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Michela Allegri e Giuseppe Scarpa per “il Messaggero”
Diabolik e Fabrizio Fabietti inondavano Roma di droga anche grazie all'appoggio di un pezzo grosso della Banda della Magliana del calibro di Roberto Fittirillo, che avrebbe il suo quartier generale al Tufello. Lo scrivono i finanzieri del Gico nell'informativa finale dell'inchiesta che ha portato in carcere 50 esponenti del gruppo al cui vertice sedeva Fabrizio Piscitelli, il cinquantatreenne ultras della Lazio freddato il 7 agosto, al parco degli Acquedotti, da un killer travestito da runner.
Nei giorni scorsi, tutti i 50 indagati finiti in carcere per narcotraffico hanno fatto scena muta di fronte al gip. Dopo la retata di venerdì, in sede di interrogatorio di garanzia, nessuno ha parlato: si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Un atteggiamento che, per i pm che ipotizzano l'aggravante mafiosa a carico di molti arrestati, confermerebbe il sospetto di essere di fronte a un gruppo compatto, coeso, difficile da scardinare.
INTERCETTAZIONI
Intanto, però, l'inchiesta continua a galoppare e i dettagli confermano l'autorevolezza raggiunta, nella mala romana, dalla coppia Piscitelli-Fabietti. Quest'ultimo trattava con Fittirillo, uno dei sicari della Banda della Magliana. Acquistava, infatti, da Robertino partite di droga da milioni di euro. «Dalle numerose intercettazioni emerge come Fabietti, per rifornirsi di stupefacente, sia solito rivolgersi a soggetti di elevato spessore criminale. Tra gli altri, spicca la figura di Fittirillo Roberto», sottolineano le fiamme gialle nell'informativa finale. Uno dal grilletto facile che, per Enrico De Pedis e soci, uccise 5 persone nei primi anni Ottanta.
In una conversazione intercettata il 20 giugno del 2018, si parla di cifre non completamente saldate da parte di Fabietti. E il disappunto di Fittirillo viene comunicato al socio del Diablo da Danilo Perni: «Rappresentava come Fittirillo si fosse lamentato di un presunto ammanco di denaro». Una lamentela che aveva mandato su tutte le furie Fabietti, convinto di aver pagato fino all'ultimo centesimo la partita comprata dall'ex della Magliana.
«Fabietti faceva presente di aver già consegnato 150.000 euro a fronte - si legge nelle carte dell'indagine - di un quantitativo di droga pari a 10 chilogrammi, per un totale di 410.000 euro in appena 4 giorni». Ecco l'intercettazione della conversazione: «Gliel'ho pagata a 30 (30.000 euro/kg, ndr) questa. Io gli ho dato una piotta e mezza per gli altri 10. In quattro giorni gli ho dato 4 e 10 (410.000 euro, ndr) e i centodieci (110.000 euro, ndr) li ho contati - spiega Fabietti a Perni - cento volte».
Insomma, il vice di Piscitelli sostiene di aver saldato tutto. Ma la conversazione prosegue. E Fabietti fa riferimento ad altri notevoli acquisti di stupefacente: «Nel prosieguo della discussione, emergevano ulteriori cifre di denaro che, a suo dire, il Fabietti aveva già liquidato al Fittirillo nel corso del loro durevole rapporto lavorativo», scrivono i militari del Gico. «Io - sottolinea Fabietti al suo interlocutore - gli ho dato un milione e otto».
IL PERSONAGGIO
Infine l'informativa si concentra su Robertino, un criminale che pareva essersi eclissato negli ultimi anni. Invece, dalle indagini è emerso che non avrebbe «mai rescisso le proprie radici». Secondo gli investigatori, Fittirillo sarebbe «tuttora attivo nel traffico di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti, mantenendo la propria base operativa nella zona del Tufello, suo quartiere di origine».
LA BANDA DI DIABOLIK VOLEVA CONQUISTARE IL MERCATO
Ilaria Sacchettoni per Corriere della Sera – Roma
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«La Prada è proprio buona... è mondiale questa cosa», dice Fabrizio Fabietti al telefono. Prada. Vuitton. Rolex. Ferrari. Diamante. Pare una chiacchiera sull' effimero, invece è l' elencazione della merce stoccata. Hashish e coca, commercializzate dai soci di Fabrizio Piscitelli «Diabolik», hanno nomi rubati ai brand extralusso.
Nella continua ricerca di un prodotto qualitativamente superiore che fidelizzi il cliente, i narcotrafficanti del «Grande raccordo criminale» s' imbattono in panetti «griffati» che convivono con altri dai nomi meno immaginifici, come «Gulliver» o «Thl». Ma la sorpresa viene da una partita sconosciuta, con un logo verde, che si rivela eccellente: «Se prendi questa - conclude Fabietti - vendiamo solo noi a Roma».
Viceversa, la coca di marca «Scorpione» risulterebbe intollerabile all' olfatto. Mentre un' altra, senza nome, sarebbe «caramellata, appiccicosa», dal «saporaccio». A riprova che non è facile selezionare un buon prodotto, anche per gli esperti soci del «Diablo».
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Solide relazioni criminali e raffinato know how tecnologico sono gli ingredienti primari dell' associazione criminale capeggiata da «Diabolik», Fabietti e Alessandro Telich. E se le competenze informatiche sono appannaggio esclusivo di «Tavoletta» (soprannome di Telich), le relazioni criminali sono invece diffuse all' interno dell' associazione, patrimonio dei più anziani. Come Mauro Ridolfi, che gli uomini del Gico della polizia economico-finanziaria della Finanza pedinano durante un appuntamento con due personaggi vicini a Brian Leonardo Cespedes, contiguo al clan degli Spada.
Nel 2009 Cespedes «è stato tratto in arresto, in flagranza di reato, unitamente a Ottavio Spada per i delitti di rapina e porto d' armi clandestine».
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Per rifornirsi di stupefacenti Fabietti si rivolge «anche simultaneamente a diversi soggetti di elevato spessore criminale, presenti sulla piazza romana, con i quali ha intessuto stabili accordi di fornitura». Tra questi spicca il nome di Roberto Fittirillo, già componente della banda della Magliana «accusato di concorso in diversi omicidi e di traffico di stupefacenti», con base nel suo quartiere, il Tufello.
Allo stesso modo, sempre Fabietti si affida ai calabresi Leopoldo ed Emanuele Cosentino. Quest' ultimo in particolare «viene considerato affiliato alla cosca Gallico di Palmi, considerata una delle strutture criminali più potenti e temibili della 'ndrangheta calabrese operante nel mandamento tirrenico della provincia di Reggio Calabria».
Per il trasporto della sostanza ci si affida ad auto modificate, come la Peugeot sequestrata dagli investigatori un anno fa, con targa della Germania e un doppiofondo ricavato all' interno del telaio e «sigillato da schiuma poliuretanica», utile per fuorviare eventuali unità cinofile.
Dopo gli arresti di giovedì scorso, ieri, è stata la volta degli interrogatori di garanzia: tutti e cinquanta gli arrestati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere davanti al giudice per le indagini preliminari, riservandosi di presentare un ricorso al tribunale del Riesame.
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