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Federica Angeli e Giuseppe Scarpa per “la Repubblica”
L’avviso di garanzia per corruzione gli è stato recapitato ieri mattina alle 6. A bussare alla porta del costruttore romano, editore del quotidiano il Tempo, Domenico Bonifaci, è stata la Guardia di finanza del Nucleo speciale anticorruzione, un reparto nato con la nomina di Raffaele Cantone all’Anac.
L’inchiesta che trascina uno dei nomi più importanti della città in uno tsunami di mazzette in cambio di permessi per colate di cemento fuorilegge, annuncia l’inizio di una tempesta che potrebbe coinvolgere altri “pezzi grossi” dell’edilizia.
Quello che le Fiamme gialle sono convinte di avere scoperto è un giro enorme di favori che Bonifaci e il suo staff chiedevano in cambio di “regali” che elargivano non solo sotto la forma classica della mazzetta in contanti, ma anche col pagamento di vacanze o la consegna di appartamenti.
Per il costruttore e altre dieci persone — il funzionario del IX Dipartimento di Roma Capitale, Antonello Fatello e un suo impiegato dell’ufficio programmazione ed attuazione urbanistica, tre professionisti e sei dipendenti del gruppo Bonifaci — è quindi scattata, all’alba di ieri, la perquisizione, avvenuta anche nel quartier generale del gruppo in via Bertoloni ai Parioli.
È lì che i finanzieri hanno trovato le carte che cercavano per incrociare quelle in parte già acquisite negli uffici comunali. Documenti che proverebbero un gigantesco ingranaggio oliato, mattone dopo mattone, per far in modo che non si inceppasse.
«Il Gruppo imprenditoriale che fa capo a Domenico Bonifaci, formato da circa settanta società, opera da più di mezzo secolo sul territorio nazionale nel settore Real Estate — si legge sulla pagina web del gruppo — Una grande realtà italiana che in questo arco temporale ha realizzato circa 15.000 unità immobiliari; centri direzionali; complessi alberghieri e commerciali; parcheggi; nonché tutte le opere infrastrutturali e i servizi ad essi collegate.
Il Gruppo Bonifaci cura le iniziative in tutte le sue fasi dalla progettazione, alla realizzazione, alla vendita con un unico presupposto: “la qualità della vita” ».
Sarebbero sette le pratiche sospette ora al vaglio del pubblico ministero Erminio Amelio, che si riferiscono al periodo 2013-2015.
Bocche cucite sui dettagli di un’indagine nata da una costola dell’operazione Vitruvio che portò nel 2015 alla sbarra (il processo è attualmente in corso) 39 persone.
Si tratta di imprenditori, vigili urbani e dipendenti comunali pagati per non andare a fare controlli nei cantieri in cui c’erano abusi, o per chiudere un occhio di fronte a cambi di destinazioni d’uso di locali (lavatoi trasformati in bagni e cantine in sale hobby) o ancora fascicoli che documentavano aumenti di cubature sproporzionati rispetto al progetto presentato, fatti sparire.
Quel che trapela è che grandi progetti erano in fase di avvio e altrettanto importanti cantieri erano di “prossima realizzazione”.
Come il complesso immobiliare di prestigio, “Palazzo Raggi”, antica sede del Banco di Santo Spirito, nel centro storico di Roma in via del Corso, o il Ripetta Parking, un parcheggio interrato nel cuore della città, mentre all’Eur era prevista la realizzazione di un centro direzionale e commerciale all’avanguardia «firmato da uno dei più prestigiosi architetti internazionali».
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