ebrei nel campo di concentramento di auschwitz

VIAGGIO NELL’ORRORE DEL CAMPO NAZISTA DI AUSCHWITZ DOVE MORIRONO UN MILIONE E MEZZO DI PERSONE, IN GRANDE MAGGIORANZA EBREI: CHI ERA SOPRAVVISSUTO AI TERRIBILI VIAGGI IN TRENO, VENIVA SPOGLIATO E ACCOLTO DALLE FRUSTATE DEI NAZISTI. QUI I MEDICI DECIDEVANO CHI FOSSE ABILE AL LAVORO E CHI ERA DA MANDARE ALLE CAMERE A GAS: I SOPRAVVISSUTI CONDUCEVANO ESISTENZE DI INFERNO, VENIVANO RIDOTTI ALLA FAME E COSTRETTI AI LAVORI PESANTI - IL GAS ZYKLON B, I DENTI D'ORO, I TOPI: COSA SUCCEDEVA NEL CAMPO DELLA MORTE...

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Estratto dell'articolo di Antonio Carioti per www.corriere.it

 

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Macilenti, provati dalla fame, dalla fatica e dalle malattie: c’erano solo 7 mila prigionieri nel campo nazista di Auschwitz ottant’anni fa, il 27 gennaio 1945, quando i militari sovietici ne aprirono i cancelli. 

Un migliaio di quegli sventurati sarebbero morti per le conseguenze della detenzione nelle settimane successive. […]

 

Un milione e mezzo di morti

Negli anni precedenti il complesso di Auschwitz era stato la più immensa macchina della morte mai allestita. Non esistono dati certi, perché i registri del campo furono distrutti, ma si calcola che certamente più di un milione, forse un milione e mezzo di persone, in grande maggioranza ebrei, siano state uccise in vario modo, soprattutto nelle camere a gas […]

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Tutto era cominciato quasi cinque anni prima. Le caserme asburgiche abbandonate in una zona paludosa vicino alla linea ferroviaria nei pressi di Oswiecim, cittadina polacca annessa al Terzo Reich con il nome tedesco di Auschwitz, vennero trasformate in un lager, destinato inizialmente a prigionieri politici, nella primavera del 1940.

 

La fabbrica dove lavorò Primo Levi

Un anno dopo, il capo supremo delle SS Heinrich Himmler, anche in vista dell’invasione dell’Unione Sovietica, ispezionò il sito e ordinò di ampliarlo al comandante Rudolf Höss, l’ufficiale interpretato da Christian Friedel nel recente film La zona d’interesse. 

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Si decise di allargare il campo principale Auschwitz I, in modo che potesse ospitare 30 mila detenuti, e di costruire altri due complessi: Auschwitz-Birkenau (o Auschwitz II), con una capienza di 100 mila individui poi aumentata a 200 mila, e Auschwitz-Monowitz (Auschwitz III), collegato a un impianto per la produzione di gomma sintetica e oli minerali progettato dall’industria chimica tedesca IG Farben. In quella fabbrica avrebbe lavorato lo scrittore Primo Levi, autore del libro testimonianza Se questo è un uomo.

 

Il gas Zyklon B e la «soluzione finale»

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Nell’agosto del 1941 fu sperimentata per la prima volta, su prigionieri di guerra sovietici, l’eliminazione attraverso il gas Zyklon B, un agente tossico a base di acido cianidrico (o acido prussico) che diventa attivo a contatto con l’aria. E nel gennaio 1942 la riunione detta conferenza di Wannsee, organizzata nei pressi di Berlino da Adolf Eichmann e presieduta da Reinhard Heydrich, decretò l’inizio della «soluzione finale» del problema ebraico attraverso lo sterminio di un’intera popolazione.

 

I primi ebrei deportati furono uccisi nella camera a gas di Auschwitz I il 15 febbraio 1942 e i loro cadaveri vennero inceneriti nell’annesso forno crematorio. Nel marzo entrarono in funzione due camere a gas provvisorie ad Auschwitz-Birkenau, dette la «casetta rossa» e la «casetta bianca». Ma in questa fase i prigionieri venivano eliminati anche in altro modo, con iniezioni letali o a colpi d’arma da fuoco. Lo sterminio sistematico su scala industriale mediante Zyklon B cominciò più avanti, nei primi mesi del 1943, con l’allestimento, sempre ad Auschwitz-Birkenau, di quattro grandi crematori abbinati ad altrettante camere a gas.

