VIDEO-FLASH! - L’ARRIVO DI CECILIA SALA NELLA SUA CASA A ROMA. IN AUTO INSIEME AL COMPAGNO, DANIELE…
Alberto Melloni per “la Repubblica”
E quattro. Dopo la scelta del presidente della Cei, la nomina del vicario di Roma e il congedo di Pell, Francesco ha fatto brillare la quarta carica di dinamite sotto le cristallizzazioni di cordate ecclesiastiche apparentemente irreformabili. Anziché rinnovare il mandato del prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Gerhard Ludwig Müller, lo ha congedato e tante grazie. Un gesto senza precedenti nella storia.
Da quando la suprema Congregazione della romana e universale inquisizione è stata fondata nel 1542 i quarantasei titolari hanno lasciato l' incarico: o perché fatti Papi (4 volte, Ratzinger incluso); o per nomina a più alto ufficio (3 casi); o per età (3 casi); 2 soli erano stati dimessi (Marescotti nel 1716 e Panebianco nel 1882) ormai malati, e gli altri sono morti in carica.
Mai era accaduto che un prefetto non ancora settantenne e in salute ricevesse il benservito al millimetrico scadere del suo quinquennio che oggi è fissato come durata di ogni mandato rinnovabile: Bergoglio lo ha fatto con lo stile quatto e inflessibile di chi non ha un disegno di potere, ma una urgenza evangelica.
I perché di questo licenziamento non sono indecifrabili e trovano conferma nel modo stesso in cui è uscita la clamorosa notizia. L'addio a Müller doveva renderlo noto la Santa Sede lunedì: ma uscito dall'udienza papale di venerdì scorso il porporato s'è aperto con qualche amico di provata indiscrezione e a sera tutti sapevano tutto.
Un'inclinazione alla visibilità che combacia col modo in cui, in questi anni, Müller ha agito.
Quantomeno freddo davanti a questioni disciplinari piene di dolore come quella delle vittime dei preti pedofili. Zelante nel fare da megafono alle opposizioni rumorose che oppongono al Sinodo e al Papa preoccupazioni teologiche grossolane.
Un nugolo di dichiarazioni, articoli, interviste, dichiarazioni di Müller non sono la causa unica, ma sono servite a far sembrare lo stonato "quartetto dei Dubia" un inesistente "movimento antibergogliano". E in molte sedi Müller si era invece proposto come autorità interprete e giudice della coerenza tra Francesco e un "magistero" della chiesa ridotto ad una breve antologia di rigidità dottrinali.
GIOVANNI PAOLO II WOJTYLA IN MONTAGNA
Non era una posizione conservatrice: era una posizione eversiva. Un cardinale ha il dovere di dire al Papa (in privato) cosa a suo avviso sbaglia nel governo; non può far intendere (in pubblico) che il Papa potrebbe anche essere eretico, a meno che non abbia intenti eversivi, appunto.
Francesco era rimasto impassibile davanti a ciò: era ed è convinto che gli antagonisti sono "come chiodi" e più li si batte, più si conficcano nel legno secco della chiesa; dunque bisogna aspettare che i chiodi si cavino da sé. Perciò ha atteso l'ultimo giorno lavorativo del quinquennio di Müller e gli ha comunicato che sarebbe stato sostituito da Luis Francisco Ladaria Ferrer, 73 anni, teologo dotto e di leggendaria mitezza, amato in Gregoriana e in Spagna, stimato da tutti, distantissimo dalla rozzezza di quelli che si definiscono "conservatori".
Con Ladaria - che conosce benissimo la macchina della Congregazione e non potrà essere usato o ingannato da alcuno, sia sul piano teologico che su quello disciplinare - finisce l' era Ratzinger dell' ex Sant' Uffizio.
Quando Giovanni Paolo II nel 1981 portò a Roma l'allora arcivescovo di Monaco voleva esattamente un giudice e interprete capace di trasformare in una politica dottrinale il suo magistero pastorale. Ratzinger si prestò volentieri a fare da giudice e interprete dogmatico del Papa: lo fermò quando pensava esagerasse (Wojtyla voleva sigillare un' enciclica sulla vita col crisma dell' infallibilità; gli fornì la categoria del magistero "definitivo" per imbrigliare le discussioni difficili; gli prestò la sua ecclesiologia universalista.
Una volta diventato Papa, Benedetto XVI non aveva bisogno di nessuno: e chiamò Levada e poi Müller (dal quale si aspettava l'accordo coi lefebvriani mai raggiunto) ma non gli diede la porpora. Francesco Müller se l'è tenuto e lo ha creato cardinale: lasciandolo libero per un altro incarico alla scadenza del primo mandato Francesco dice che il suo ministero non ha bisogno di tutori, perché ha nel vangelo sine glossa il suo pungolo e il suo metro.
Ma con il fragore della quarta esplosione sveglia anche gli altri capi dicastero e gli ecclesiastici in carica: e conferma che il lottatore Bergoglio lotta. E se qualcuno si assopisse ci sarà la nomina dell' arcivescovo di Milano, e poi Parigi. E altro ancora.
Ultimi Dagoreport
LA LIBERAZIONE DI CECILIA SALA È INDUBBIAMENTE UN GRANDE SUCCESSO DELLA TRIADE MELONI- MANTOVANO-…
DAGOREPORT - MARIA ROSARIA BOCCIA COLPISCE ANCORA: L'EX AMANTE DI SANGIULIANO INFIERISCE SU "GENNY…
DAGOREPORT - NON SAPPIAMO SE IL BLITZ VOLANTE TRA LE BRACCIA DI TRUMP SARÀ UNA SCONFITTA O UN…
DAGOREPORT - A CHE PUNTO È LA NOTTE DI CECILIA SALA? BUIO FITTO, PURTROPPO. LA QUESTIONE DELLA…
DAGOREPORT – IL 2025 HA PORTATO A GIORGIA MELONI UNA BEFANA ZEPPA DI ROGNE E FALLIMENTI –…