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Estratto dell’articolo di Salvatore Riggio per www.corriere.it
«Ho perdonato mio padre». Riccardo Gaucci, figlio di Luciano, ex presidente del Perugia (ma contemporaneamente fu anche proprietario di Catania, Sambenedettese e Viterbese) scomparso il 1° febbraio 2020 a Santo Domingo, racconta, in un’intervista a Sebastiano Vernazza della Gazzetta dello Sport, la vita della sua famiglia.
Il padre fu travolto dal fallimento e dai processi e in galera finirono i due figli: il primogenito Alessandro (che ora gestisce una società giovanile in Spagna, a Marbella) e Riccardo, oggi presidente e proprietario, con un gruppo di amici, dell’Assisi, squadra dilettantistica della Prima categoria umbra. […]
Nella città di San Francesco, Riccardo ha perdonato papà Luciano: «Sì, non ci siamo parlati per una decina di anni, ma il tempo guarisce tutto. Andavo a trovarlo nella Repubblica Dominicana, però nelle ultime visite non mi riconosceva: aveva l’Alzheimer. Io e mio fratello passammo cinque giorni in carcere per causa sua.
Questo dramma economico e giudiziario si sarebbe potuto evitare se lui non si fosse incaponito. La banca che fino ad allora aveva sostenuto l’azienda di pulizie alla base della sua fortuna (la Milanese, ndr) gli chiese di rientrare e, lui all’incontro decisivo, non volle trattare su una rateizzazione. Da qui la valanga. Io e Alessandro non sapevamo nulla e ci ritrovammo arrestati, in prigione».
All’epoca Giulio Andreotti era sostenitore di Luciano Gaucci: «Andai nel suo studio a San Lorenzo in Lucina, a Roma. Andreotti vide la mia faccia terrorizzata, io gli chiesi aiuto. Mi telefonò qualche giorno dopo: “Mi dispiace, non posso fare nulla”. Forse non aveva più il potere di una volta. Oggi tutto è risolto, abbiamo patteggiato nel penale e transato nel civile. E ho recuperato il rapporto con mio fratello, anche con Alessandro non ci eravamo parlati per un po’».
Un altro motivo di dissidio in famiglia era stata la nuova compagna del padre, Elisabetta Tulliani. «Se ne innamorò pazzamente e cambiò. Io e Alessandro, di cui Elisabetta era stata compagna di scuola, finimmo ai margini. Non dico che Elisabetta sia una strega, ma aveva dietro tutta la famiglia e anche a Gianfranco Fini, il suo compagno successivo, non ha giovato il rapporto con i Tulliani».
Poi Riccardo ha parlato di suo padre, raccontando una serie di aneddoti: «Papà era un personaggio romanzesco, non basterebbe una serie tv per raccontarlo. Una volta in autostrada bloccò un camion di maiali destinati al macello, se lo comprò all’istante. Fece dirottare i suini nella tenuta del castello di Torre Alfina e li mostrava agli ospiti con orgoglio».
E sui grandi acquisti fatti dal padre, Riccardo ha concluso: «Nakata costò sette miliardi di lire e mio fratello disse a papà la verità a rate, la somma era notevole. Venne, però, dato alla Roma per 30 miliardi più Alenichev e ci fece vendere un mare di maglie in Giappone. Saadi Gheddafi, invece, stava per entrare in società. Immaginate dove sarebbe arrivato il Perugia con quei capitali, però non se ne fece nulla.
Saadi lo sento ancora, per me resta un bravo ragazzo. È stato per anni in Niger, poi è rientrato in Libia, a Tripoli, dove vive. In galera ha subito torture. Gli hanno decimato la famiglia. Carolina Morace allenatore della Viterbese? Una genialata che catturò l’interesse del mondo intero. La esonerò per una stupidata perché Carolina non firmò un comunicato congiunto su una certa questione» […]
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