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Ilario Lombardo per “la Stampa”
«Consigliamo alle donne incinte di non recarsi in Brasile». Con le Olimpiadi alle porte non avrà fatto piacere alle autorità del Paese sudamericano il consiglio degli esperti dei centri americano ed europeo per il controllo delle malattie che hanno segnalato la diffusione del virus Zika in nuove zone non tradizionalmente colpite. In Europa. E in Italia.
I CASI ITALIANI
Sono tre inglesi, due catalani e quattro italiani, tutti rientrati da viaggi in Sudamerica e ai Caraibi. Gli italiani sono turisti di ritorno dal Brasile. O meglio erano, visto che i loro casi sono stati trattati dieci mesi fa, in primavera. «Tre sono stati curati da noi, uno a Firenze. Sono guariti, stanno bene» spiega Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell' Istituto nazionale per le malattie infettive Spallanzani di Roma. Il primo, con sintomi febbrili, è arrivato a fine aprile: «Il nostro ambulatorio ha subito inserito lo Zika nella valutazione delle donne in gravidanza che erano state in Brasile» continua Ippolito.
Sono state analizzate donne rimaste incinte durante o dopo il viaggio in quelle zone. «Nessuna è stata trovata positiva». La concentrazione maggiore di infettati in Brasile è a Nord-est, dove è in corso un'epidemia e c' è stato un significativo aumento di microcefalie e malformazioni dei neonati, che sembrano legate alla repentina diffusione del virus. Lo Zika colpirebbe direttamente il feto, anche se non è stata ancora dimostrata la correlazione e non è dato sapere a quale fase dello sviluppo agisca.
A oggi le autorità brasiliane hanno calcolato quasi 4 mila casi di microcefalia fetale. Altre malattie neurologiche, come neuropatie o la sindrome di Guillan-Barré (paralisi progressiva degli arti, che può arrivare alla paralisi totale), sono state documentate su pazienti colpiti dal virus anche nella Polinesia francese. Brasile e Colombia consigliano di rinviare le gravidanze a dopo il 2016. El Salvador almeno fino al 2018.
TRA AFRICA E ASIA
Il virus Zika è una vecchia conoscenza. Veicolato dalle zanzare Aedes (stessa famiglia della tigre) fu identificato per la prima volta in Uganda nel 1947, e fino a poco tempo fa si era diffuso principalmente in Africa e Asia. Negli Anni 60 e 70 è stato individuato in alcune scimmie in Nigeria ma dopo un'epidemia in Micronesia nel 2007 potrebbe essere arrivato in Sudamerica fra il 2014 e il 2015.
Adesso, secondo l'Oms, i Paesi a rischio in tutto il mondo sono 22. L'allarme è stato rilanciato dalla rivista statunitense "The Lancet" che lo considera come una probabile emergenza sanitaria globale per il 2016. Va detto subito, che dopo Ebola, la morte e il panico che ha scatenato in tutto il mondo, siamo di fronte a un virus molto meno potente.
I medici sono prudenti. ll virus è correlato alla dengue, alla febbre del Nilo occidentale: «Come altri inizia con una sindrome simil-influenzale - dice Ippolito - Sintomi banali, febbre, eruzioni cutanee, mal di ossa, congiuntivite fino all' arrossamento degli occhi. Zika non è così pericoloso, anche se nei Paesi colpiti c' è stata un' enorme velocità di diffusione. Questo vuole dire che potrebbe portare a tanti casi poco gravi, il che equivale a pochi casi molto gravi».
Non ce ne sarebbero altri in Italia, oltre i quattro conosciuti, ma è anche vero che secondo gli esperti un quarto delle persone infettate non sviluppa sintomatologia. Quando invece compaiono, tra i 3 e i 12 giorni dopo la puntura della zanzara, i sintomi possono durare da 2 a 7 giorni.
Ovviamente la trasmissione può avvenire anche attraverso trasfusione di sangue, e dalla madre al figlio attraverso la placenta, mentre secondo le autorità sanitarie britanniche Zika «non si contagia direttamente da uomo a uomo». Tra le centinaia di pazienti allo studio, racconta Ippolito, ci sarebbe però un caso «di verosimile trasmissione sessuale a Tahiti». Non c' è cura, né vaccino, bisogna solo evitare le punture: «Chi ha la febbre di ritorno da zone tropicali si faccia subito visitare, e le donne incinte o con una gravidanza all' orizzonte evitino i Paesi a rischio».
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