DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Oscar Grazioli per il Giornale
Qualche tempo fa destò un misto di stupore e commozione la storia di Zhuang Zhuang un neonato di elefante che, partorito in un giardino zoologico cinese, fu assalito dalla madre che sembrava seriamente intenzionata a ucciderlo.
I guardiani dovettero separare subito il piccolo che, con loro estrema sorpresa, pianse calde lacrime per ore e a nulla valsero gli sforzi del personale per consolarlo. La buona notizia è che oggi Zhuang Zhuang sta bene, ha probabilmente dimenticato quanto accaduto è stato adottato da uno dei guardiani della riserva e riceve lettere e giocattoli da tutto il mondo.
Il motivo dell'atteggiamento anomale della madre è ancora ignoto e rimane un caso più unico che raro, visto che la protezione delle mamme elefanti verso i piccoli, come capita per quasi tutti gli animali, è in grado di superare l'istinto di conservazione e la protezione dei loro corpi da qualunque pericolo è assolutamente prioritaria.
Chi ha studiato il caso è sicuro che sia legato a una componente dello stress acquisito all'interno del guardino zoologico da parte della madre. Al di là di questo, l'episodio ha sollevato, ancora una volta tra gli etologi, un antico dilemma. Gli animali sono in grado di esprimere un pianto, nel senso «umano» del termine?
I comportamentisti che studiano gli animali credono che alcune specie possano piangere, con un meccanismo molto simile a quello messo in atto durante le grida dei bambini. Come loro, gli animali probabilmente piangono a causa di emozioni, quali stress e necessità di contatto.
«Alcuni mammiferi possono piangere a causa della perdita del comfort di contatto», ha spiegato a Discovery News l'esperto di comportamento animale Marc Bekoff. «Probabilmente è una risposta risonante ed esplicita al fatto che non sentano il contatto con i genitori, soprattutto con la madre».
Bekoff, che ha lavorato a contatto con la celebre studiosa di primati Jane Goodall, sostiene che, come per i neonati umani, quelli degli elefanti piangano più per eventi stressanti che per il dolore. «E comunque lo stress è, di per sé, un'emozione» dice Bekoff.
Altri animali, al di fuori degli elefanti, sono in grado di piangere, ma devono avere caratteristiche sociali evolute, un'anatomia dell'occhio simile a quella umana e struttura cerebrale capace di elaborare emozioni profonde.
Gli studi scientifici hanno appurato che polli, topi e ratti sono in grado di piangere, mentre i cani, che pure hanno un'elevata evoluzione sociale, non è ancora dimostrato che piangano effettivamente con gli occhi. Questo non impedisce certamente ai cani e ad altre specie animali di soffrire riconoscere la sofferenza in altri individui.
Il pianto più «famoso» è quello degli elefanti, riportato anche nel libro Quando gli elefanti piangono di Jeffrey Masson: secondo l'autore lacrimano a causa di forti emozioni anche gorilla, scimpanzé, cavalli e orsi, mentre le famose lacrime di coccodrillo, hanno ben poco a che fare con tristezza e depressione, ma piuttosto con lo sforzo violento dopo un pasto abbondante.
Quando, il 4 maggio del 1865, il corteo funebre di Abraham Lincoln giunse alla casa di famiglia presso Springfield, ad attenderlo c'era anche il suo «Old Bob», bardato a nero e con le staffe rivolte all'indietro, come si usava per i grandi uomini che non ritornano.
Dicono le cronache dell'epoca che Old Bob sembrava piangesse, seguendo, a capo chino, la bara del suo adorato padrone. Per i giornalisti di allora era un impressione, ma oggi sappiamo che Old Bob piangeva davvero.
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