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La frusta e la selezione

I deportati venivano condotti nel lager su convogli ferroviari, stipati dentro vagoni per il trasporto del bestiame, lasciati al gelo d’inverno e al caldo soffocante d’estate, senza cibo né acqua né servizi igienici. I viaggi erano a volte molto lunghi, con pause frequenti, specie per chi arrivava dall’Europa occidentale o dai Balcani. Non di rado le persone più fragili perivano durante il tragitto.

 

Giunti alla stazione situata nei pressi di Auschwitz, gli ebrei venivano accolti brutalmente dalle SS a colpi di frusta, spogliati di ogni loro avere e allineati lungo una banchina. Qui due medici provvedevano alla selezione dei deportati: a destra venivano spostati quelli giudicati abili al lavoro, a sinistra quelli da inviare alle camere a gas.

 

I minuti di puro orrore

L’immediato sterminio era il destino ordinario degli anziani, dei bambini, della maggioranza delle donne, di chiunque fosse considerato troppo debilitato. Costoro venivano accompagnati ai locali doccia e fatti denudare. Una volta ammassati i prigionieri nelle camere della morte, si provvedeva alla chiusura ermetica delle entrate e veniva liberato il gas, che scorreva lungo un tubo e fuoriusciva sul pavimento. In pochi minuti di puro orrore l’operazione era completata.

Constatato da uno spioncino il decesso di tutte le vittime, le SS mettevano in moto l’impianto di areazione. Dopo mezz’ora i membri del Sonderkommando (prigionieri addetti a questo lugubre servizio) entravano nel locale, asportavano i denti d’oro e tagliavano i capelli dei cadaveri, quindi li trasportavano ai forni per la cremazione.

 

La doccia gelata e i topi

Invece i deportati che superavano la selezione all’arrivo venivano sistemati nelle baracche per la quarantena. Dovevano togliersi gli abiti e farsi una doccia gelata, quindi le SS consegnavano loro l’uniforme del lager, a strisce bianche e blu, e un paio di zoccoli di legno. Infine sull’avambraccio sinistro di ciascuno veniva tatuato il numero di matricola, attraverso il quale da quel momento i prigionieri sarebbero stati riconosciuti. Era l’inizio del calvario.

 

Il periodo di quarantena durava dalle quattro alle otto settimane, durante le quali si veniva sottoposti a un defatigante «addestramento fisico». Quindi i deportati passavano al regime ordinario, ammassati in baracche sovraffollate, con letti a castello a tre posti per la notte, riscaldamento insufficiente, scarsissimo ricambio d’aria, tetti sconnessi da cui passava l’acqua, pavimento in terra battuta, buglioli per le necessità corporali, topi dappertutto.

 

Quattro ore per fare l'appello

Alle quattro e mezza ogni mattina si procedeva all’appello, con i prigionieri allineati in file di cinque all’aperto, anche sotto la pioggia o la neve. I kapò, detenuti (spesso criminali comuni) incaricati di sorvegliare i loro compagni di sventura, passavano i reclusi in rassegna per controllare che nessuno mancasse. Il rituale si protraeva a lungo e solo verso le 8 i deportati venivano avviati al lavoro.

Le razioni di cibo erano molto scarse: caffè o tè a colazione, una minestra per pranzo, pane nero alla sera. La qualità era pessima, perché tutti nel lager rubavano sui rifornimenti. […]

 

del cartello al collo

Oltre alla fabbrica di Monowitz, il lager aveva nelle vicinanze numerosi impianti satellite, dove i deportati, venduti come schiavi alle relative imprese, lavoravano in condizioni pessime. […]

La sorveglianza era ossessiva, le punizioni frequenti. Chi si rendeva responsabile di qualche mancanza veniva fustigato in pubblico per dare l’esempio. […]

 

Gli esperimenti di Mengele sui gemelli

Orribile il capitolo degli esperimenti medici. Il famigerato dottor Josef Mengele si esercitava soprattutto sui gemelli. Altri testavano farmaci sui prigionieri, con effetti spesso devastanti. Il ginecologo Carl Clauberg mise a punto su donne ebree un metodo di sterilizzazione che consisteva nell’iniettare una soluzione di formalina nell’utero. 

[…]