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Michele Sasso per “l’Espresso” in edicola domani
Il presidente dei vescovi italiani, Angelo Bagnasco, nel benedire il Family day contro la legge per le unioni civili è stato lapidario: «Mi sembra una grande distrazione del Parlamento rispetto ai veri problemi dell’Italia». Problemi poco etici e molto venali però si riscontrano anche nelle 227 diocesi italiane dove si nasconde un patrimonio di società private, quote azionarie, partecipazioni bancarie e imperi sanitari. Un mosaico di ricchezza così vasto solo parzialmente censito e gestito in maniera totalmente opaca, come racconta l'inchiesta de “l'Espresso” nel numero in edicola da venerdì 29 gennaio e già online per gli abbonati a Espresso+.
Monsignori a capo di società per azioni, holding a controllo ecclesiastico che continuano a crescere: la diocesi di Bologna ha conquistato il controllo totale del pacchetto azionario del colosso dell’automazione Faac (un miliardo e settecento milioni l’intero valore) ed è sponsor della squadra di serie A della città.
A Trento la «finanziaria del vescovo» ha 44 partecipazioni azionarie per 116 milioni di euro di valore, incluse quote di fondi internazionali che – nonostante l'opposizione della diocesi – hanno acquisito una catena di compro-oro, attività che la chiesa stessa ritiene sfrutti la disperazione dei ceti più deboli.
Gli scandali sono una via crucis quotidiana: a Padova il dominus assoluto di tutte le attività della Curia è il commercialista coinvolto nella retata del Mose. A Milano la Guardia di Finanza indaga sulla presunta truffa dei fondi Expo per il Duomo spariti senza lasciare traccia. In Sicilia, dietro i buchi nei conti diocesani di Mazara del Vallo e Trapani, si nascondono ville e fortune sottratte al patrimonio vescovile e una storiaccia di sesso, bugie e soldi. Molti fedeli cominciano a dire basta. E il sinodo diocesano di Bolzano ha chiesto la liquidazione di tutti i patrimoni.
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