DAGOREPORT - PER RISOLVERE LA FACCENDA ALMASRI ERA SUFFICIENTE METTERE SUBITO IL SEGRETO DI STATO E…
Pasquale Raicaldo per repubblica.it
Da Capri e Ischia a Castelvolturno, dalla Costiera sorrentina al golfo di Gaeta. E poi su, lungo il litorale romano, da Anzio a Tarquinia, fino addirittura alla Toscana. E’ l’ultimo inquietante allarme ambientalista che riguarda il Tirreno: migliaia di dischetti di plastica spiaggiati, misteriosi filtri tondi per un fenomeno senza precedenti, denunciato con forza dai responsabili di Clean Sea Life, un progetto co-finanziato dall’Unione Europea e nato con l’obiettivo di sensibilizzare il grande pubblico sulla quantità di rifiuti presenti in mare e sulle spiagge.
Le segnalazioni sono iniziate il 20 febbraio: quei dischetti, spinti dalle correnti, sono stati dapprima rinvenuti a Ischia, dove un cittadino, Claudio Ciriminna, ha iniziato a raccoglierli ripulendo gli arenili. Poi, spiega Eleonora de Sabata, attivista di Clean Sea Life, quei rifiuti di plastica hanno proseguito la loro corsa verso nord, invadendo il litorale domitio e il basso Lazio, dove le segnalazioni in queste ore sono numerosissime, fino a toccare persino la Toscana (dove i dischetti sono stati recuperati alla spiaggia della Feniglia).
Di cosa si tratta? Qualcuno, di primo acchito, aveva pensato a cialde di caffè. Ipotesi scartata.
“Al momento, in attesa di approfondimenti, la cosa più probabile è quindi che siano dischetti impiegati nei sistemi di trattamento biologico delle acque (come i sistemi MBBR Moving Bed Biofilm Reactor o reattore a biomassa adesa a letto mobile): sono i supporti dove crescono i batteri che depurano l’acqua, assimilandone i nutrienti. Ce ne sono di diverse forme e dimensioni. Dischetti simili infatti sono stati trovati a migliaia sette anni fa in America: provenivano dall’impianto di trattamento della cittadina di Hookset che, a causa di forti piogge, il 6 marzo del 2011 andò in tilt scaricando dai 4 a 8 milioni di dischetti, oltre a mille metri cubi di liquame”.
Possibile che sia accaduto qualcosa di simile lungo i litorali campani, per esempio – come ipotizza qualcuno, per ora senza prove – al depuratore di Cuma? Il mistero potrebbe presto essere risolto: gli oceanografi del Lamma (il Laboratorio di Monitoraggio e Modellistica ambientale per lo sviluppo sostenibile della Regione Toscana, CNR e Fondazione per il Clima e la Sostenibilità) con cui Clean Sea Life collabora da tempo, cercheranno di risalire, attraverso i modelli della circolazione delle correnti, all’origine dello sversamento. “Dobbiamo però risalire al “paziente zero” – spiega la De Sabata - usando l’analogia delle epidemie: cioè la località che per prima è stata investita dai dischetti e che, presumibilmente, è la più vicina al punto di sversamento”.
Potrebbe trattarsi di Ischia, a quanto pare, dove c’è persino chi ipotizza un collegamento con lo spiaggiamento, qualche giorno fa, di un esemplare morto di delfino, in particolare stenella striata. Ma perché si venga a capo del fenomeno, che inquieta gli ambientalisti e che è stato denunciato al Reparto ambientale marittimo della Capitaneria di porto e all’Ufficio tutela e valorizzazione del mare e delle coste della Regione Lazio (che ha mobilitato l’Arpa e segnalato il caso ai carabinieri), Clean Sea Life ha chiesto e chiede la collaborazione dei cittadini, affinché
segnalino il ritrovamento dei misteriosi dischetti lungo le coste (attraverso la casella di posta elettronica info@cleansealife.it).
Contribuendo così alla soluzione del giallo che spaventa gli ambientalisti, e non solo, deturpando i già fragili equilibri delle spiagge della Campania, isole comprese.
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