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NETANYAHU SA CHE I VERI NEMICI A GAZA SONO I GIORNALISTI - L’IDF HA MESSO A TACERE PER SEMPRE LA VOCE DI ANAS AL SHARIF, REPORTER 28ENNE DI AL JAZEERA, DA QUASI DUE MILIONI DI FOLLOWER, CHE OGNI GIORNO RACCONTAVA LA DISTRUZIONE DI GAZA E LA FAME DEL SUO POPOLO: ISRAELE SOSTIENE CHE L’UOMO, UCCISO CON ALTRI CINQUE COLLEGHI, FOSSE A CAPO DI UNA CELLULA DI HAMAS, MA LE PROVE FANNO ACQUA DA TUTTE LE PARTI - ANAS SAPEVA DI ESSERE FINITO NEL MIRINO DELL’IDF E AVEVA LASCIATO UNA LETTERA TESTAMENTO: “NON HO MAI ESITATO A TRASMETTERE LA VERITÀ COSÌ COM'È. VI AFFIDO LA PALESTINA, I SUOI BAMBINI INNOCENTI E OPPRESSI CHE NON HANNO MAI AVUTO IL TEMPO DI SOGNARE O DI VIVERE IN PACE…” - VIDEO

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1. I REPORTAGE E I «SOSPETTI» STORIA DI ANAS CHE DICEVA: MI COLPIRANNO

Estratto dell'articolo di Greta Privitera per il “Corriere della Sera”

 

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Il corteo funebre per i giornalisti uccisi davanti all’Al Shifa Hospital è un fiume di uomini arrabbiati che scorre veloce tra detriti e case malandate. I colleghi, gli amici e i fratelli sorreggono le lettighe con i corpi avvolti nella bandiera palestinese, sulla quale sono adagiati i giubbotti antiproiettile, con la scritta «Press».

 

Tutt’intorno, il cordone dei bambini che saltellano svelti per stare al passo dei grandi. La morte di Anas al Sharif e dei cinque reporter è un altro duro colpo per Gaza. Alle 23.22 di domenica, l’esercito israeliano ha bombardato in un raid mirato la tenda-redazione dove si trovava il famoso corrispondente di Al Jazeera, da quasi due milioni di follower.

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Con lui c’erano anche un altro cronista della tv qatarina, Mohammed Qreiqeh, i cameramen Ibrahim Zaher, Mohammed Noufal, Moamen Aliwa e il fotoreporter Mohammed Al-Khaldi. Per la prima volta, l’Idf ha rivendicato immediatamente il raid, spiegando che Al Sharif sarebbe stato a capo di una cellula di Hamas e avrebbe pianificato attacchi missilistici.

 

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Il portavoce dei militari dice che ci sarebbero documenti che mostrano il collegamento del giornalista con l’organizzazione terroristica. «Elenchi del personale, liste di corsi di addestramento, rubriche telefoniche e pagamenti» di cui mostra alcuni screenshot senza renderli pubblici integralmente. Al Jazeera smentisce tutto e accusa il governo israeliano.

 

Parliamo con il capo dei corrispondenti a Gaza, Hani Mahmoud. «Dove sono le prove?

Anche gli altri 230 giornalisti uccisi, per Netanyahu, erano affiliati ad Hamas», commenta. «Se dici che Anas è un capo militare devi fornire prove schiaccianti. Vogliono chiudere gli unici occhi rimasti nella Striscia. Anas ne aveva di speciali, era tra i pochi a raccontare il nord devastato».

 

Anas al Sharif CON YAHYA SINWAR

Il portavoce dell’esercito condivide anche alcuni selfie di Al Sharif insieme ai leader di Hamas e dei presunti messaggi del giornalista che festeggia il 7 ottobre.

Immagini che vengono ripostate centinaia di volte dai sostenitori di Netanyahu. «Una foto vicino a quello che a Gaza è stato un leader politico non è un attestato di affiliazione. E poi: sono foto vere?», commenta Safwat Kahlout, collega di Al Jazeera , prima a Gaza e da un anno in Italia.

 

[…] i social sono sommersi anche dalle corrispondenze di Al Sharif che nelle ultime settimane documentava la fame della popolazione, dai video dei suoi figli di 15 mesi e quattro anni che gli corrono incontro e da quelli in cui, stremato, piange mente racconta la sofferenza di Gaza.

Il 31 luglio, Irene Khan, relatrice speciale dell’Onu sulla libertà di espressione, aveva denunciato «gli attacchi online e le accuse infondate dell’esercito che mettono a rischio la vita del giornalista».

