DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA…
Marco Ciriello per Dagospia
La Street art è diventato il modo delle amministrazioni comunali di assolvere alle mancanze politiche, decorando le pareti cieche delle stecche architettoniche di periferia, affibbiando ai loro spazi eroi sconosciuti persino a chi abita gli attici delle stesse città, ma quando quelle periferie decidono di decorare i loro muri con gli eroi che gli appartengono, lo stato glieli cancella come è avvenuto a Napoli tra la gioia di giornali e abitanti di altri quartieri.
In una città che parla con i morti, e se ne prende cura, aspetta che si sciolga il sangue di un santo facendone discendere il futuro prossimo, che riempie le bare come solo gli egiziani, poi, per un capriccio di legalità, cancella il rispetto per i morti – che non appartiene ai tribunali –, anche quelli che hanno sbagliato in vita, in un purgatorio terrestre che anticipa quello promesso nell’aldilà.
Signori miei, torniamo in noi direbbe Totò. In una città che ha una frenesia di raffigurazione, c’è gente che davvero pensa che la faccia su un muro di un ragazzino sparato da un carabiniere in una tentata rapina sia pericolosa? Marca il territorio dicono i camorrologi, perché senza la faccia di quel ragazzino il suo quartiere sarebbe libero? E la finestra aperta senza concessione edilizia? E la tettoia bucata della fermata del bus che non passa?
E se passa finisce in un buco. E gli standard urbanistici non rispettati? Forse bisognerebbe far sentire una presenza migliore, di qualità, piuttosto che imbiancare una parete e cancellare per la seconda volta la vita – sbagliata – di un ragazzino, replicabile non per un murale ma per l’assenza di legalità, quella vera, nonostante i maestri di strada, le tante associazioni, i preti di periferia non delle canzoni di Jovanotti, che prima o poi avrà il suo murale tra un Gramsci, un palestinese in kefiah e Martin Luther King. E Malcolm X non è voluto venire?
E perché il mitra non glielo disegnate mai? Napoli è diventata un grande album Panini veltroniano con le figurine delle facce buone disegnate sui muri dall’artista Jorit, che va compilando una estesa nazionale che fa leva sull’emozionalità e che annoda Pasolini e Maurizio Sarri in una intercambiabilità da social.
In questa grande opera autorizzata – dove un tempo si richiedeva “Le Sette opere della Misericordia” – che tocca le professoresse e gli assessori alla cultura, indugiando sulla palpebra di Fabrizio De André e il carisma di Diego Maradona non dimenticando l’Angela Davis che c’era e sfioriva già nelle canzoni di De Gregori di tanti anni fa, disturbano le facce degli sconosciuti, dei ragazzi che hanno sbagliato, i dimenticati, i laterali, quelli che si sono arrangiati con quello che gli han fatto trovare: poco, niente e una pistola.
Questi intrusi vanno cancellati, perché rovinano l’album, sporcano la vetrina, dimenticando che molti dei raffigurati nell’album dei giusti di Jorit sarebbero stati contrari alla cancellazione dei pericolosissimi fantasmi senza bibliografia. De André in uno degli ultimi concerti aveva detto che da anarchico capiva i ragazzi che sceglievano la ’ndrangheta nell’assenza dello stato.
Malcolm X era come quei ragazzi prima di incontrare l’islam, e Pasolini quei ragazzi li andava a cercare per scopare. Non è curioso questo corto circuito? A Napoli, poi. D’improvviso la legalità con una mano di vernice. E le altre mani, quelle che mancano?
Niente racconta meglio Napoli di un murale con la faccia di un ragazzino criminale a poca distanza dalla casa che fu di Benedetto Croce, perché Napoli è questa qua, ammiscata, fastidiosa, scorticata, non quella ordinata con le facce giuste e i due indianissimi segni rossi sulle guance che Jorit s’è pure fatto tatuare, l’unico sangue autorizzato con delibera comunale, un tatuaggio da corpus domini, per una Napoli da Dolce&Gabbana&DeMagistris.
murales di diego armando maradona a napoli san giovanni a teduccio
Cancellare il paganesimo, distruggere gli altari improvvisati, significa negare una città che pure esiste, è un gesto vigliacco oltre che inutile, perché significa relegare ai cimiteri l’unico spazio del ricordo, mascherandolo da legalità. E allora si smetta anche di portare fiori al murale di Maradona ai quartieri spagnoli – che nonostante la pandemia è diventato un tour paganissimo – che poi è probabilmente anche l’unico eroe santo ed esempio che quei ragazzi morti per strada, in tentativi maldestri di rapina, avessero.
murales di diego armando maradona a napoli
Tutto si tiene, cancellandone una parte non regge nemmeno l’altra. Verrebbe da domandare a Luigi Piccinato – morto per morto parliamo con quello giusto – ma una città si salva con le riverniciazioni o con i piani regolatori? E agli urbanisti, ai questori, ai giudici, ai giornalisti che contenti si sentono al sicuro dietro una mano di bianco, siete proprio sicuri che l’illegalità sia il viso d’un ragazzino rimasto sull’asfalto? E quale sarà il prossimo passo: chiedere a Sky di cancellare “Gomorra” dal palinsesto?
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