COME MAI ALLA DUCETTA È PARTITO L’EMBOLO CONTRO PRODI? PERCHÉ IL PROF HA MESSO IL DITONE NELLA…
Cristiana Lauro per Dagospia
Quelle dei ristoranti e dei bar sono fra le categorie più colpite dagli effetti devastanti dell’epidemia da Covid-19. Saranno fra gli ultimi ad aprire assieme agli albergatori, altra ecatombe. E del resto non si può nemmeno stare dietro a chi in pieno delirio vorrebbe alzare la saracinesca domani, anche perché con questa situazione nel suo ristorante non ci andrebbe nessuno, e tenere aperto un locale vuoto e più costoso che tenerlo chiuso.
La riapertura per ora ha il passo incerto, perché se esce un altro decreto cambia di nuovo qualsiasi scenario. L’unica vera costanza in questo periodo è l’incostanza.
Molti ristoratori si sono adeguati e consegnano direttamente i pasti a casa. Ma non è facile attrezzarsi in quattro e quattr’otto per offrire un servizio del genere. Il delivery richiede una serie di attenzioni diverse rispetto al servizio di sala al ristorante. Ad esempio il packaging deve essere adeguato allo stile del locale, possibilmente ecosostenibile e a norma secondo regole per il trasporto e la consegna che, in epoca di pandemia, non sono così semplici e scontate. Oltretutto si tratta di un servizio da svolgere in fasce orarie limitate, evidentemente, molto vicine all’orario del pranzo o della cena.
I controlli per strada sono molto efficienti e precisi, ma ci sono diversi problemi che ostacolano lo svolgimento di un servizio già complicato di suo. Parecchio complicato, perché il ristoratore che si è adeguato al sistema delle consegne a domicilio sta semplicemente scegliendo di lavorare per non fallire, ma sa benissimo che non farà i soldi. Di certo non coprirà tutte le spese consegnando i pasti a casa. Cerca di sopravvivere con la sua impresa senza dover licenziare o chiudere, ma con incassi ridotti all’osso.
Riguardo ai sistemi di controllo per strada (necessari, sia ben chiaro, guai se non ci fossero) penso che dovrebbero essere ragionevolmente più veloci e organizzati. Se le verifiche del caso da parte di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza richiedono un tempo di trenta/quaranta minuti per l’esame dettagliato dell’assicurazione, della revisione, delle luci di posizione o dei vetri scuri, la cena si fredda e il vino si scalda.
Ne va dell’esito del servizio di tanti ristoratori che offrono qualità e stanno cercando, a fatica, di mettersi al servizio del cliente. E al cliente portano, insieme ai documenti in regola, qualche porzione di felicità perché fra isolamento, malattie e morti da piangere, ci si è sciolta l’anima a tutti quanti.
I fattori necessari sono due: prima di tutto offrire gli strumenti e le norme rinnovate a tutti i vari corpi chiamati a svolgere i controlli. Una sorta di prospetto per i tutori della legge con le linee guida precise e aggiornate, considerata la velocità di variazione delle stesse dettata dall’emergenza. Secondo fattore, altrettanto importante, sarebbe quello di dare uno stimolo comportamentale - più che altro di approccio mentale - nei confronti dei cittadini che stanno lavorando.
Ristoratori, spedizionieri, gente che non può posticipare ogni consegna, in una fascia oraria già circoscritta di suo, di almeno venti/venticinque minuti. Bene che si svolgano molte verifiche - soprattutto adesso che siamo prossimi alla fase due - ma non mi sembra questo il momento di approfondire, a ogni fermo, la trafila delle innumerevoli ispezioni dettagliate e specifiche non legate all’emergenza Covid-19.
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