[…]

 

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2. “MI HANNO MESSO A TACERE” IL TESTAMENTO DEL REPORTER CHE L’IDF CHIAMA TERRORISTA

Estratto dell’articolo di Gabriella Colarusso per “la Repubblica”

 

Sapeva di essere nel mirino, Anas al Sharif, e il 6 agosto aveva consegnato ai colleghi di Al Jazeera il suo testamento.

«Se queste parole vi giungono, sappiate che Israele è riuscito a uccidermi e a mettere a tacere la mia voce», scriveva. «Ho vissuto il dolore in ogni suo dettaglio, ho assaporato la sofferenza e la perdita molte volte, eppure non ho mai esitato a trasmettere la verità così com'è. Vi affido la Palestina, il battito cardiaco di ogni persona libera in questo mondo. Vi affido il suo popolo, i suoi bambini innocenti e oppressi che non hanno mai avuto il tempo di sognare o di vivere in sicurezza e pace».

 

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Anas al Sharif aveva 28 anni, era il volto e la voce dell'emittente qatarina da Gaza: non l'unico giornalista della rete, ma il più seguito, il più tenace. Per diversi mesi era rimasto tra i pochi reporter a raccontare la presa di Jabalia, il campo profughi nel nord della Striscia, e la morte in diretta di colleghi, familiari, amici di una vita. A gennaio, quando gli americani mediarono la tregua, l'immagine di lui che dava notizia del cessate il fuoco togliendosi finalmente l'emetto e il giubbotto anti-proiettile, in diretta, fece il giro del mondo arabo: era il segnale che Gaza avrebbe ricominciato a respirare, almeno per un po'.

 

Al Sharif riuscì a passare qualche giorno con i suoi figli per la festa dell'Eid: un video racconta il momento in cui, dopo mesi di guerra, rivede l'amata figlia, la piccola Sham, avvolta nel suo maglioncino rosa, la stringe, la bacia, non riesce a separarsene. Con loro c'è il fratellino, Salah, ha da poco imparato a camminare. Nella sua lettera testamento, il giornalista si rivolge anche a lui: «Desideravo accompagnarlo per tutta la vita finché non fosse diventato abbastanza forte da portare il mio fardello e continuare la missione».  […]

 

Anas al Sharif ringrazia Dio per i massacri del 7 ottobre 2023

È l'unico giornalista presente quando, il 30 gennaio, i miliziani di Hamas riportano alla luce, attraverso i vicoli e le macerie di Gaza, Agam Berger, 20 anni, una soldatessa rapita il 7 ottobre dalla base militare di Nahal Oz, nel sud di Israele. L'intelligence israeliana osserva: è un altro pezzo del dossier che l'esercito preparava da tempo su quello che definisce un «terrorista a capo di una cellula di Hamas che aveva lanciato attacchi missilistici contro civili israeliani e truppe».

[…]

Repubblica non ha potuto verificare in maniera indipendente l'autenticità del materiale.

 

[…] Hamas, che è un gruppo armato con una visione autoritaria dello stato, governa la Striscia di Gaza da quasi vent'anni, dal 2006. Nelle democrazie come nelle autocrazie, il lavoro dei giornalisti non può prescindere anche dall'interazione con le autorità locali.

 

Le accuse contro al Sharif di affiliazione ad Hamas non sono nuove, erano già state mosse dall'esercito israeliano e respinte pubblicamente dal giornalista e dalla sua emittente. Il comitato per la protezione internazionale dei giornalisti aveva denunciato nelle scorse settimane una campagna «diffamatoria» contro il reporter che si temeva potesse concludersi con il suo assassinio.

 

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Al Sharif era seguito da centinaia di migliaia di persone, alcune sue corrispondenze avevano raggiunto picchi di milioni di spettatori. Nelle ultime settimane, aveva raccontato la crisi della fame a Gaza, annunciando alla sua emittente di non aver più lui stesso le forze per continuare a lavorare.

 

Dall'ottobre 2023, 238 giornalisti palestinesi di Gaza sono stati uccisi da Israele, in bombardamenti e raid. Ma quello di Anas al Sharif è il primo assassinio mirato rivendicato dalle autorità israeliane, che dall'inizio della guerra impediscono ai giornalisti internazionali di entrare nella Striscia, l'unico conflitto moderno in cui le istituzioni di uno stato democratico hanno imposto un blackout totale ai media stranieri.

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Anas al Sharif nelle liste degli operativi di hamas secondo israele. anas al sharif 4

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