marina massironi

“NON MI SONO MAI PENTITA DI AVER LASCIATO ALDO, GIOVANNI E GIACOMO” – MARINA MASSIRONI SI RACCONTA DOPO L’ADDIO AL TRIO: “È STATA UNA SEPARAZIONE CONSENSUALE COSÌ COME LO ERA STATA QUELLA DAL MARITO GIACOMO, CON IL QUALE SIAMO SEMPRE RIMASTI IN OTTIMI RAPPORTI. L’ESORDIO? È STATO DURO E FRASTAGLIATO. CON GIACOMO CI ESIBIVAMO IN PIZZERIE E PERSINO NEI SUPERMERCATI. OGGI MI PESA STARE TANTO TEMPO LONTANO DA CASA. L’UNICA COSA CHE ALLEGGERISCE IL SENSO DI RESPONSABILITÀ, È NON AVERE FIGLI…”

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Estratto dell'articolo di Emilia Costantini per www.corriere.it

 

marina massironi 3

Ha iniziato la carriera alla fermata dell’autobus. «Ebbene sì! — ride l’attrice Marina Massironi —. Quando uscivo dal liceo con le compagne di scuola, mi divertivo a farle ridere, ma lo facevo anche in classe, durante gli intervalli tra una lezione e l’altra: mi piaceva fare la buffoncella, ci riuscivo molto bene...

 

E non mi limitavo a questo. Erano gli anni delle radio libere e un tappezziere, che lavorava a San Vittore Olona, un paesino vicino a Legnano, la “metropoli” dove sono nata e dove vivevo, aveva aperto un’emittente privata. Andavo lì quasi tutti i giorni e davo sfogo alle mie bizzarre invenzioni di comici personaggi: era una radio piccolissima e credo che i probabili ascoltatori mi sentissero nel raggio di un solo chilometro quadrato, ma sentivo dentro di me che, se mi mettevo una maschera, potevo essere accettata, scoprivo la mia capacità comunicativa».

marina massironi 2

 

[…] L’inizio vero e proprio della professione?

«È stato duro e frastagliato. Mi ero diplomata al liceo linguistico e, per mantenermi e continuare gli studi, ero stata assunta da una ditta che produceva tomaie per le calzature dove, conoscendo un po’ di lingue straniere, dovevo gestire i clienti esteri. Di giorno lavoravo in ufficio, la sera frequentavo la scuola di recitazione. Un andirivieni durato solo un anno perché, quando mi è stato proposto il primo contratto da attrice, nonostante lo stipendiuccio irrisorio, mi sono subito licenziata dal posto fisso... fu grande la preoccupazione dei miei genitori, papà Terenzio faceva l’operaio, mamma Angela casalinga e si sono straniti».

 

L’incontro con Giacomo Poretti, suo primo marito?

«È avvenuto nella scuola di Busto Arsizio e con lui abbiamo fatto tanti provini per vari spettacoli, ma non venivamo mai scritturati. Ricordo un provino anche al Piccolo di Milano: siamo stati buttati sul palco per recitare non rammento cosa, davanti a una platea vuota. Si vedeva solo una lucetta in fondo alla sala, non un volto umano, poi una voce sconosciuta, al termine della nostra performance, ci liquidò dicendo: grazie, vi faremo sapere... e non ne abbiamo saputo più nulla».

marina massironi e aldo giovanni e giacomo 3

 

Però non vi siete arresi...

«Assolutamente no! Ci siamo inventati di tutto, abbiamo creato il duo Hansel&Strudel, esibendoci nei cabaret, nei piano bar, nelle pizzerie, nelle discoteche... Facevamo spettacoli per bambini negli asili e, dopo la messinscena, venivamo invitati a pranzo insieme ai piccoli scolari: ci sedevamo su sedie piccolissime, davanti a tavolini bassissimi, davvero divertente. E non solo: ci esibivamo persino nei supermercati».

[…]  Poi sono iniziate le serate con Aldo e Giovanni».

 

Era nato il Trio?

marina massironi 1

«In pratica sì, ma il Trio, nato per amicizia, era costituito da tre maschi e solo in un secondo momento abbiamo deciso il mio definitivo coinvolgimento, entrando nel cast fisso. Inizialmente ero quella che, nel Trio, andava e veniva... parallelamente ero impegnata anche in altri progetti: con loro mi dedicavo alla comicità, poi andavo a recitare La peste di Camus. Una vera e propria schizofrenia, usando corde farsesche, drammatiche, politiche, grottesche... ».

 

Si è mai pentita di aver, in seguito, lasciato definitivamente il Trio?

«No, anche perché è stata una separazione consensuale, così come lo era stata quella dal marito Giacomo, con il quale siamo sempre rimasti in ottimi rapporti. Dopo aver interpretato, anche al cinema, la moglie o la fidanzata di Aldo, poi di Giovanni e di Giacomo, ho finito il giro e ho imboccato un altro percorso, con altri film e altri registi. Però la cosa curiosa — aggiunge — è che, a furia di lavorare con loro tre, la gente mi fermava per strada, chiedendomi se ero la moglie di Aldo, Giovanni e Giacomo! Dovevo spiegare che non ero trigama».

marina massironi e aldo giovanni e giacomo 1

 

Come le venne in mente di fare la presentatrice nella gag dei Bulgari, con l’occhio che si apriva e si chiudeva?

«Quelle serate erano un’improvvisazione continua. Loro facevano i folli numeri circensi da improbabili prestigiatori dell’Est. Io dovevo trovare un ruolo che ribaltava la figura della classica presentatrice spigliata, sorridente, accattivante... Allora mi sono ispirata a un mio problemino personale».

marina massironi

 

Quale?

«Quando mi trucco un occhio, l’altro lo chiudo completamente e il mio fidanzato dell’epoca mi disse: perché non fai la presentatrice con l’occhio che si apre e si chiude? Il difetto si è trasformato in una comica virtù, diventando un tormentone...».

 

Incidenti curiosi quando facevate teatro?

«Innumerevoli. Una volta, durante le repliche di uno spettacolo, Aldo si fa male con un chiodo in camerino e gli viene fasciata una mano. Ma quando torna a casa, il suo cane gli morde l’altra mano... e nei giorni seguenti dovette recitare con entrambe le mani fasciate! Mentre Giacomo una sera, dietro le quinte, si scontra con Aldo e si è rotto il naso...».

 

[…] Questo lavoro comincia a pesarle?

marina massironi e aldo giovanni e giacomo 2

«Mi pesa stare tanto tempo lontano da casa, più vado avanti nell’età e più mi dispiace essere sempre in giro per le tournée. Oltretutto, da circa 16 anni, con mio marito (Paolo Cananzi, ndr) abbiamo deciso di vivere in campagna, in un piccolo paesino che nessuno conosce, Poggio Torriana, in provincia di Rimini, che non è tanto facile da raggiungere con i mezzi pubblici: non esiste un treno diretto e devo organizzarmi soltanto con la macchina. L’unica cosa che alleggerisce il senso di responsabilità, è non avere figli, di conseguenza faccio meno danni, mi sento meno colpevole per le mie assenze». […]

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