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Riccardo Arena per "La Stampa"
Di sicuro c'è solo che è morto, aveva scritto del bandito Salvatore Giuliano il grande inviato Tommaso Besozzi. Però in Sicilia, la terra di Giuliano e per fortuna anche di Pirandello, persino una delle poche certezze dell'esistenza dei comuni mortali può essere messa in discussione.
Succede così anche di incontrare un involontario emulo del fu Mattia Pascal, un morto che cammina, mentre passeggia tranquillamente nel centro di Bagheria, a due passi da Palermo. Sorpresa, paura, terrore: la sorella, che aveva pianto davanti al suo cadavere, si sente male davanti al corpo vivo e vegeto del fratello. Miracolo, avrà pensato qualcuno. Ma in realtà era stato solo un banalissimo errore di persona.
Il morto vivo è uno psicolabile di 36 anni, Alessandro Porretto. Era stato dato per ucciso dopo che un cadavere, orribilmente sfigurato, era stato trovato tra le sterpaglie dei campi e della costa degradata di Acqua dei Corsari, fra Palermo e il confinante paese di Villabate. Porretto, che ogni tanto vagabondava da quelle parti, era stato riconosciuto «senza ombra di dubbio» dai fratelli e da due medici che lo avevano avuto in cura, al Policlinico di Palermo: «Lui è, al mille per mille. Anche i vestiti sono i suoi, poverino».
Alla sua vittima l'assassino aveva inferto 40 coltellate e l'aveva poi finita a colpi di pietra, rendendone quasi del tutto irriconoscibile il volto. L'identificazione era però avvenuta nonostante tutto.
Esauriti gli accertamenti di rito, il funerale sarebbe dovuto essere la prossima settimana. Alessandro, il novello Lazzaro, morto il 26 aprile, è però risorto il 2 maggio: ci ha messo un po' di più dei canonici tre giorni e il miracolo è opera non di nostro Signore ma di due poliziotti, che lo hanno incontrato nel centro di Bagheria, non distante dal luogo del delitto.
Uno dei due agenti aveva controllato Porretto qualche giorno prima dell'omicidio, perché vagava senza una meta proprio nella cittadina dell'hinterland palermitano. Quando se l'è trovato di nuovo di fronte, a delitto avvenuto, non credeva ovviamente ai propri occhi. Il morto-vivo era senza documenti, l'agente gli ha chiesto come si chiamasse e quello ha risposto con naturalezza: «Alessandro Porretto».
Panico tra i familiari, subito avvertiti, ma anche tra gli inquirenti. Il vero defunto è stato identificato ieri, dopo una nuova analisi delle denunce di scomparsa: è Massimo Pandolfo, 47 anni, che non aveva dato più notizie di sé dalla sera del 25 aprile, poche ore prima del ritrovamento del cadavere. Dalle foto emerge solo una vaga somiglianza. Lo hanno individuato ancora una volta i familiari, ma stavolta i carabinieri hanno fatto accertamenti sulle tracce biologiche e soprattutto sulle impronte digitali.
Pandolfo, che abitava in una bella villa a Mondello, non aveva nulla a che vedere con Porretto, che abitava (anzi abita) in un tugurio del centro di Palermo, tanto fetido che non era stato possibile neppure perquisirlo. Il falso morto era (anzi è) assolutamente incensurato; il vero defunto è (anzi era, salvo ulteriori resurrezioni) pregiudicato per vari reati ed era in contatto con numerosi altri pregiudicati.
Fino a quando i militari non gli hanno trovato il vero morto, per il pm Geri Ferrara il problema, più che cercare l'assassino e il movente, è stato quello di individuare chi fosse l'assassinato. Ora l'indagine riparte, mentre la sorella di Porretto, Francesca, riavutasi dallo spavento, dice tranquilla che sembrava proprio il fratello, il morto: «Non lo vedevamo dal 4 aprile, era stato ricoverato in ospedale e poi l'avevano dimesso. Da allora se n'era andato, non sapevamo dove». Meno male che almeno si è fatto trovare prima del funerale.
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