"CHIESI A DELL'UTRI SE FOSSE PREOCCUPATO PER IL PROCESSO?' MI RISPOSE: 'HO UN CERTO TIMORE E NON……
Claudia Guasco per il Messaggero
«Ma quale spaccatura?». Francesco Greco, capo della Procura di Milano, liquida in tre parole la crisi nella quale è piombato il suo ufficio. Dal 17 marzo, con la assoluzioni dei vertici di Eni e Shell perché «il fatto non sussiste», un movimento carsico è venuto alla luce: il pm Paolo Storari che consegna a Piercamillo Davigo i verbali dell' ex avvocato esterno dell' Eni «per autotutelarsi» dalle lungaggini del suo capo, cioè Greco, la chat infuocata in cui molti magistrati milanesi, all' indomani del verdetto, criticavano l' ostinazione del procuratore aggiunto Fabio De Pasquale nel perseguire Eni a fronte della fragilità delle prove di cui disponeva.
IL FASCICOLO All' origine di tutto c' è l' inchiesta sul falso complotto Eni, fascicolo di cui Storari era titolare con l' aggiunto Laura Pedio. Nel decreto di perquisizione del 23 febbraio 2020, si legge, «è emerso che nelle Procure di Trani e Siracusa» dal «gennaio 2015 sono stati incardinati procedimenti penali nei quali si accreditava la tesi (falsa) di un complotto organizzato ai danni di Claudio Descalzi da vari soggetti italiani e stranieri». Questi procedimenti, rilevano i pm, «sono stati avviati e coltivati da Piero Amara» e dai «suoi complici», tutti «interessati a vario titolo a proteggere Descalzi», indagato e poi imputato nel processo Eni-Shell Nigeria.
Negli ultimi mesi il lavoro dei magistrati è andato avanti e si è consumata la frattura tra Storari e Greco: il primo avrebbe voluto accelerare con le iscrizioni al registrato degli indagati - approfondendo eventuali profili di calunnia - mentre il capo della Procura procedeva con cautela.
Appoggiato dai suoi vice Laura Pedio e Fabio De Pasquale, allora capo del dipartimento reati finanziari di cui faceva parte Storari, poi passato ai reati contro la pubblica amministrazione guidato da Maurizio Romanelli. Ma De Pasquale era titolare dell' inchiesta Eni-Nigeria e tra gli indagati nel falso complotto, oltre ad Amara, c' era l' ex manager Eni Vincenzo Armanna, imputato e grande accusatore nel processo sulle presunte tangenti nel Paese africano.
Ciò avrebbe generato tensioni sulla gestione parallela delle due inchieste e la decisione di Storari di consegnare i verbali con le dichiarazioni di Amara a Davigo, prima di decidere di non seguire più le indagini. Uno strappo che, afferma il magistrato Eugenio Albamonte, già presidente dell' Anm e attuale segretario di Area, fa riflettere: «Se è confermata la ricostruzione, e cioè che il collega avrebbe dato i verbali a un consigliere superiore, la cosa che mi lascia molto perplesso è il clima di sfiducia che c' è rispetto all' ambiente dell' ufficio in cui lavora. Se io ho un problema simile mi rivolgo al procuratore e al procuratore aggiunto, e se il problema è nei loro confronti, mi ci rivolgo formalmente, e se non va bene quello, mi rivolgo al procuratore generale. E se devo mandare gli atti al Consiglio superiore, li mando in modo ufficiale, assumendomi la responsabilità di quello che dico. Questo aspetto mi lascia sorpreso».
Ma le procedure sono saltate e dopo la sentenza Eni-Nigeria la situazione è precipitata: nella chat interna montano le critiche, tanto che Greco dichiara il suo pubblico appoggio ai magistrati del processo. «Il procuratore della Repubblica è al fianco dei colleghi Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, i quali, nonostante le intimidazioni subite, hanno svolto il loro lavoro con serenità, professionalità e trasparenza», scrive.
Una nota congiunta con il presidente del Tribunale Roberto Bichi ha ridimensionato lo scontro, ma è la tregua è durata poco.
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