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Francesco De Dominicis per "Libero Quotidiano"
Il torrione Niccolò V, sede dello Ior niccolov
Un americano, uno spagnolo e un tedesco. No, non è una barzelletta. Del resto, non c’è l’italiano. E, in effetti, l’italiano manca davvero - dopo l’ultimo giro di poltrone deciso giovedì nei Sacri palazzi - dal consiglio di amministrazione della banca Vaticana. Perché Carlo Salvatori, che era l’unico a rappresentare il nostro Paese, si è dimesso a giugno e non è stato rimpiazzato da un connazionale coi nuovi ingressi nel board dello Ior, l’Istituto per le opere di religione.
CARL ANDERSON CAVALIERE SUPREMO DEI CAVALIERI DI COLOMBO
Comunque, l’esclusione dell’Italia dalla banca di Dio non è nemmeno la notizia più succosa che arriva da Oltretevere. Anche se è la prima volta dalla fondazione nel 1942. Altri aspetti meritano maggiore attenzione. Dietro le ultime nomine allo Ior, infatti, si cela l’ennesima prova della spartizione del potere tra i vari gruppi di interesse che gravitano da sempre attorno al Vaticano.
cavalieri dell ordine di malta (9)
Tra i quali l’Opus Dei (ecco gli spagnoli) e le cosiddette diplomazie parallele, come l’Ordine di Malta (ecco i tedeschi) e i Cavalieri di Colombo (ecco gli americani). Le nomine, peraltro, confermano che Papa Francesco, sulle finanze della Santa sede, non tocca palla. E confermano pure che l’ipotesi tratteggiata in passato dallo stesso Pontefice, secondo il quale il Vaticano può fare a meno di una banca, non è nemmeno accarezzata a chi maneggia il denaro Oltretevere.
Veniamo ai nomi dei tre nuovi consiglieri, che portano il totale dell’organo di governo del Torrione di Niccolò V sette membri: arriva dagli Stati Uniti Scott C. Malpass, direttore finanziario della Notre Dame University; Malpass troverà la collega americana Mary Ann Glendon.
È spagnolo il passaporto di Javier Marín Romano, che vanta un passato ad alti livelli al Santander, il colosso finanziario «vicino» all’organizzazione fondata da Josemaría Escrivá, che già può contare, nel cda dello Ior, sul cileno Mauricio Larraín. In quota «tedesca» c’è Georg Freiherr von Boeslager, bancario e, soprattutto, «maltese». Il quadro è completato dal presidente, il francese Jean Baptiste De Franssu, e dall’anglo-australiano, Michael Hintze, portato dal cardinale George Pell, ora un po’ in ombra, ma all’inizio del pontificato di Francesco, custode unico degli affari economici Oltretevere.
I nuovi membri entrano in carica ad anno sostanzialmente terminato: i risultati non potranno essere riconducibili al loro operato. E il 2016 è cruciale per il futuro dello Ior. Bisogna capire se la banca è capace di tornare a staccare quell’assegno annuo da circa 50 milioni di euro, garantito a lungo ai Papi e l’anno scorso ridotto ad «appena» 16 milioni.
Se la tendenza continuerà al ribasso, Jorge Bergoglio potrebbe avere qualche ragione se volesse fare a meno dello Ior. Finora sono prevalsi vari interessi e i porporati hanno suggerito al Pontefice di soprassedere. Lo hanno convinto mischiando le carte, a colpi di riforme. E con la lotta al denaro sporco che, tuttavia, non ha convinto a pieno nemmeno la Procura di Roma.
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