COME MAI ALLA DUCETTA È PARTITO L’EMBOLO CONTRO PRODI? PERCHÉ IL PROF HA MESSO IL DITONE NELLA…
Andrea Cuomo per “il Giornale”
Difficile scrivere qualcosa di nuovo sul panettone, un prodotto che in questi giorni che portano al Natale (lo avete notato, no, che sta arrivando il Natale?) gode di una tale sovraesposizione mediatica che se non fosse così maledettamente buono non vorremmo vederne nemmeno un candito.
Ma il fatto è che quell' affare a forma di cupola è per l' appunto maledettamente buono e quindi ci troviamo ogni anno a interrogarci su quale nuovo modo possa servire a raccontarlo, che non sia semplicemente l' elenco dei nostri preferiti, che comunque facciamo nell' articolo a fianco. Proviamoci, con sette parole chiave (dieci erano troppe). Le parole chiave funzionano sempre.
Destagionalizzazione. È l' unicorno della pasticceria italiana, l' idea che il panettone possa essere venduto e consumato tutto l' anno, visto che in fondo non ci sono ingredienti rigorosamente stagionali. Ma finora non si è andato oltre sporadici tentativi che non hanno intaccato la tradizione. Paradossalmente sono più avanti all' estero. Da Harrod' s vendono il panettone tutto l' anno, perché il made in Italy là non conosce flessioni.
Globale. Il panettone è l' unica tradizione gastronomica milanese ad avere avuto un successo globale. Troverete forse una cassoeula a Singapore o un ossobuco a Londra, ma siamo lontani dal fenomeno di costume che investe il dolce a cupola, il cui export si aggira sugli 80 milioni all' anno. In crescita.
Imitazione. Il panettone è un prodotto a rischio: piace, è prodotto con ingredienti reperibili facilmente, non è protetto da accordi internazionali che ne tutelino l' origine. Secondo Forbes il rischio di panettoni tarocchi o quanto meno non italiani potrebbe essere aggirato se le principali aziende esportatrici si aggregassero in un marketplace, creando un' unica piattaforma online per la promozione e la gestione delle vendite. E poi ci sono anche i tarocchi nazionali. Un paio di anni fa il celeberrimo panettone di Iginio Massari, nel frattempo terminato, veniva prodotto a Napoli come fosse un Rolex.
Prezzo. No, non è tanto pagare 29 euro un panettone. E nemmeno 35. Si tratta di un dolce con tanti ingredienti, che richiede una competenza notevole, una lavorazione lunga che prevede due impasti, una lievitazione di parecchie ore, un forno efficiente. Fare a casa un buon panettone è, se non impossibile, di certo molto difficile. Quindi non rompete e sganciate quei tre bigliettoni. Oppure mangiatevi il torrone.
Qualità. Basta storie. Inutile che speriate che un panettone industriale da 3,99 euro sia come quello di una pasticceria artigianale a 29. Il panettone non è una merendina. Come riconoscere uno buono? Deve avere almeno il 20 per cento di canditi e uva sultanina e almeno il 10 per cento di burro, essere almeno di un chilo, essere stato sfornato da non più di 30 giorni e avere un' alveolatura uniforme. Ah, deve anche essere molto buono.
Scarpatura. È il segno a croce fatto prima dell' infornatura sulla cupola del dolce. È un simbolo religioso, una sorta di benedizione, diventato icona grazie alle «orecchie» che origina.
Spumante. Ve lo ripetiamo per il dodicesimo Natale di seguito: il panettone non va mangiato con lo Champagne né con nessuno spumante secco. Il dolce va col dolce. Ci sono magnifici Moscato anche con le bollicine - per chi non può proprio farne a meno - che si sposano magnificamente con l' eleganza di un panettone di pasticceria. Poi fate quello che volete: ognuno si fa m
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