FLASH! - FERMI TUTTI: NON E' VERO CHE LA MELONA NON CONTA NIENTE AL PUNTO DI ESSERE RELEGATA…
1. "A RISCHIO LE CENTRALI NUCLEARI" IL GIALLO CHE SPAVENTA IL BELGIO
Carlo Bonini per ''la Repubblica''
Da martedì mattina, quando il Belgio si è svegliato nel sangue, scoprendosi fragile nella difesa delle proprie infrastrutture vitali e "fallito" nella Babele delle sue istituzioni di governo e dei suoi apparati di sicurezza, c' è un nuovo carburante della paura. Il nucleare.
Il Belgio si chiede e al Belgio viene chiesto quale grado di sicurezza e impermeabilità ai piani di attacco dell' Is o alla sottrazione di materiale nucleare abbiano le sue due centrali di Doel e Tihange e i loro complessivi sette reattori, che assicurano il 50% del fabbisogno di energia elettrica del paese e la cui compromissione in un ipotetico attentato precipiterebbe l' Europa intera in una catastrofe continentale.
Una questione a tal punto sensibile che, per due giorni, la morte violenta di un addetto alla sicurezza dello stabilimento di produzione di elementi radioattivi per uso medico di Charleroi (trovato cadavere la sera di giovedì scorso nel bagno della sua abitazione) e l' apparente scomparsa del suo badge hanno tenuto le prime pagine dei notiziari belgi e fatto ballare la Procura di Charleroi, almeno fino a quando, ieri mattina, non è stata in grado di smentire il movente terroristico dell' omicidio.
la guardia della centrale nucleare di bruxelles dider prospero
Del resto, al netto dell' emotività di questi giorni, c' è una catena non rassicurante di circostanze che spiega il motivo per cui quella parola - nucleare - non faccia dormire sonni tranquilli né al Belgio, né alle Intelligence dei Paesi confinanti. La Francia in primis.
Accade infatti che nel personal computer abbandonato in un cestino dei rifiuti da Ibrahim El Bakraoui, uno dei due kamikaze di Zaventem, vengano ritrovate mercoledì scorso parte delle immagini che erano state girate clandestinamente da una videocamera nascosta nelle siepi di fronte all' abitazione di un dirigente del programma nucleare belga.
Videocamera per altro recuperata nella perquisizione della casa in cui, il 26 novembre dello scorso anno, era stato arrestato Mohammed Bakkali, uno degli uomini della struttura logistica della cellula franco-belga responsabile delle stragi del 13 novembre e del 22 marzo. E accade dunque che la polizia belga si convinca che a girare clandestinamente quei video fossero stati, insieme a Bakkali, proprio i fratelli El Bakraoui, nella prospettiva di un sequestro di persona del dirigente per la cui liberazione ottenere ottenere materiale radioattivo. Oppure informazioni sul funzionamento e la protezione della centrale di Tihange.
L' incubo che il Terrore islamista possa mettere mano a materiale radioattivo (uranio arricchito, piuttosto che Cesio 137) per la costruzione di una bomba sporca, ovvero decidere di colpire direttamente una centrale nucleare è antica quanto il terrorismo.
Con o senza aggettivi. Ed è da sempre una delle ossessioni delle Intelligence statunitense, britannica, israeliana.
Per anni, si è attribuita quella ricerca ad Al Qaeda, quindi all' Iraq di Saddam, all' Iran di Ahmadinejad. Oggi all' Is. E, ciclicamente, a fugare i fantasmi sono state le rassicurazioni del mondo scientifico nel ricordare non solo la complessità di costruire ordigni di questo genere ma, soprattutto, di ottenere materiale radioattivo senza correre il rischio di rimanerne contaminati.
E' un fatto, tuttavia, che, proprio nelle ore immediatamente successive alle stragi di Zaventem e Maelbeek le due centrali di Doel e Thiange siano state precauzionalmente evacuate e ad almeno 11 degli addetti siano stati ritirati i badge di accesso. E' un fatto - come spiegano due diverse fonti qualificate dell' Intelligence francese e italiana - che le autorità belghe abbiano avvertito la necessità di «assicurare i paesi europei che i livelli di sicurezza delle centrali sono stati innalzati».
Non fosse altro perché, da quando è apparso nitido il profilo degli appartenenti alla filiera franco-belga e l' attenzione nei loro piani alle infrastrutture (è di ieri la notizia che, in una delle case utilizzate da Abaaoud in Grecia la scorsa estate erano state trovate le planimetrie dell' aeroporto di Zaventem), siano stati ritirati fuori dagli archivi almeno due precedenti. La partenza, nel 2012, di due operai della centrale di Doel alla volta della Siria, dove avrebbero combattuto nella stessa brigata di Abaaoud (ne sarebbe sopravvissuto uno solo, rilasciato nel 2014 da una prigione belga dopo un periodo di detenzione per reati connessi al terrorismo).
