"A GENOVA HO VISTO UN ITALIANO CHE PICCHIAVA UNA RAGAZZA NERA, FORSE MINORENNE" - LA MODELLA TRANSGENDER LEA CEREZO, FIGLIA DELL'EX CALCIATORE DELLA SAMPDORIA E ROMA TONINHO, RACCONTA DI AVER ASSISTITO A UN'AGGRESSIONE RAZZISTA IN ITALIA: "QUANDO LEI ERA STESA A TERRA, IL RAGAZZO LE HA SFERRATO UN PUGNO FORTISSIMO, L’HA GUARDATA LE HA RIVOLTO UN INSULTO RAZZISTA ('NEGRA'). L’HA FATTO CON LA CONSAPEVOLEZZA CHE IO ERO LÌ PRESENTE, CERCAVA LA MIA COMPLICITÀ" - VIDEO

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Estratto dell'articolo di Michela Bompani per www.repubblica.it

 

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“Ho visto una scena di violenza e razzismo, la più forte della mia vita: un uomo bianco, italiano, che picchiava una ragazza nera, forse minorenne, non so se italiana. E dopo che l’ha stesa a terra, prendendola a calci e pugni, era coperta di sangue: e dopo un pugno fortissimo il ragazzo l’ha guardata le ha rivolto un insulto razzista”: la denuncia, circostanziata, è di Lea T., top model internazionale, già volto di Givenchy, prima modella transgender al mondo, figlia dell’ex calciatore di Samp, Roma e Brasile, Toninho Cerezo.

 

Il fatto è documentato anche dai report dei soccorritori e si riferisce a un’aggressione avvenuta martedì sera a Genova, davanti al supermercato Coop, di corso Europa: “Erano le 23, uscivo dal supermercato dopo aver fatto la spesa e mi sono trovata davanti questa scena, penso una delle più forti mai viste in Italia", dice Lea in un video che ha postato su Instagram, documentando un racconto rigoroso e commosso. E chiarendo di non essere solita postare contenuti analoghi sui suoi social, ma l’enormità del fatto l’ha spinta a prendere posizione.

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Spiega di avere registrato anche un video in cui documenta la scena, così come la ha potuta registrare, che ovviamente non pubblica sui social e mette a disposizione degli inquirenti: “La ragazza è rimasta a terra, c’eravamo io ed un altro ragazzo ad assistere”. E infatti la ragazza è stata poi soccorsa, grazie alla richiesta di aiuto della top model alle forze dell’ordine e al 118, che ha trasportato la vittima di violenza in ospedale in codice giallo, ferita ma cosciente.

 

"Oltre l’aggressione, quando lei era a terra insanguinata, mentre io cercavo di fermarlo gridandogli quanto più potevo, lui l’ha insultata con la parola “N” e l’ha fatto con la consapevolezza che io ero lì presente, cercava la mia complicità. E quello che mi colpisce di più è che la gente intorno cercava di cancellare il problema razziale che era alla base di quell’aggressione e in tanti momenti cercava di giustificare la violenza che questa ragazza aveva subito – denuncia Lea T. – mi dicevano ma no, dai, è solo un ragazzino”.[...]

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