DAGOREPORT – CON L'OPERAZIONE GENERALI-NATIXIS, DONNET SFRUTTA UN'OCCASIONE D'ORO PER…
Estratto dell'articolo di Andrea Pasqualetto per il “Corriere della Sera”
«Mi ha detto “papà, pensavo di morire”, e Alex non è un piagnone». È finita comunque con un trauma cranico, una commozione cerebrale, il naso rotto, uno zigomo fratturato e un occhio nero. Il feroce pestaggio si traduce per i dottori in trenta giorni di prognosi. «Ed è andata anche bene perché alla fine, dopo averlo massacrato di botte, il capo del branco l’ha tenuto fermo e ha chiamato gli altri: “Venite qui che ora lo finiamo”».
Ha la voce rotta papà Renato D’Alberto, italiano fluente e accento che vola dalle parti di Bolzano. Dice che solo l’intervento di un addetto alla security e di un’altra persona ha scongiurato il peggio per suo figlio Alex, diciottenne studente di Bressanone: «Colpevole di essere intervenuto in soccorso di un amico preso di mira dalla banda. Gli hanno anche urlato “sporco italiano” ma, attenzione, non è questo il movente della violenza, non è questo il tema». Succede tutto sabato scorso al Forum di Bressanone dove era in corso la festa del Maturaball, il tradizionale party altoatesino dei diplomandi.
Millecinquecento ragazzi arrivati dalle valli bolzanine che si sono ritrovati in questa grande sala del centro. C’erano anche loro: Alex e il suo amico, un diciassettenne sempre di Bressanone. E c’era quel gruppo di giovani che nessuno aveva invitato. Boscaioli, muratori e carpentieri scesi dalle montagne per infilarsi in tarda serata fra balli e birre. L’amico di Alex ne avrebbe urtato uno che non aveva mai visto prima e quello gliel’ha subito giurata: «Con te ci vediamo fuori», ha ringhiato in tedesco. Ma fuori c’erano anche gli altri che hanno subito puntato il malcapitato.
«Alex ha cercato di salvare l’amico e così sei di loro se la sono presa con lui. È stata un’azione terribile, portata avanti in più riprese. Per quattro volte lui ha cercato di scappare e per quattro volte sono andati a riprenderlo, colpendolo soprattutto al volto. Botte mirate, cattive, basta vedere come l’hanno conciato. Potevano ucciderlo. Dovrà fare più interventi di ricostruzione». La prima operazione è di ieri, all’ospedale di Bressanone. «Ma dovrà ripeterla fra sei mesi perché il naso gliel’hanno proprio frantumato».
Ieri, mentre Alex era sotto i ferri, i carabinieri di Bressanone sentivano i testimoni della serata choc. Stanno ricostruendo la dinamica dell’aggressione, anche attraverso alcuni video. C’è dunque un’indagine in corso con un’ipotesi di reato: lesioni personali aggravate. «Noi stiamo preparando una denuncia corposa, la vicenda è brutta e delicata e vogliamo essere precisi», aggiunge il padre che ha incaricato l’avvocato Antonio Careri di formalizzare l’esposto, dopo averne parlato agli investigatori.
La brutta storia ha preso subito la via di Roma soprattutto per quell’insulto: «Dreckwalscher», sporco italiano, urlato dal capo banda. [...] Il padre di Alex, architetto, quattro figli, sta provando a spegnere l’incendio: «Quella frase non significa che a scatenare la violenza sia stato l’odio razziale per gli italiani e non dev’essere un pretesto per accendere tensioni fra gruppi linguistici che convivono pacificamente da molti anni. Ricordo tra l’altro che mio figlio è perfettamente bilingue. Interroghiamoci piuttosto su questa violenza gratuita, fredda, su questa naturalezza del male. Quello l’ha preso per la gola: venite qua che lo finiamo. [...]».
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