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MEMENTO MORI - IN COMMISSIONE ANTIMAFIA, IL PREFETTO MARIO MORI, EX CAPO DEL ROS E GIÀ DIRETTORE DEI SERVIZI, HA SOSTENUTO CHE LA CASA IN VIA BERNINI A PALERMO NON ERA IL COVO DI TOTO’ RIINA. LÌ “VIVEVA LA MOGLIE CON I FIGLI” E LÌ ANDAVA “SALTUARIAMENTE” – MA I DOCUMENTI GIUDIZIARI, LE TESTIMONIANZE E I RISCONTRI DICONO ALTRO (ANCHE SE MARIO MORI E L’ALLORA CAPITANO “ULTIMO” SERGIO DE CAPRIO FURONO ASSOLTI DALL’ACCUSA DI NON AVER PERQUISITO LA VILLA) – LIRIO ABBATE: “QUANDO SI DICE CHE RIINA ‘NON VIVEVA STABILMENTE’ LÌ, SI DICA ANCHE CHE NESSUNO HA MAI VOLUTO ACCERTARLO DAVVERO. PERCHÉ ERA PIÙ COMODO, FORSE, NON SAPERE. PERCHÉ, IN FONDO, NON PERQUISIRE È STATO IL PRIMO MODO PER NON DISTURBARE...”

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Lirio Abbate per repubblica.it - Estratti

mario mori

In commissione antimafia, il prefetto Mario Mori, ex capo del Ros e già direttore dei servizi segreti, gioca con le parole per riscrivere la storia. Durante la sua audizione con tono gelido e burocratico, ha detto che quella casa in via Bernini non era il covo di Totò Riina. Ha detto che lì “viveva la moglie con i figli” e che il boss ci andava “saltuariamente”. Ha detto che “non c'era un covo”. Ma i documenti giudiziari, le testimonianze e i riscontri dicono altro.

 

Il copione già visto

Raccontano una storia diversa, una storia dove ogni parola pesa come una pietra. Solo una casa “saltuaria” dice. Non era il suo “covo” da perquisire subito, da circondare, da presidiare. L’illusione dell’errore, la logica della reticenza. È un copione già visto, studiato a tavolino, affinato nel tempo: si cambia il lessico per deviare il giudizio storico. Ma quella villa, in via Bernini 54 a Palermo, era stata individuata immediatamente prima dell’arresto di Riina, il 15 gennaio 1993. Filmata in quelle poche ore che i carabinieri sono rimasti li davanti a guardare.

 

 

I carabinieri del Ros avevano visto Salvatore Biondino, il boss che quella mattina andò a prendere a casa il capo dei capi. Lo avevano visto entrare e uscire da via Bernini. E successivamente alla notizia dell’arresto venne vista uscire in auto la moglie di Riina con i figli. Eppure, la perquisizione venne rimandata. Poi sospesa. Infine, dimenticata.

 

arresto totò riina

 

Lo spiegano bene i magistrati nella sentenza del tribunale di Palermo del 20 febbraio 2006 in cui erano imputati - poi assolti - Mario Mori e l’allora capitano “Ultimo” Sergio De Caprio per non aver perquisito la villa, che per i pm fu lasciata senza alcuna sorveglianza già dal pomeriggio del 15 gennaio 1993.

 

I magistrati sostengono che furono “indotti” a credere che un presidio fosse ancora in corso, ma così non era. È un'accusa pesante, mitigata solo dall’assoluzione degli imputati per mancanza di dolo. Ma l’inerzia, scrivono i giudici, fu colpevole. La casa, svuotata, fu ritrovata due settimane dopo, il 2 febbraio, ridipinta, con pochi mobili accatastati. Nessun documento, nessun appunto, nessuna traccia utile per ricostruire i contatti, la rete, la vita del boss.

 

 

 

mario mori 1

Il collaboratore di giustizia Gioacchino La Barbera riferirà nel 1994 che una squadra di uomini, su ordine di Giovanni Sansone, ripulì la villa di ogni cosa compromettente. Si portarono via mobili, valigie, oggetti personali. La cassaforte, con i documenti, era sparita. «Abbiamo salvato il salvabile», dirà Sansone a La Barbera. Mentre il boss Nino Giuffrè ha detto ai pm che i documenti li avrebbe presi dal covo Messina Denaro ed è lui a custodirli.

