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Estratto da www.lastampa.it
«Il 90% degli italiani non conosce l'attentato di Fiumicino del 1973. Si parla di tutte le stragi, mai di questa triste ricorrenza. Da qui nasce la mia indignazione e mi domando il perché di tutto questo: non si ricorda un evento del genere in cui sono morte 32 persone tra le quali il finanziere Antonio Zara».
Antonio Campanile si sfoga così, all'Adnkronos, e racconta come, all'epoca poliziotto in servizio allo scalo romano, si oppose ai fedayin sparando alcuni colpi d'arma da fuoco da un terrazzo. Un gesto, accusa, caduto nell'oblio e raccontato nel libro «Lo sparatore sono io - Prigioniero dello Stato per aver difeso lo Stato», di Antonio Campanile, Nuccio Ferraro e Francesco Di Bartolomei, che, proprio con l'avvicinarsi dei 50 anni dall'eccidio, il 15 dicembre alle ore 10 sarà presentato alla Fondazione Willy Brandt a Roma.?
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Campanile ha ancora impressi negli occhi quei momenti: «Ero in servizio al controllo passaporti quando ho sentito alle spalle un forte boato: raffiche di mitra all'improvviso, gente che scappava, così sono andato all'ufficio dove stava il maresciallo, comandante pro tempore di quel giorno, e ho preso un'arma lunga con 3-4 caricatori e sono scappato sul terrazzo insieme ad altri poliziotti».
Dall'alto Campanile racconta di aver visto il finanziere Zara, «mio coetaneo, che veniva strattonato» dai terroristi e poi «dal portellone dell'aereo si è affacciato un fedayn che ha iniziato a sparare, mi ha visto sul terrazzo e ha iniziato a spararmi anche addosso. Ho visto Zara cadere (sotto i colpi sparati alle spalle ndr) e non ci ho visto più, ho sparato e il terrorista è scappato nell'aereo», continua.
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«Quando sono sceso dal maresciallo gli dissi che avevo sparato e lui mi chiese di recuperare i bossoli - prosegue Campanile - Poi mi è stato chiesto chi mi aveva dato l'ordine di sparare. Io risposi che era stata una difesa personale, avevo addirittura proposto di bloccare l'aereo invece mi venne rifiutato».
Nei giorni successivi, si racconta nel libro, Campanile è stato trattenuto in caserma sulla base di un provvedimento relativo alla possibilità di fuga di informazioni compromettenti. «Il settimo giorno - sottolinea - mi mandarono a casa con una licenza breve, poi al rientro mi sono visto trasferire per tre mesi dall'aeroporto internazionale a quello nazionale, ma non ho mai capito il motivo».
[…] «Anni fa andai all'archivio di Stato e non ho trovato documenti sul mio conto, è come se non fossi mai esistito». […]».
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LO SPARATORE SONO IO - COPERTINA
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