DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Marino Niola per “la Repubblica”
Il sindaco si traveste da Batman. E la maschera superpop copre quella istituzionale. Il risultato è un cortocircuito tra la persona e i ruoli. Sabato scorso il primo cittadino di Venezia, Luigi Brugnaro, ha dato avvio al carnevale 2018 mascherandosi da uomo pipistrello.
La trovata ha suscitato reazioni vivaci e critiche feroci. Forse perché incarna, seppur non del tutto consapevolmente, l’antico spirito carnevalesco. Quello più trasgressivo. Fusionale e confusionale. Che a Venezia vanta una lunghissima durata storica. Più antica della stessa festa in cui ogni scherzo vale.
In realtà i cittadini della Serenissima a partire dal Medioevo hanno fatto della maschera la loro seconda pelle. Mettersi la bautta o la moretta era molto più che una moda. Era un vero e proprio modo di vivere. Un gioco sociale profondamente serio che aveva importanti ricadute di ordine pubblico, politico ed etico.
Tali da costringere il Maggior Consiglio della Serenissima a regolamentare in più occasioni l’uso dei mascheramenti per contenerne derive e abusi, che avevano reso la vita in città estremamente pericolosa. Raggiri e agguati con il favore dell’anonimato crescevano esponenzialmente. E la Chiesa si vide addirittura costretta a vietare al clero di dir messa col volto coperto. Un particolare che basta da solo a far comprendere a quali eccessi si fosse arrivati.
Al punto da rendere necessarie leggi che proibivano di portare una maschera sull’altra. O agli uomini di entrare nei monasteri travestiti da donne.
La prima legge in materia risale addirittura alla metà del Duecento, fu emanato un editto contro i cosiddetti mattaccini, uomini che sotto le mentite spoglie di giullari, molestavano le donne. Che, a loro volta, quando andavano a teatro, soprattutto se sposate, erano tenute a indossare la maschera. Come una sorta di velo. Insomma la funzione del mascheramento non era solo festiva, ma sociale, sia di ceto che di genere.
Un rafforzativo dell’identità o al contrario un suo prudenziale occultamento. Jean-Jacques Rousseau, che fu segretario dell’ambasciata francese a Venezia, quando era in missione diplomatica si presentava sempre col viso celato.
«Entro - racconta nelle Confessioni - mi faccio annunciare sotto il nome di “una siora maschera”. Non appena introdotto, tolgo la maschera e mi presento». Insomma dietro la ridanciana superficialità delle nostre mascherine da Batman resta l’ombra incancellabile dell’altro che si nasconde in ciascuno di noi. E che qualche volta riaffiora a sorpresa nei panni di un sindaco.
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