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Fausto Carioti per “Libero Quotidiano”
Piccoli cattolici adulti crescono. L' ultimo dei Prodipoti che fa parlare di sé è don Matteo Prodi, appellativo da fiction televisiva, nome da premier in carica e cognome da presidente della Repubblica mancato.
(Per chi non segue l' appassionante saga, Prodipoti è il nome dato alla tribù dei figli di Romano e dei suoi fratelli, e dei loro figli, e dei figli dei loro figli, secondo le leggende bolognesi almeno sessanta ed in rapida espansione, sparsi su un albero genealogico che manco i nani della stirpe di Thorin, figlio di Thráin e pronipote di Durin).
Dire che don Matteo ha 49 anni ed è parroco di Ponte Ronca, frazione di Zola Predosa, è vero, ma riduttivo come dire che zio Romano è un professore in pensione. Matteo è secondogenito di Vittorio, fisico universitario a sua volta fratello di Romano, Paolo, Franco e degli scomparsi Giovanni e Giorgio, tutti talenti accademici nei campi più diversi (la vecchia battuta sotto le due torri è che il meno sveglio lo hanno mandato a fare il politico).
Matteo è laureato in Economia e Commercio e in Teologia, è stato vicepresidente dei giovani dell' Azione cattolica di Bologna e ha insegnato alla Scuola di Management dell' Alma Mater. Assieme all' altro prodipote Sergio, figlio di Giovanni, è uno dei due sacerdoti ufficiali di casa Prodi: ha officiato il matrimonio del prodipote Giorgio, figlio di Romano, e celebrato i funerali di Angelo Rovati, amico e consigliere dello zio.
Un Prodi in purezza, insomma. Al quale l' abito talare non impedisce posizioni molto progressiste e originali. Sta facendo notizia in queste ore, don Matteo, perché ha proposto di sostituire la vecchia benedizione pasquale con l' acqua santa, che sta creando tante polemiche, con un postmoderno e meno conflittuale regalo di ovetti. Più Kinder per tutti, per parafrasare l' amico milanese dello zio.
Un pizzico di conflitto d' interessi forse c' è anche in questo caso. A Bologna, dove si sta litigando anche sulle benedizioni pasquali negli uffici comunali, tutto è iniziato nell' Istituto comprensivo 20, che raggruppa la scuola elementare Carducci-Fortuzzi e le medie Rolandino. Alcuni genitori volevano che la benedizione pasquale si facesse, altri no.
Prodi alla Sais johns hopkins bologna
Un anno fa il consiglio d' istituto deliberò che si sarebbe fatta, poi intervenne il Tar che accolse il ricorso dei genitori che si erano ribellati, quindi è arrivato il ministero dell' Istruzione, che si è rivolto al Consiglio di Stato, che ha disposto la sospensiva del verdetto del Tar (siamo sotto casa di Guccini, ma pare una canzone di Branduardi).
Si attende ora la sentenza definitiva, ma intanto questa Pasqua le benedizioni delle aule e dei locali scolastici si potranno fare. Una storia molto italiana, anche nei tratti familistici: il presidente del consiglio dell' Istituto comprensivo 20 è il prodipote Giovanni. Fratello di Matteo, figlio di Vittorio e nipote di Romano.
Così don Matteo è intervenuto su una storia che conosce molto bene. Lo ha fatto inviando una lettera all' agenzia Ansa, nella quale suggerisce una reinterpretazione del rituale della benedizione pasquale. «Invece che qualche goccia d' acqua», scrive il sacerdote, «perché negli uffici e nelle scuole non portiamo qualche ovetto (di Pasqua, ovvio; chissà se è laico un ovetto di Pasqua?) suggerendo (con molta delicatezza e garbo) di portarlo a qualcuno? Magari a qualcuno a cui nessuno lo porterebbe mai».
Riconosce lui stesso che «sarebbe un gesto del tutto aconfessionale», ma «nessuna benedizione», aggiunge, «può essere più gradita a Dio di un po' di attenzione al prossimo». Don Matteo ammette di sentirsi «particolarmente a disagio, perché passo quasi due mesi della mia vita a benedire case, aziende, uffici e negozi: non posso pensare che questo sia capace di portare tanta rabbia».
E conclude con una riflessione che assomiglia tanto a una resa: «Se buttare qualche goccia d' acqua fa così male, vuol dire che la benedizione non suscita del bene; vuol dire, con qualche probabilità, che si deve cambiare strada».
La riforma in realtà è un po' più complessa di come la immagina don Matteo. Per la Chiesa quelle «gocce d' acqua» sono un «sacramentale», cioè un segno materiale sacro che richiama simbolicamente al battesimo e prepara gli uomini a ricevere la grazia. Lo stesso non si può dire degli ovetti di cioccolata, né la spinta modernista di Francesco sembra arrivare a tanto. In attesa di un papa Prodi (prima o poi arriverà), si continuerà con l' acqua santa.
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