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"PER NOI È UNA PRESA IN GIRO" - IL PADRE DI DESIRÉE PIOVANELLI, LA 14ENNE UCCISA NEL 2002 IN UNA CASCINA VICINO BRESCIA, COMMENTA L'IMMINENTE RILASCIO DI GIOVANNI ERRA, UNO DEGLI AGUZZINI DELLA RAGAZZA - IL 58ENNE AVREBBE DOVUTO SCONTARE 30 ANNI DI CARCERE MA DA OLTRE UN ANNO VIVE IN COMUNITÀ E NEL 2025 DOVREBBE SCATTARE LA LIBERTÀ (CON OLTRE 7 ANNI DI ANTICIPO) - GLI ALTRI ASSASSINI, ALL'EPOCA MINORENNI SONO STATI CONDANNATI A 18 E A 10 ANNI - IL SOSPETTO CHE DESIREE FOSSE FINITA IN UN GIRO DI PROSTITUZIONE MINORILE

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'SU MIA FIGLIA SI DEVE INDAGARE ANCORA: CI SONO ALTRI COLPEVOLI'-PARLA IL PAPA'DI DESIREE PIOVANELLI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Estratto dell'articolo di Mara Rodella per www.corriere.it

 

il papà di desiree piovanelli

Papà Maurizio non si è mai arreso […] continua a chiedere che sulla morte di sua figlia si indaghi ancora. Sono passati 22 anni.  Era il 28 settembre 2002 quando Desirée Piovanelli, 14 anni, fu uccisa in una cascina disabitata di Leno, nella Bassa bresciana, a pochi metri da casa. In via definitiva sono stati condannati tre minorenni e l’unico adulto del gruppo, Giovanni Erra, all’epoca 36enne: da oltre un anno è uscito dal carcere e vive in comunità (come prevede la legge). Nel 2025 (con oltre 7 anni di anticipo) dovrebbe scattare la libertà. […]

desiree piovanelli

 

IL PADRE MAURIZIO

Giovanni Erra di anni dovrebbe scontarne 30. «Per noi è proprio una presa in giro», diceva papà Maurizio, rispetto «a una pena che noi invece non smetteremo di scontare, l’ergastolo a vita è il nostro».

 

Ha sempre pensato «che la verità di per sé sia semplice. E che dietro la morte di mia

figlia ci sia dell’altro: ulteriori responsabilità, anche di persone potenti, che però nessuno vuole trovare fino in fondo. Penso sia stata vittima di un giro di prostituzione minorile che va ben oltre il tentato stupro, ma c’è troppa paura di parlare».

 

L'INCHIESTA «BIS»

Giovanni Erra

L’inchiesta «bis» sui presunti mandanti, però, è stata archiviata nell'agosto del 2021. Il gip ha lasciato aperto un piccolo spiraglio: ha disposto la conservazione in sequestro del profilo di Dna ignoto (maschile) rilevato nelle due tracce isolate sul giubbotto di Desirée.

 

«Una piccola speranza -per il padre - affinché un giorno si possa indagare ancora. Con i miei legali ci stiamo lavorando». Il giudice rigettò l’opposizione all’archiviazione dell’inchiesta «bis» sulla sua morte, chiesta dal pm, depositata dai legali della famiglia. Convinta che dietro all’omicidio ci siano presunti mandanti ancora impuniti. Non per la Procura, né per il giudice che non ha ravvisato elementi concreti a sostegno di questa ipotesi e tali da spingere a continuare con le indagini. […]

 

 Convocati in Procura nel 2019,  i «minori» hanno confermato tutti quanto avevano già dichiarato ai tempi. E per chi collaborò e confessò non c’è alcun quinto uomo e nessun giro di pedofilia. […] «Io con la morte di Desirée non c’entro nulla» ribadì anche Giovanni Erra, in Procura.

 

desiree piovanelli

L'AGGRESSIONE E L'OMICIDIO

Quel 28 settembre avrebbe dovuto essere un pomeriggio come tanti.  Quando la piccola Desirée Piovanelli fu uccisa frequentava la prima superiore al liceo scientifico di Manerbio. […] Uccisa a due passi da casa in una cascina diroccata di via Ermengarda da tre giovanissimi coetanei con la complicità di un adulto (per i minorenni condanne dai 18 ai 10 anni e 30 anni al maggiorenne).  Quel corpo che secondo gli inquirenti e le sentenze si era ribellato alle molestie ed era finito massacrato di coltellate fu ritrovato al primo piano del cascinale dopo giorni di ricerche, […]

 

lì sarebbe stata attirata con l’inganno: vedere e accudire una cucciolata di gattini appena nati. Lei adorava gli animali. Conosceva bene quel ragazzino che glielo propose, abitavano a pochi passi, e di lui giorno sul suo diario scrisse: «Da non frequentare. Attenzione». Fu il primo a crollare, confessare (di aver comprato il coltello e averlo usato per colpire Desy) e portare i carabinieri là dove avrebbero trovato il corpo di Desirée, il 2 ottobre.

 

LE INDAGINI

Giovanni Erra

Presto gli inquirenti risalirono ai complici: uno nega da sempre di essere stato presente al massacro, il più piccolo — che all’epoca aveva appena compiuto 14 anni — ammise tutto e chiamò in causa Giovanni Erra, «l’adulto del branco», il quale più volte, anche di recente, per voce dei suoi (nuovi) avvocati ha lanciato appelli affinché «chi sa come sono andate le cose parli», perché «non sono stato io a ucciderla» dice. […]

desiree maurizio piovanelli

 

Cercò di scappare, Desirée, con tutte le sue forze. I «turni» della violenza a cui sottoporla, emerse dalle testimonianze durante i processi, erano già stati stabiliti dai ragazzi. Ma lei si rifiutò, e uno di loro la accoltellò al torace: si divincolò e cercò di fuggire, addirittura lanciandosi da una finestra. Uno degli altri coetanei a quel punto l’avrebbe colpita alle spalle. L’avrebbero «ripresa», testuale, sulle scale […] e riportata di sopra, anche con il contributo dell’unico adulto della cui presenza gli inquirenti non hanno mai avuto dubbi. […]

 

L'APPELLO DI ERRA

Dal carcere e per voce dei suoi nuovi legali, nel febbraio 2019 Giovanni Erra era tornato a urlare la sua innocenza chiamando in causa un «testimone»: «Qualcuno sa chi è il vero e unico assassino. Io quel giorno ero a casa, non c’ero e non c’entro nulla». Al suo fianco gli avvocati Nicodemo Gentile e Antonio Cozza, che all'epoca stavano cercando di preparare un’istanza di revisione della sentenza, in cerca di una persone che «tempo prima» avrebbe detto proprio a Erra «di essere a conoscenza dell’artefice del delitto». Chi?

 

Giovanni Erra.

Le sue parole Erra le consegnò, nero su bianco, ai legali: «Qualcuno sa chi è il vero ed unico assassino. Mi rivolgo a te, Roberto (nessun cognome), trova il coraggio ed aiutami ad uscire da questo incubo. Ero a casa mia quel giorno mentre Desirée veniva uccisa, le intercettazioni ora lo confermano». Intercettazioni che proprio gli avvocati avevano chiesto di esaminare. Giovanni Erra si dice estraneo ai fatti. Ma fu proprio lui, a confessare ben due volte la sua presenza alla cascina Ermengarda: «C’ero ma non ho partecipato all’omicidio». Ad accusarlo furono i ragazzini. Ma lui davanti al gip ritrattò: «Quel giorno non c’ero». Di Roberto, nessuna traccia.