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LA VERSIONE DI MUGHINI – DIMMI CHE GIACCA INDOSSI E TI DIRÒ CHI SEI: UN LINGUAGGIO IGNOTO AGLI ANALFABETI. E DIFATTI CHI MI È AVVERSO NON PERDE OCCASIONE DI ACCUSARMI DI VESTIRE “COME UN PAGLIACCIO”. LO HA FATTO AD ESEMPIO QUELL’UOMO RAFFINATISSIMO CHE È FABRIZIO CORONA, QUELLO CHE ADESSO COMPARE NUDO E IL C….O IN PRIMO PIANO SU UN LIBRO APPENA USCITO. ME LO DISSE UN GIORNO CHE GLI STAVO DI FRONTE IN UN SET TELEVISIVO E AVEVO INDOSSO UNA GIACCA DI YOSHIJ YAMAMOTO E…
Giampiero Mughini per Dagospia
Caro Dago,
immaginavo tu ci fossi ieri pomeriggio all’inaugurazione a via delle Carrozze 28, dove il nostro Massimo Degli Effetti ha inaugurato il suo nuovo antro fatale – dopo quello storico inaugurato nel 1979 a Piazza Capranica – e dove noi due assieme a tanti altri troveremo giacche, pantaloni, cappotti, scarpe che ci faranno vivere il quotidiano come un’occasione di cultura, o meglio di linguaggio.
Il linguaggio della moda, senza il quale non comprenderesti nulla della cultura moderna e della sua evoluzione. Il linguaggio che tutti manifestano anche senza saperlo. Dimmi che giacca indossi e ti dirò chi sei.
Un linguaggio ignoto agli analfabeti. E difatti chi mi è avverso non perde occasione di accusarmi di vestire “come un pagliaccio”. Lo ha fatto ad esempio quell’uomo raffinatissimo che è Fabrizio Corona, quello che adesso compare nudo e il c….o in primo piano su un libro appena uscito.
Me lo disse veementemente un giorno che gli stavo di fronte in un set televisivo e avevo indosso una giacca di Yoshij Yamamoto e un paio di scarpe di Martin Margiela e non ricordo che cos’altro. Ma si può imputare a uno così di ignorare che gli abiti di Yamamoto vengono messi in mostra nei grandi musei internazionali? Sarebbe come sparare sulla Croce Rossa. L’essere semianalfabeti è un destino ineluttabile cui in tanti non si possono sottrarre.
Era stata Michela, che avevo appena conosciuto, a invitarmi a vedere con lei un film che il regista tedesco Wim Wenders aveva dedicato a Yamamoto, di cui io sino a quel momento non sapevo nulla. Era il 1990.
Rimasi di stucco innanzi alla poesia di quegli abiti di cui Wenders raccontava meravigliosamente la malia. Fu sempre Michela a indicarmi il negozio di Massimo in Piazza Capranica. C’ero passato tante volte e sempre guatavo le vetrine zeppe di indumenti mai visti.
Dopo il film di Wenders entrai e comprai un completo di Yamamoto. Da allora e per trent’anni non c’è un filo di stoffa che io indossi che non venga dal negozio di Massimo. Sono indumenti che li sento miei ancor prima di indossarli. Di solito entro e li vedo a distanza, come se mi fossero predestinati.
Naturalmente una volta che li ho indosso, dimentico di averli da quanto mi ci trovo a mio agio, da quanto si accordano con tutto quello che penso e sono e mi parrebbe innaturale non indossare una giacca o un giubbotto di Yssey Miyake o di Comme des Garçons e degli altri poeti che Massimo offrirà d’ora in poi a via delle Carrozze, la via romana dove a partire dagli anni Sessanta e per trent’anni Maria Paola Maino aveva officiato nel suo “Emporio Floreale” le bellezze dell’Art Nouveau europea di inizio secolo. La bellezza, la bellezza, ancora la bellezza. Di un vaso in ceramica o di un maglione.
corona mughini
negozio massimo degli effetti
instagram story di fabrizio corona su mughini
wim wenders yohji yamamoto 1
yohji yamamoto
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FABRIZIO CORONA
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