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Marino Niola per “il Venerdì di Repubblica”
Il Grand Tour della cucina italiana
Oggi l'Italian Food è un mito planetario. Ma non è sempre stato così. A lungo il cibo tricolore è stato considerato un mangiare da poveri, cattivo e insalubre. A dirlo è lo storico Dieter Richter professore all'Università di Brema in Con gusto.
Il Grand Tour della cucina italiana, un bellissimo libro appena uscito da noi per le Edizioni del Centro di Cultura Amalfitana. Secondo l'autore, fino alla metà del Novecento la nostra è stata considerata una cucina di serie B. E molti piatti che adesso hanno scalato le vette del gusto globale erano ritenuti quasi immangiabili.
A cominciare dai suoi alimenti simbolo. Scrittori del calibro di Alessandro Dumas considerano la pizza una focaccia indigeribile e a rischio di soffocamento. Carlo Collodi la vede come una fonte di infezioni. Non va meglio per gli spaghetti che ai viaggiatori arrivati da tutta Europa e dagli Stati Uniti appaiono un groviglio di "vermi giallo-grigi formato da sabbiosi maccheroni duri come il sasso". Qualcuno arriva a dire che gli italiani riescono a mangiare la pasta grazie a una deformazione della gola, la stessa deformazione che consente loro di cantare così bene.
Tutti questi stereotipi si rovesciano nel corso del Novecento soprattutto grazie ai nostri migranti che portano negli Usa i loro piatti. E proprio da Oltreoceano parte la riscossa italiana.
Grazie anche a testimonial eccellenti come Ancel Keys e Margaret Haney, scopritori della dieta mediterranea, che propongono al mondo la nostra gastronomia popolare come garanzia di gusto, di benessere e di sostenibilità. Il resto è storia d'oggi. E a farla sono gli chef, i pizzaioli, i gelatai e i produttori che portano la nostra cucina ai quattro angoli del globo. Facendo del gusto la vera punta di diamante del Made in Italy.
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