda all'America.
joe biden all arrivo dei feretri dei marines morti nell attentato di kabul 1
Questo basta a capire quanto quella sfida lanciata dai terroristi al nostro modo di vivere sia ormai parte del dna degli americani, e forse di tutti gli occidentali. Una sfida epocale, diversa nei modi, ma forse anche più profonda di quella lanciata ora dalla Cina per la supremazia globale.
Eppure Steve non è riuscito a vederla nell'ottica dell'unità: «Sono davvero deluso - ha detto a Daily Beast - da come il presidente ha gestito questa cosa, e ancora di più dai militari. I comandanti sul terreno avrebbero dovuto riconoscere la minaccia e affrontarla». Jim McCollum, padre del caporale Rylee morto a Kabul, non rimprovera un'amministrazione specifica per il fiasco in Afghanistan, ma è convinto che Biden abbia sbagliato la gestione del ritiro: «Io ho perso mio figlio, ma laggiù ci sono ancora i Marines. Ho paura per loro, per cosa succederà adesso».
Poi ha aggiunto, sempre al Daily Beast, che vorrebbe una rappresaglia più decisa: «Bombardate il dannato palazzo presidenziale» dei taleban. Al di là della logica strategica poco sensata, non c'è nulla di peggio che vorrebbe sentire Biden. Come prima cosa perché lui va in giro tenendo in tasca una lista col numero dei morti americani in Iraq e Afghanistan, e adesso ha dovuto aggiungere i primi caduti sotto il suo comando. Poi perché è una questione personale, oltre che politica.
attentato all aeroporto di kabul
Suo figlio Beau aveva servito con la Guardia Nazionale in Iraq, e là poteva morire, prima che invece lo uccidesse un cancro al cervello. Il pericolo politico più grave, però, è il sospetto che sia debole, incompetente, o peggio ancora mosso solo dall'interesse elettorale.
Possibile che il capo del Pentagono Austin, già schierato in Afghanistan ed Iraq, leader del Comando centrale che gestiva l'intervento, non lo abbia avvertito del rischio catastrofe che correva con quel ritiro? Possibile che non lo abbia fatto Burns, esperto diplomatico alla guida della Cia? E se lo hanno fatto, perché non li ha ascoltati? Per la convinzione di essere nel giusto, o perché prende le decisioni in base alla politica interna, e pensava che il ritiro fosse più conveniente sul piano elettorale? Difficile negare una risposta onesta, ai genitori dei caduti.
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