Nonché un "incidente", ancora nel 2014, e sempre nell' impianto di Doel, quando uno sconosciuto riuscì a entrare nel reattore numero 4 aprendo una valvola che rilasciò 65mila litri di olio utilizzati per lubrificarne le turbine. Nel Belgio di questi giorni, poco per concludere per una "minaccia nucleare" concreta e imminente. Abbastanza per non dormire tra due guanciali.
2. IL RISCHIO NUCLEARE - I SITI ATOMICI SOTTO CONTROLLO PERCHÉ POTREBBERO ESSERE OBIETTIVI SENSIBILI E IN ITALIA RESTA ANCORA IL PROBLEMA DELLE SCORIE
Stefano Agnoli per il ''Corriere della Sera''
Non si può escludere, data la ripercussione su stampa, televisioni e social network del Nord Europa, che nei mesi scorsi i fratelli El Bakraoui abbiano seguito le notizie sui malfunzionamenti delle centrali nucleari belghe di Doel e Tihange, i due impianti nelle Fiandre e a Liegi che sono da tempo fonte di preoccupazione anche per le vicine Olanda e Germania. Ricavandone, magari, qualche suggestione.
Che il sistema nucleare belga possa essere stato uno degli obiettivi della cellula jihadista è un' ipotesi circolata subito dopo gli attentati all' aereoporto e alla metropolitana di Bruxelles. Un' eventualità che ha fatto tornare attuale anche il timore che qualche cellula terrorista, più che a causare una nuova Fukushima con un colpo di mano militare, possa puntare a confezionare una «bomba sporca», ovvero un ordigno costituito da una carica esplosiva e da materiale radioattivo, come scorie o rifiuti ad alta intensità.
Oltre al danno provocato dall' esplosione, ci sarebbe anche quello di disperdere tutto intorno il materiale radioattivo e di contaminare le aree interessate, causandone l' evacuazione forzata e l' impossibilità di utilizzarle prima della necessaria (e lunga e difficile e incerta) decontaminazione.
Non servono altri dettagli per intuire quanto possa essere dirompente uno scenario del genere, ad esempio in una grande città.
Il punto fondamentale, in questo caso, è proprio la disponibilità di materiale radioattivo, la cui presenza in Europa è sufficientemente ampia da non consentire di sottovalutare il rischio. Fonti di radioattività che sono custodite non solo in centrali nucleari, ma anche in centri di ricerca, industrie o addirittura ospedali.
Anche in Italia, naturalmente, dove la maggior quantità di materiali sensibili è nelle mani della Sogin, la società pubblica del Tesoro che ha in carico l' uscita del Paese dal «vecchio» nucleare, quello abbandonato dopo il referendum del 1987. Quanto sono sicure le scorie italiane? Dopo la strage del Bataclan del 13 novembre scorso, sui siti Sogin come su molte altre infrastrutture nazionali sensibili il Viminale ha elevato il livello di attenzione a 2 (il livello 1, il più alto, riguarda attacchi in corso ).
FUKUSHIMA ESAMI MEDICI SU UNA BAMBINA
Le aree nucleari controllate, in particolare, sono otto: quelle delle quattro ex centrali di Caorso, Trino Vercellese, Garigliano e Latina e i quattro impianti del ciclo del combustibile nucleare ex Enea, ovvero Saluggia (Vercelli), Bosco Marengo (Alessandria), Casaccia (Roma) e Trisaia (Matera).
Una vigilanza, tuttavia, che anche oggi viene effettuata da istituti e guardie armate privati e non da forze di polizia, carabinieri o esercito. I siti hanno doppi recinti, telecamere lungo tutto il perimetro e sono oggetto di ronde periodiche.
Ma si tratta di precauzioni sufficienti anche con il salto di qualità del terrore internazionale?
Certo, la soluzione «vera» del pluriennale e gravoso problema dei rifiuti radioattivi italiani sarebbe quella di portare a termine i programmi di «condizionamento», ovvero di riduzione del loro volume e della sistemazione in matrici di cemento o di vetro, e di smantellamento definitivo delle vecchie centrali. Si parlava del 2010 e si arriverà a dopo il 2025. Senza contare, poi, che mentre la società è in attesa di un nuovo amministratore delegato dopo le dimissioni del precedente, l' iter per realizzare il Deposito nazionale delle scorie non è mai veramente partito.
MASAO YOSHIDA EX DIRETTORE FUKUSHIMA
La mappa dei siti potenzialmente idonei a ospitarlo doveva arrivare un anno fa. Ma ci sono state, e ci saranno, elezioni amministrative delicate, e quindi per motivi di opportunità politica la carta resta nei cassetti. Inerzia condita con irresponsabilità. Sembrerebbe un' altra storia da raccontare, ma purtroppo non lo è .
La centrale nucleare di Fukushima dopo lo tsunamiLa centrale nucleare di Fukushima dopo lo tsunamiFUKUSHIMA RADIAZIONI
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