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1. GLI 86 PREDONI DEGLI SCALI CON LE MANI DENTRO I BAGAGLI
Ester Palma per il "Corriere della Sera"
Li hanno incastrati nascondendo telecamere nelle stive degli aerei, servendosi di sistemi di ripresa speciali, che non interferivano con le complesse apparecchiature di bordo. Un anno di indagini e ieri mattina sono scattati gli arresti: 29 persone in manette, altre 57 «destinatarie di obbligo di firma». Tutti accusati di furto, tentato furto e danneggiamento.
à l'operazione «Stive pulite», coordinata dai magistrati di Lamezia Terme. Che hanno agito sulla base delle tante, troppe denunce di furti e danneggiamenti di bagagli registrate non solo nell'aeroporto locale (dove in manette sono finiti in 6), ma anche in altri otto, in tutta Italia: Roma Fiumicino (lo scalo più colpito, con 19 arresti e 30 obblighi di firma), Bari (con 13 coinvolti), Bologna (3), Milano Linate (5), Napoli (5), Palermo (con un solo dipendente indagato) e Verona (4).
Con appostamenti e altre telecamere gli investigatori (l'operazione ha coinvolto 400 agenti) hanno seguito tutto il percorso di valigie e zaini dal momento del check in. Sembrava tutto regolare, fino all'imbarco: quindi l'unico luogo in cui potevano avvenire le centinaia di furti denunciati ogni anno, da molti anni, erano le stive degli aerei. In cui per motivi di sicurezza non erano mai stati installati sistemi di controllo audiovisivi. Una circostanza che i dipendenti incriminati conoscevano bene. Tanto che si sentivano al sicuro.
Al punto da abbandonarsi a atti di vandalismo gratuito davanti a bagagli difficili da scassinare, come quelli avvolti dal cellophane. Le telecamere hanno mostrato che i ladri li distruggevano, con rabbia. Ignari di agire praticamente sotto gli occhi degli agenti della Polizia di Frontiera di Lamezia Terme, diretta da Ferruccio Martucci, che hanno visionato 8.841 filmati, per oltre 2.200 ore di ripresa. Tanto che, come ha sottolineato ieri il Procuratore della Repubblica di Lamezia, Domenico Prestinenzi, «c'è l'assoluta certezza dell'identità dei responsabili dei furti».
Che avvenivano soprattutto a bordo degli aerei impiegati sulle tratte nazionali. Gli addetti ai bagagli incriminati si erano divisi i compiti, al punto da formare squadre affiatate e compatte, pronte a entrare in azione al momento giusto. C'era chi si dedicava materialmente all'operazione di apertura dei colli imbarcati, altri invece facevano da palo. Un «lavoro» anche faticoso: le telecamere in azione a Bari hanno ripreso per esempio uno dei dipendenti accusati mentre si asciugava il sudore causato dalla fatica di aprire i bagagli con un abito preso (e poi rimesso a posto) da una valigia.
E dopo tanta fatica, perchè non pensare anche a un po' di benessere, a un tocco di eleganza? «Stessa cosa - si legge infatti nell'ordinanza d'arresto - fa con un oggetto, probabilmente un piccolo flacone di profumo che dopo essersi spruzzato addosso lascerà in fondo alla stiva». E ancora: «Nell'opera di controllo del contenuto - scrive il gip - sono meticolosi, agiscono senza alcuna fretta non preoccupandosi minimamente che i passeggeri appena scesi dall'aereo stanno aspettando i loro bagagli e che alcuni di loro potrebbero accorgersi di quanto avvenuto con conseguente possibile intervento delle forze dell'ordine».
L'Alitalia ha fatto sapere in un comunicato di sentirsi «parte lesa, sia in termini di immagine che economici», visto il costo dei risarcimenti che ogni anno era costretta a corrispondere ai passeggeri derubati. Tanto che la compagnia si riserva eventualmente, in sede processuale, di chiedere i danni ai dipendenti, suoi e di altre società appaltatrici (ma nessuno di Adr, come fa sapere la stessa Aeroporti di Roma) colpevoli. E ha collaborato attivamente con le indagini, mettendo a disposizioni strumenti e personale.
2. DAI TABLET AI GIOIELLI ANCHE I PROFUMI TRA GLI OGGETTI RUBATI
Ester Palma per il "Corriere della Sera"
Bagagli aperti, depredati, danneggiati nelle stive degli aerei e poi restituiti agli ignari proprietari, che magari solo a casa si accorgevano dei furti.
Ma cosa cercavano i ladri, cosa preferivano? In testa, per così dire, alla classifica degli oggetti più ambiti, gli iPad e gli altri tablet, le macchine fotografiche digitali e in generale gli apparecchi elettronici. Poi i gioielli, possibilmente in oro. E infine i capi d'abbigliamento, meglio se costosi e firmati, e persino i profumi.
Il Procuratore della Repubblica di Lamezia Terme, Domenico Prestinenzi, coordinatore dell'indagine, parla di «un sistema illecito ben conosciuto e consolidato su scala nazionale». E aggiunge: «Quello provocato dai responsabili dei furti è stato un danno sia economico che psicologico in quanto venivano violati i bagagli ed il loro contenuto, che possono essere considerati come un domicilio domestico». Perché è evidente che rientrare magari da una vacanza e scoprire che qualcuno ha fatto sparire dalle proprie valigie oggetti personali di valore, anche affettivo, può annullare gli stessi benefici dei giorni di riposo.
Senza contare il danno provocato alle compagnie: ogni bagaglio passato per le mani dei «topi d'aeroporto» costa parecchie centinaia di euro di risarcimento. Un impatto economico «importante», come lo definiscono in Alitalia, se moltiplicato per le centinaia di furti denunciati ogni anno.
All'inizio i passeggeri più «sfortunati» risultavano essere proprio quelli della tratta Roma-Lamezia Terme. Poi il fenomeno si è diffuso agli altri scali, sebbene non con le stesse dimensioni. Ma non è la prima volta che negli aeroporti italiani si registrano sistemi di furti sistematici.
«à vergognoso che dopo lo scandalo verificatosi nel 2002, a oltre dieci anni di distanza da allora, non sia stata ancora fatta pulizia e che non siano stati ancora predisposti strumenti idonei ad impedire questi furti», denunciano infatti i consumatori del Codacons in una nota.
Aggiungendo che i passeggeri in questi casi «hanno diritto non solo al rimborso dei danni patrimoniali subiti, ma anche ad un risarcimento per i danni non patrimoniali. Nel caso non fossero già stati a suo tempo risarciti dalle compagnie aeree, potranno decidere di rivalersi costituendosi parte civile nell'eventuale procedimento penale».
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