DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Valeria D' Autilia per "la Stampa"
«Non sto bene, mi hanno operato. Non riesco neanche a parlare di quello che è successo».
In quel letto di ospedale, con un filo di voce, i ricordi sono nitidi. E fanno più male delle ferite. Il buio, l' auto che li insegue, i colpi di fucile. È così che si consuma, in pochissimo tempo, l' aggressione a tre migranti nelle campagne del Foggiano. Boubakar ha la peggio, le sue condizioni sono gravi. Ora è ricoverato. I familiari, lasciati in Mali, non sanno ancora nulla. Prima di avvisare, deve recuperare le forze. Per fare forza anche a loro.
Doveva essere una notte tranquilla, di ritorno al ghetto di Rignano, dopo una serata trascorsa con gli amici nell' insediamento di Borgo Mezzanone. È il mese sacro del Ramadan e si digiuna sino al tramonto. Si esce tardi, nonostante la fatica nei campi. In macchina ci sono altri due ragazzi, braccianti come lui. «Ci hanno sparato, pensavo di morire» ricostruisce uno di loro, mentre continua a chiedersi il momento in cui è diventato un bersaglio. E perché. «Non so come abbiamo fatto a tornare al ghetto. Ricordo solo che correvo, cadevo, mi rialzavo».
Stanno percorrendo la statale, sono quasi nei pressi di Torretta Antonacci, li affianca un fuoristrada. Ha i fari spenti. Partono dei colpi di fucile a pallettoni, di quelli usati per la caccia. Il vetro del finestrino va in frantumi. Due dei ragazzi rimangono feriti. Uno è Boubakar, ha 30 anni. E poi ci sono Abdoulaye, suo coetaneo, e Mamadou, di 26. La loro auto finisce fuori strada, fuggono a piedi nelle campagne: «Mentre correvamo, continuavamo a sentire gli spari. Non so perché ci hanno colpito, ho avuto tanta paura». Non hanno il tempo di voltarsi per vedere chi fossero, dovevano solo cercare aiuto il prima possibile. Riescono a raggiungere il ghetto, in questo periodo gli occupanti non superano il migliaio.
Incendi, risse, accoltellamenti, braccia nelle mani dei caporali. La chiamano «Rignano vecchia» ed è un susseguirsi di baracche e roulotte. Poco più avanti la «Rignano nuova» dove sono arrivati i container e anche l' illuminazione.
Niente corrente elettrica, solo generatori.
La notte prima dell' agguato, una banda di quattro persone aveva tentato di rubare il gasolio che li alimenta, minacciando con una pistola i migranti presenti. Uno dei ladri era stato bloccato da alcuni occupanti e arrestato. La locale Flai Cgil teme che quanto accaduto nelle ultime ore sia una ritorsione in queste terre soffocate dalla criminalità. «Con quell' episodio non c' entravano nulla e quest' aggressione a mano armata è gravissima» denuncia il segretario Daniele Iacovelli. Il messaggio è allo Stato: «Per quanto questi centri possano ricevere un sostegno come l' acqua o l' energia elettrica, non sono degni di un paese civile. Questa non è accoglienza, non è integrazione, non è nulla. Solo un poco di carità. Lo diciamo da sempre, ma non ci ascolta nessuno. Aver lasciato Rignano in autogestione è un errore».
Adesso molti ragazzi sono preoccupati, sono gli amici delle vittime di questa violenza inspiegabile. Vogliono rivedere Boubakar, con quella sua stazza imponente che gli è valsa il soprannome di «Biggie». È arrivato in Puglia 6 anni fa. Dal 2019 lavora in un' azienda attenta all' etica. L' anno scorso aveva avuto problemi con il permesso e il sindacato aveva chiesto una sanatoria. «Una persona molto capace e buonissima», dice chi lo conosce bene.
Intanto la Lega Braccianti si prepara alla manifestazione di Roma, il 18 maggio: «Porteremo la nostra miseria, la rabbia e la voglia di riscatto» promette il sindacalista Aboubakar Soumahoro. Dopo l' accaduto, la prefettura di Foggia intensifica i controlli e annuncia un tavolo tecnico per la sicurezza nell' area, i carabinieri sono al lavoro per individuare responsabili e movente. Ritorsione o aggressione a sfondo razziale non convincono del tutto.
aboubakar soumahoro con la moglie
«Hanno cercato di ammazzarli», raccontano gli amici. E il pensiero va alla morte di Daniel Nyarko, ucciso due anni fa a colpi di pistola mentre era in bicicletta a pochi chilometri da Borgo Mezzanone. Sempre nel 2019, la sassaiola contro un gruppo di migranti diretti nei campi della Capitanata.
Nei braccianti sale la consapevolezza che quella vita da invisibili è dramma umanitario, ma anche rischio sociale. «Abbiamo paura» dicono a chi prova ancora ad ascoltarli.
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