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“IL PIANO DEGLI ISRAELIANI È LA PULIZIA ETNICA: RADONO AL SUOLO PALAZZI E VITE PER NON VEDERCI MAI PIÙ TORNARE” – LA MARCIA DELLA DISPERAZIONE DI CHI FUGGE DA GAZA IN FIAMME – “È LA QUARTA VOLTA CHE LASCIO LA MIA CASA. MILLE DOLLARI PER SCAPPARE E 8 ORE PER FARE 15 CHILOMETRI, SIAMO COME FANTASMI” - MA C’E’ ANCHE CHI RIMANE SOTTO LE BOMBE: “TANTO NON CI SONO POSTI SICURI” – NEGLI OSPEDALI MANCANO GLI ANTIBIOTICI E IL SANGUE: “NON ESISTONO DONATORI A GAZA PERCHÉ NON SI PUÒ DONARE SE SI È MALNUTRITI. MA SENZA SANGUE DIVENTA DIFFICILE SALVARE VITE” – “ABBIAMO DOVUTO AMPUTARE GAMBE E BRACCIA, ANCHE PIÙ DI UN ARTO A PERSONA”

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1 - GAZA CITY, LA MARCIA DELLA DISPERAZIONE: «È LA QUARTA VOLTA CHE LASCIO LA MIA CASA. MILLE DOLLARI PER SCAPPARE E 8 ORE PER FARE 15 CHILOMETRI, SIAMO COME FANTASMI»

Estratto dell’articolo di Greta Privitera per www.corriere.it  

 

l'esodo dei palestinesi da gaza city foto lapresse 7

Mohammed Aiamarin non parte. […] Non lascia Gaza City perché «non ci sono zone sicure, e l’occupazione mente. L’esercito israeliano bombarda ovunque, quindi cosa cambia?». Se voce e certezze non vacillano, esita Aiamarin parlando dei suoi figli: «Ma forse, se trovo il modo, organizzo l’evacuazione della mia famiglia verso il campo profughi di Al-Mawasi, a sud. Ho quattro bambini piccoli», e manda le foto di Amal, Janie, Maria e Lynn. «Non li ho mai visti impauriti come l’altra notte, erano inconsolabili.  C’è stato un momento in cui ho pensato che avessero sganciato la bomba nucleare, non mi sorprenderebbe, tanto ci vogliono eliminare».

l'esodo dei palestinesi da gaza city foto lapresse 6

 

Najeeb Kaddoumi diceva che non sarebbe mai partito, che nemmeno davanti all’offensiva di terra dell’esercito israeliano si sarebbe messo in marcia. «Muoio qui» affermava, fiero. Ma ieri è arrivato a Deir al-Baiah, nel centro della Striscia perché «non immaginavo esistesse quel livello di paura», ci scrive. Durante la notte passata coprendo le orecchie a suo figlio, si è fatto coraggio, ha raccolto un materasso, i vestiti e i pochi libri che gli sono rimasti e con la moglie e il bambino è salito sul furgone scassato affittato da un amico, per dividere la spesa del viaggio.

 

l'esodo dei palestinesi da gaza city foto lapresse 5

«Ci abbiamo messo otto ore per fare 15 chilometri. Si andava a passo d’uomo, ma non avevamo scelta», racconta. «Guardavo la mia gente sui carretti, a piedi: siamo fantasmi senza meta, non provo nemmeno più rabbia. È la quarta volta che sono costretto spostarmi». […] «Il loro piano» è, secondo Kaddoumi, la pulizia etnica: radono al suolo palazzi e vite «per non vederci mai più tornare».

 

Fino a qualche settimana fa, Gaza City era «casa» per un milione di persone. Ieri, l’esercito israeliano ha fatto sapere che ne sono rimaste ancora seicentomila tra le macerie e i detriti. I militari intimano agli abitanti di lasciare la città — difficile chiamarla ancora così visto il livello di distruzione — ma non tutti se lo possono permettere. […]

 

l'esodo dei palestinesi da gaza city foto lapresse 4

Chi lascia Gaza City è diretto a sud, al campo profughi di Al Mawasi. Sami Abu Omar ci vive da sei mesi. «Stanno arrivando migliaia di persone. Non ci staranno mai perché non c’è più terra per nessuno qui. Ma cosa possono fare?», dice. […] «Il governo israeliano aveva promesso delle tende che non abbiamo mai visto». Una arriva a costare fino a mille euro, il viaggio della disperazione altri mille. Lasciare il nuovo fronte e salvarsi la pelle è diventato un lusso che non tutti i palestinesi possono permettersi.

 

2 - LA SITUAZIONE NEGLI OSPEDALI

attacco israeliano a gaza city

Estratto dell’articolo di Greta Privitera per www.corriere.it

Sul pavimento, corpi accanto a corpi accanto ad altri corpi. Volti di bambini coperti di polvere e sangue. Occhi sbarrati. Veli di donne insanguinati. Barelle che sfrecciano, sirene assordanti, pianti, caos. Sullo sfondo rumore di artiglieria. E quei teli bianchi a coprire le atrocità delle bombe sugli uomini. […]

 

«Sono settimane che registriamo molti più ingressi — continua Salmiya — ma ieri siamo stati inondati di pazienti. Gli spaventosi bombardamenti hanno causato trentacinque morti e 130 feriti: 23 delle vittime sono state portate qui, 12 al Baptist Hospital, e altre tre all’ospedale di Al-Aqsa».

attacchi israeliani nella striscia di gaza foto lapresse 14

 

Il dottore racconta che solo il trenta per cento della struttura è in funzione: «Le sale operatorie rimaste sono tre: questo vuole dire che vediamo un numero vergognoso di persone che ci muoiono in fila, in attesa di essere operate. E non possiamo fare niente se non sentirci impotenti». I posti letto disponibili sono 250 ma i pazienti oltre 500. E manca tutto: mancano i farmaci, gli anestetici, gli antibiotici. «Quando non ci sono gli antibiotici significa che l’infezione che in tempi di pace è curabile diventa inarrestabile e siamo costretti ad amputare».

 

attacchi israeliani nella striscia di gaza foto lapresse 5

Non c’è neanche il sangue. «Quello manca più di ogni altra cosa. Non esistono donatori a Gaza perché non si può donare se si è malnutriti. Ma senza sangue diventa difficile salvare vite». Salmiya spiega che tra le vittime di lunedì sera molte sono donne e bambini. «Un numero impressionante di feriti ha il 90% del corpo bruciato. Abbiamo dovuto amputare gambe e braccia, anche più di un arto a persona».

 

L’Al Shifa si trova a due chilometri dal centro della città, le prime — le poche — ambulanze disponibili corrono verso quell’ospedale, «ma siamo al collasso. Non abbiamo nemmeno l’acqua da distribuire. Il personale sanitario è decimato: medici e infermieri sono morti nei bombardamenti, sono scappati, sono stati arrestati dalle forze di difesa israeliane. Non so se riusciremo a superare le prossime notti», continua Salmiya. […]

 

attacchi israeliani nella striscia di gaza foto lapresse 7

«Dal punto di vista umanitario, è il momento peggiore di questi due anni. Ci muoiono i neonati prematuri tra le mani», continua. A Gaza c’è stato un aumento vertiginoso di parti precoci perché senza cibo il corpo delle donne non regge la gravidanza e si partorisce prima della data prevista.

«Non abbandonerò i miei pazienti, ma non mi sono mai sentito così senza speranza, non so più se avremo un futuro».[…]

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