 

L’equivoco secondo Mori

Mori ha detto: «Non era certo che fosse il covo». Ma chi aveva il dovere di accertarlo, chi aveva gli strumenti per verificare, scelse di non farlo. Perché? Le ipotesi sono molte, ma la più ragionevole, la più inquietante, è la volontà di non sapere. «Il fine di ritardare la perquisizione era quello di capire se avremmo potuto prendere altri latitanti e colpire al cuore economico Cosa Nostra di cui i proprietari del residence che aveva ospitato Riina facevano parte. Cioè, non dovevamo far capire che avevamo trovato il covo sperando in altri successi investigativi.

villa via bernini totò riina

 

Caselli disse sì a patto che fosse mantenuto costante il controllo su via Bernini e di fatto concordò di ritardare la perquisizione», ha detto in Commissione il prefetto Mori, il quale ha aggiunto: «Da qui nacque l'equivoco. Davanti al complesso c'era il furgone del Ros da cui si vedevano le ville all'interno e io pensai che non aveva senso continuare a guardare facendoci scoprire ma era più logico tenere sotto osservazione i Sansone anche perché i giornalisti avevano saputo che era stato trovato il nascondiglio ed erano arrivate le troupe.

 

Per cui erano venute meno la sicurezza per i nostri uomini e la segretezza delle operazioni». Mori si difende oggi con logiche da strategia militare: «se avessimo voluto coprire qualcosa, non avremmo fatto prima la perquisizione?». Ma dimentica che ciò che si vuole evidenziare non è l'assenza di iniziativa, bensì la scelta consapevole di lasciare il campo libero ai mafiosi per bonificare il covo. La verità è stata abbandonata dietro un furgone rimosso troppo in fretta.

 

Il nodo giudiziario

mario mori

Il tribunale seppur assolvendo Mori e De Caprio evidenzia gravi responsabilità organizzative. Quella scelta di “non perquisire” fu un’anomalia che nessuna ragione operativa o tattica può giustificare. La procura stessa, in dibattimento, riconobbe che "il fatto non sussiste" per l’accusa di favoreggiamento, ma solo perché non emerse un chiaro intento doloso. L’inoperosità, però, resta.

 

Via Tranchina, civico 22: il secondo vuoto

E c’è di più. L’anomalia si ripete a poche ore di distanza. Il 15 gennaio 1993, con Riina, viene arrestato anche Salvatore Biondino. Boss, capo mandamento di San Lorenzo. Il suo covo? In via Giuseppe Tranchina 22. Un’abitazione anonima, senza fascino né storia, ma con un giardino grande abbastanza da ospitare summit. Era un centro operativo della mafia, una banca invisibile, un santuario laico del potere corleonese che quella mattina era riunito al completo, da Messina Denaro a Giuseppe Graviano, i quali appresa la notizia diffusa dalla tv fuggono. Anche lì si sbaglia, o meglio: si indugia. Anche lì, la perquisizione avviene in ritardo.

mario mori

 

Anche lì, lo Stato entra quando è troppo tardi, quando non c’è più nulla da trovare. Coincidenze? Ripetizioni? Se si fosse arrivati in tempo forse le successive stragi di Roma, Firenze e Milano non ci sarebbero state. Perché quell’abitazione era nota e si poteva leggere bene dal documento di identità che Biondino aveva addosso al momento dell’arresto, perché quella era la sua abitazione. Ma nessuno quella mattina ha fretta. Nessuno forza il tempo per entrare e interrompere.

 

Le conseguenze dell’oblio

strage di capaci

Oggi, Mario Mori suggerisce che via Bernini fosse “una casa come un’altra”. Una casa, forse, ma svuotata con la precisione chirurgica di chi sa che non sarà disturbato. E allora il dubbio diventa certezza: se non si trattò di complicità, fu quanto meno una forma sofisticata di compiacente abbandono. Una rimozione istituzionale che ha permesso ai mafiosi di riprendersi tutto: carte, oggetti, segreti.

 

Questa è la pedagogia del silenzio. Non si nega, non si giustifica. Si svuota il linguaggio di significato. “Non era il covo”, “non si poteva sapere”, “abbiamo agito per prudenza”. Parole come sabbia negli occhi. Si riscrive la storia per lavare le coscienze. Si mette tutto in un limbo giuridico, dove nessuno ha colpa ma tutti hanno fallito. La verità non ha bisogno di essere comoda. Ha solo bisogno di essere detta.

strage via d amelio

 

(…) Oggi, quella villa di via Bernini non racconta più nulla. Ma proprio per questo dobbiamo riflettere su ciò che sta accadendo all’antimafia. Perché la storia non venga riscritta in forma diversa dai fatti nei palazzi delle commissioni o nelle aule di tribunale, ma custodita nelle coscienze di chi non vuole più vedere lo Stato piegarsi all’opportunismo. E allora, quando si dice che Riina “non viveva stabilmente” lì, si dica anche che nessuno ha mai voluto accertarlo davvero. Perché era più comodo, forse, non sapere. Perché, in fondo, “non perquisire” è stato il primo modo per non disturbare.

MARIO MORItoto riina capitano ultimoSERGIO DE CAPRIO - CAPITANO ULTIMOcapitano ultimo senza maschera mario mori foto di baccomario mori