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Costanza Cavalli per "Libero quotidiano"
In casa o al lavoro, in auto e al supermercato, abbiamo tutti la bocca sempre piena di culo. Nessuna parte del corpo è più citata, vezzeggiata, infamata, schernita, financo travisata. Essa attraversa le epoche intatta, centrale nei discorsi quanto nella topografia del corpo umano.
Tutto ciò che è fisiologico interagisce con il cervello, è questo il motivo per cui - il culo - ce l' abbiamo sempre in mente, e pronunciarne il termine, pensateci, per gioia o per stizza, è scaramantico, quasi religioso: invariabilmente induce nel portatore del culo nominato la percezione di una invisibile liberazione o di una inscalfibile sentenza.
Una delle opere di Haris Lithos, artista che dipinge grandi tele con forme astratte monocromatiche e dipinte con il proprio sedere Si può dire infatti che ognuno di noi dipende molto strettamente dal buon funzionamento del suo posteriore, almeno quanto, risalendo lungo una immaginaria linea verticale, dall' efficienza del cuore e del cervello. Il culo è quasi un oroscopo: può fare cominciare bene o male una giornata, e quando va in tempesta la può rendere inutilizzabile; una sua protesta sonora può indurre imbarazzi e un suo comando alla ritirata è senz' appello, può indifferentemente interrompere un incontro amoroso quanto la stipula di un accordo internazionale.
MODI DI DIRE Non è quindi strano, ma va precisato, che nessun culo, scritto o parlato o pensato, viene dal nulla.
La parola in sé viene dal greco "kòilos", che significa vuoto, concavo (cioè l' ano), da cui discende anche "colon". La maggior parte delle sue declinazioni popolari ha origini di facile lettura con qualche sorpresa. Per esempio "Avere culo", e tutte le sue forme contratte o traslate (es. "la fortuna con la C maiuscola").
Secondo l' etologo Desmond Morris (leggete "L' uomo e i suoi gesti") le natiche femminili sono un richiamo sessuale primordiale, e in molti primati le loro dimensioni aumentano durante l' ovulazione: la femmina mostra il posteriore al maschio, e più grosso è meglio è. Il linguista Ottavio Lurati ha poi osservato che le parti del corpo collegate alla riproduzione hanno preso un significato simbolico, sinonimo di vitalità che allontana la morte e le disgrazie, e quindi di buona fortuna.
La variante "botta di culo", invece, pare si riferisca a una fortunosa spinta da dietro che lancia in avanti, o permette di balzare in groppa a un destriero, da cui "essere a cavallo", quindi in vantaggio. Pare che la fonte indiretta dell' espressione sia Virgilio, che ha legato la figura del cavallo alle fortune di Cartagine e della sua regina Didone, la quale costruì la città nel luogo in cui rinvenne una testa equina. La magica relazione fra il posteriore e i favori del caso è entrato anche nella mitologia contemporanea, grazie alla particolare religiosità di Vittorio Feltri, che a coronamento della sua (e di molti altri) certezza che senza fortuna non si va da nessuna parte ha istituito, extra-calendario, un santo apposito da invocare a piacimento, SanCulo.
Il culo nella modernità ha preso molte strade. "Avere il fuoco al culo" per dire agitazione o fretta, "le pezze al culo" per dire povertà, "la bocca a culo di gallina" per l' espressione indignata (o perplessa) con le lebbra strette e piene di pieghine. E poi "faccia da culo" (cioè senza vergogna), leccaculo (disposto a tutto in cambio di un vantaggio), "farsi un culo così", che è il rovescio di "fatto con il culo"; "fare il culo" a qualcuno, essere "culo e camicia". Ma la parte del leone è appalto dell' onnipresente "dar via il culo", dai molteplici indirizzi, il cui più frequente è la contrazione "vaffaculo": umiliazione doppia, perché il sedere usato come arma verbale è anche il bersaglio e proprietà della vittima: nessuno ha mai minacciato un altro dicendo "ti colpirò con il mio culo".
IN LETTERATURA Nel passato il culo è stato non di meno presentissimo: sarebbe ingiusto e anzi marcatore d' ignoranza idealizzare i tempi andati come elegantemente carenti di quotidiane epistrofi armate sui fondoschiena altrui. Al contrario, le grandi menti di ogni epoca non hanno avuto timidezze nell' infarcire le loro opere di fondoschiena e di parti ad esso accolite.
E i compilatori dei manuali del liceo hanno sudato molte camicie a costruire tratturi linguistici per non citare quelle parole: così hanno distrutto gente come Catullo, Marziale e Giovenale, solo con Dante hanno fallito, dato che era impossibile schivare il diavolo che «avea del cul fatto trombetta» nel XXI Canto dell' Inferno. A proposito di Dante, il cui vocabolario volgare camuffa spesso le invettive più truci, se il tema vi interessa potete leggere "Le parolacce di Dante Alighieri" del filologo Federico Saguineti.
Per quanto riguarda il ripristino della verità sugli antichi, oggi che il culo è stato sdoganato anche nelle traduzioni, dovrete sfogliare una seconda volta molti classici, ma vi divertirete leggendo Persio, poeta vissuto sotto Nerone, che scriveva versi difficili nella convinzione che la satira fosse la verità che si rivela senza bisogno di qualcuno che ascolti, come un barbiere che dice sottovoce in un buco per terra «Midas ha le orecchie da culo!». Molto più sfrontato era Catullo («Io ve lo ficcherò su per il culo e poi in bocca / Aurelio succhiacazzi e Furio frocia sfondata»). L' espressione "Restare con il culo per terra" pare abbia un' origine medievale: i longobardi usavano esporre chi veniva punito per debiti facendogli togliere i pantaloni e appoggiare le natiche sull' erba.
Rimanendo all' economia, il nostro amico culo è stato anche variamente chiamato in causa per inoculare nel popolo pillole di saggezza. Su uno degli scranni del coro quattrocentesco in legno decorato a bassorilievo nella Oude Kerk, la chiesa più antica di Amsterdam, è raffigurato un uomo in posizione evacuatoria sotto il quale è scritta la massima "i soldi non escono dal retro". Lo scrittore spagnolo seicentesco Francisco De Quevedo si interessò molto al culo, ne constatò la tensione verso la perfezione sferica e il suo imperio sul resto del corpo: «Ha un solo occhio, ma è più necessario quello che i due occhi del viso».
Per non dire, facendo un passo indietro al Cinquecento, dello scrittore francese Francois Rebelais, il cui Gargantua è uno scoppiettìo continuo: «Affermo e sostengo, che non v' è miglior nettaculo d' un papero ben piumato () sia per la soavità di quel suo piumetto, che per il temperato calor naturale del papero, il quale facilmente si comunica al budello culare (), concludendo che anche la beatitudine di eroi e semidei stia nel fatto che si nettano sempre il culo con un papero, e tale è altresì l' opinione del nostro maestro Duns Scoto».
Ah: Duns Scoto è stato un importante filosofo scozzese del Duecento.
Inoltre, fu chiamato "Dottor Sottile" ottocento anni prima di Giuliano Amato, il presidente del Consiglio che, come ricorderete, alle 4 del mattino del 10 luglio 1992 inflisse un prelievo forzoso del 6 per mille dai nostri conti correnti, mettendocelo indovinate dove.
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