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PER GRAZIA DI DIAZ – FABRIZIO LEDOTI, UNO DEGLI AGENTI CHE FU PROTAGONISTA DELLA “MACELLERIA MESSICANA” NELLA SCUOLA DIAZ DURANTE LE TRE GIORNATE GENOVESI DEL G8 DI GENOVA DEL 2001, VINCE LA CAUSA IN TRIBUNALE: NON SOLO OTTIENE L’AVANZAMENTO DI CARRIERA, MA ANCHE, COME RISARCIMENTO, GLI ARRETRATI NON PERCEPITI PER “L’INGIUSTO” RITARDO NELLA SUA PROMOZIONE A ISPETTORE – LEDOTI, CHE ERA UNO DEI CAPI SQUADRA DEL SETTIMO NUCLEO DEL REPARTO MOBILE DI ROMA, ERA RITENUTO RESPONSABILE DI LESIONI GRAVI AI DANNI DEI MANIFESTANTI CHE LA NOTTE TRA IL 20 E IL 21 LUGLIO DORMIVANO NELL’ISTITUTO...
Estratto dell’articolo di Marco Preve per www.repubblica.it
Oggi, esattamente 24 anni fa, iniziavano le tre giornate genovesi del G8 di Genova. Una recente sentenza dimostra l’attualità dei fatti del 2001 in relazione a quello che è un tema irrisolto: le responsabilità delle violenze poliziesche e dell’inadempienza- politicamente trasversale – dei governi italiani rispetto alle indicazioni della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Accade che, mentre i giudici Cedu di Straburgo da anni chiedono all’Italia di bloccare le carriere e sanzionare fino alla radiazione gli appartenenti alle forze dell’ordine che si siano macchiati di gravi reati, […] uno degli agenti che fu protagonista della “macelleria messicana” nella scuola Diaz ottiene non solo l’avanzamento di carriera ma anche, come risarcimento, gli arretrati non percepiti per l’ingiusto ritardo nella sua promozione a ispettore.
Il protagonista di questa vicenda è Fabrizio Ledoti, che nel 2001 era uno dei capi squadra del Settimo nucleo del Reparto mobile di Roma, ovvero un’unità speciale appositamente creata e addestrata per il G8 genovese e dotata di micidiali manganelli, poi divenuti tristemente celebri, del tipo “tonfa”.
Ledoti verrà riconosciuto responsabile, come altri sei capi squadra, di lesioni gravi ai danni dei manifestanti che la notte tra il 20 e il 21 luglio dormivano nella scuola Diaz concessa al Genoa social forum. La condanna a quattro anni cadde in prescrizione visti i tempi dei processi, prolungatisi sia per il numero di imputati e parti offese che per l’omertà di corpo anche ai massimi livelli (quando la procura chiese le foto dei tesserini per i riconoscimenti, dal Viminale arrivarono foto tessere di ragazzini poco più che adolescenti).
Nel 2016, quattro anni dopo la sentenza di Cassazione, il Capo della polizia gli comminò la sanzione disciplinare consistita in 45 giorni di sospensione dal servizio. […] il Ministero registrò in maniera erronea l’inizio del periodo di sospensione, postdatandolo di qualche mese. Questo slittamento della decorrenza aveva impedito a Ledoti di partecipare ai concorsi per diventare vice ispettore e poi ispettore. Per questo si è rivolto al Tar Lazio che, pochi giorni, fa gli ha dato ragione annullando un’infinita serie di atti e determinazioni intermedie del ministero.
Per altro, anche prima di ottenere il grado, Ledoti, come scrivono i giudici in sentenza «dopo l’irrogazione della sanzione ha ottenuto l’estinzione del procedimento disciplinare… e ha ricevuto ben due benefici, conseguenti ad avanzamenti anche stipendiali, oltre che di carriera, senza che gli sia stato opposto alcun ritardo».
Infine, a Ledoti i giudici hanno riconosciuto anche un «risarcimento per il danno sofferto» ordinando al Ministero di versargli gli arretrati per il periodo dovuto allo slittamento della promozione. Non si sa se il Ministero presenterà ricorso, ma sicuramente è la dimostrazione di uno Stato di diritto che funziona.
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