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Luisa Mosello per “www.ilmessaggero.it”
IL CASO
Fenomeno street food. Quando mangiare significa avere la città come tavola imbandita, tra vie e vicoli e tesori d' arte a cielo aperto. Con la sua pregiata mercanzia, l' Italia può servire pranzi e cene d' eccellenza a tutto sapore. Eppure non lo fa, o almeno non abbastanza.
Come dire che veri e propri gioielli della tradizione culinaria di strada spesso non hanno lo spazio e l' attenzione che meritano e si perdono nei retro-gusti fatti di mancata promozione, scarsa qualità, offerta insufficiente. Il grido d' allarme arriva dalla Coldiretti che ieri a Roma ha chiamato a raccolta gli agricoltori per difendere l' identità alimentare nazionale che rischia di sparire dalle strade e dalla piazze delle città italiane.
Un invito a valorizzare il nostro patrimonio gastronomico a 360 gradi, anche quello on the road, oscurato dalle proposte etniche presenti in maniera massiccia in ogni angolo urbano. Perché, spiegano gli organizzatori dell' iniziativa «se dal kebab al sushi, dalla frutta esotica alle caldarroste congelate si trovano ovunque durante tutto l' anno, per il baccalà fritto da passeggio a Roma o il panino e milza a Palermo i turisti sono costretti a cercare su internet o nelle guide». L' ideale sarebbe non tanto una lotta fra gusti e culture ma una perfetta integrazione con l' intero pianeta nel piatto, senza che nessuna penalizzi l' altra.
IL BUON PAESE
Anche perché il Bel e Buon Paese non teme confronti, e di certo non ha nulla da invidiare al resto del mondo in fatto di cibo. Dall' alta cucina gourmet fino al menù di strada. Che rappresenta un grande tesoro da tutelare e da riscoprire in ogni regione, da nord a sud. Dove si susseguono come comande, proposte di piatti itineranti dalla tradizione millenaria che raccontano la storia e la cultura locale in maniera più che appetitosa.
E l' appetito lo solleticano eccome, visto che secondo un sondaggio del settore presentato ieri nel corso della manifestazione al PalaTiziano, quasi due italiani su tre (65%) hanno consumato cibo di strada nel 2016. Una domanda che tende a crescere con l' arrivo dell' estate perché unisce risparmio e praticità al costo contenuto.
Solo il 13% sceglie proposte internazionali come gli hot dog, percentuale che si dimezza per il kebab protagonista di un grande boom ma che ora si presenta in netto calo nelle preferenze gastronomiche rispetto al passato. Inoltre più di sei stranieri su dieci durante le vacanze in Italia fanno shopping di cibo che viene acquistato nel 39% dei casi proprio nei mercati di strada e dagli ambulanti.
LE PRELIBATEZZE
I nostri gioielli da gustare passeggiando sono tanti. Si va dal cuoppo (cartoccio di fritti napoletani) all' agripanino di carne Chianina dell' Umbria, fino alla piadina romagnola. E come dimenticare le tipicità profumate di Sicilia come il pane e panelle, gli arancini (e arancine) o il panino con la milza?
O gli arrosticini abruzzesi, le olive ascolane doc delle Marche, i croccanti peperoni cruschi lucani, o il panino fiorentino con lampredotto (le interiora del quarto stomaco del bovino). E le prelibatezze della Città Eterna? «Sono stati gli antichi romani all' epoca di Giulio Cesare a inventare lo street food rivela Toni De Amicis presidente della Fondazione Campagna Amica - Per esempio il cacio fiore di Columella veniva mangiato a tocchi.
Roma ha grandi tesori come cibi di strada. Dai supplì ai filetti di baccalà. Questi ultimi si trovano in pochi luoghi, a via dei Giubbonari e, negli ultimi tempi, anche nel marcato di Testaccio. E poi due veri e propri capolavori come il panino e porchetta e la pizza con la mortazza (mortadella, ndr).
Peccato però che invece di essere valorizzati sono cibi che rischiano sempre di più il ribasso in fatto di qualità. Perché spesso venduti in quei furgoncini che si vedono negli eventi cittadini o dopo i concerti che usano pane industriale invece del nostro pane casareccio o carne precongelata».
IL REGOLAMENTO
Quali le soluzioni a tutela di questo nostro patrimonio? «Come è già stato proposto in alcune realtà - spiega il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo - l' introduzione di un regolamento che obblighi le future attività a proporre prodotti locali significa imprimere un impulso economico ai sistemi agroalimentari locali, ma anche qualificare l' offerta delle città minacciata dalla banalizzazione e dall' omologazione».
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