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Matteo Mion per "Libero Quotidiano"
È tristemente iniziata l'era delle corna digitali per penna dei nostri giudici. Non è più necessaria la consumazione dell'incombente fisico per configurare il tradimento: basta un clic, e non sulle zone erogene, ma sullo smartphone. Roba da far impallidire Casanova, Don Giovanni e ogni romantico vagito di amor cortese. In questi giorni prima la Cassazione (3879/21) e il tribunale di Reggio Calabria (6/21) poi hanno addebitato la separazione al coniuge che smanettava eccessivamente sul mouse.
Le due decisioni hanno un punto comune fondamentale: l'assenza della prova di un rapporto extraconiugale e di un'altra relazione fisica. I magistrati calabresi hanno ritenuto sufficiente per la condanna l'indicazione dello stato di «single» e del «mi piacciono le donne» sul profilo Facebook da parte del marito, perché «seppure non costituisce prova dell'esistenza di un rapporto extraconiugale è sicuramente indice di un comportamento lesivo della dignità e del decoro del proprio partner».
Non è dato sapere se il tribunale civile abbia trasmesso gli atti alla Procura per perseguire il gravissimo reato contro la pubblica decenza relativamente al «mi piacciono le donne» che di questi tempi sessualmente incerti è affermazione inequivocabilmente sessista che potrebbe sottendere intenti stalkeristici. Mentre l'80% dei crimini rimane impunito con punte per i furti che vengono sanzionati solo nel 3-5% dei casi, sotto le mutande, pardon sotto il computer non passa nulla e l'intransigenza degli ermellini è massima.
La Supreme Corte, infatti, ha addebitato la separazione con relativa condanna al mantenimento per un migliaio di euro mensili a un pensionato, reo dell'illecittissima condotta di essersi iscritto a un sito d'incontri. La prova di cotanto scempio nuziale? Le ricevute di pagamento del sito. Anche in questo caso di corna manco l'ombra, ma solamente un clic o anche la mera volontà di distrarsi senza mettere a repentaglio il matrimonio. Prove di tradimento? Zero. E non nascondiamo la nostra tenera comprensione per questi ingenui signori condannati senza nemmeno una scappatella col morto, ma solo per il presunto pensiero fedifrago.
Non oso immaginare l'esemplare scure giudiziaria se i giudici avessero raggiunto non dico la prova, perché pare eccessivo, ma la mera supposizione dell'aggravante della masturbazione del porco soggetto dopo aver messo un like su un seno Non elogio certo chi preferisce un sito alla moglie perché meriterebbe un trattamento sanitario obbligatorio più che una condanna pecuniaria. Ciò detto, anche le decisioni surreali dei nostri magistrati non sono esenti da squilibrio: com' è possibile ritenere violato l'obbligo di fedeltà per un clic su Facebook senza nemmeno la dimostrazione in giudizio con documenti o testimonianze di una scopata di straforo?
Secondo questo talebano indirizzo giurisprudenziale sopra la mascherina porteremo tutti il burka. Mi sono sempre divertito da piccolo a vedere papà che cercava di nascosto in tv un seno clandestino, ma da 50 anni profonde e ferve amore per mamma. Suvvia Innamorati tutti, non confondiamo le valutazioni di opportunità sulla tenuta di una coppia con la prova giudiziale di un tradimento e le relative conseguenze economiche che possono mettere in ginocchio la vita delle persone, altrimenti tanto vale celebrare i processi al bar con una birra e senza la toga. Anche le corna sono cosa seria e quelle reali spesso sanciscono la fine di una storia. Non è un reato, ma biologia. Le scaramucce fedifraghe su Fb, Instagram etc giuridicamente non valgono nulla, ma significano solo che fuori dalla porta c'è qualcuno migliore per te www.matteomion.com riproduzione riservata.
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