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Felice Manti per “il Giornale”
Polvere sei e polvere ritornerai. Alla decima udienza si sgretolano come un castello di sabbia le accuse di peculato al cardinale Angelo Becciu, a processo in Vaticano per una presunta mala gestio dei fondi della Segreteria di Stato.
Tanto che persino il Papa si sarebbe convinto della sua innocenza, già emersa per tabulas da una serie di documenti che il Giornale ha visionato. Davanti al presidente del Tribunale vaticano Giuseppe Pignatone lo ribadisce lo stesso Becciu, seduto nelle prime file con cappotto, cappello e croce pettorale: «Il Pontefice crede alla mia innocenza», dice parlando per la prima volta, «a testa alta e con la coscienza pulita», da quando è iniziato il suo calvario giudiziario.
giovanni angelo becciu papa francesco bergoglio
Snocciola tutta la sua amarezza per il «massacro mediatico senza precedenti», ricorda quali infamie sono state insinuate «sull'integrità della mia vita sacerdotale», punta il dito contro chi (anche sui mezzi di informazione) lo ha ingiustamente descritto come un uomo corrotto, avido, sleale verso il Papa.
Essere stato descritto come «proprietario di pozzi di petrolio o di paradisi fiscali», financo coinvolto ingiustamente assieme a faccendieri e finanzieri nella compravendita di un palazzo a Sloane Avenue a Londra, costato alle casse vaticane 200 milioni e deciso quando il responsabile era monsignor Alberto Perlasca, fuori dal procedimento non senza polemiche e misteri, «mi ha ferito e colpito nel mio essere sacerdotale e nei miei affetti ma non mi ha piegato».
PAPA FRANCESCO E IL CARDINALE BECCIU
E se Bergoglio scioglierà il segreto pontificio al quale l'altro prelato è tenuto, Becciu avrà modo di difendersi apertamente dalle altre accuse «assurde, incredibili, grottesche, mostruose» e potrà finalmente chiarire i suoi veri rapporti con Cecilia Marogna, l'esperta di relazioni internazionali legata ai servizi segreti incaricata dalla Segreteria di Stato per il pagamento dei riscatti dei missionari rapiti in Africa.
Quella di ieri è una svolta che arriva dopo mesi di fango, dossieraggi, maldicenze e veleni, alimentati anche da una farraginosa burocrazia del rito giuridico vaticano, che finora impediscono di fare piena luce sui tanti buchi neri nell'inchiesta, con una mole di documenti in mano all'accusa che in nome del diritto vaticano che glielo consente - la difesa ha chiesto di condividere.
Ma anche il Promotore della giustizia Alessandro Diddi, incalzato da Pignatone a mettere a disposizione il materiale, ha dovuto incassare il colpo, dicendosi indisponibile all'interrogatorio (rimandato al 6 aprile), lamentando causa Covid un sovraccarico di lavoro e una conseguente «impreparazione» al confronto.
È toccato all'ex procuratore capo di Roma fare tre domande sui 125mila euro di cui si sarebbe impossessato ingiustamente Becciu, sottraendoli dai fondi dell'Obolo di San Pietro.
Centomila euro sono ancora nella piena disponibilità della Caritas di Ozieri. Gli altri 25mila euro gli furono richiesti dal vescovo locale per ricomprare un panificatore andato distrutto in un incendio.
Questa è carità operosa, tangibile che mette al centro la dignità dell'uomo e combatte l'emarginazione. Altro che raggiro alle spalle del Pontefice, come qualcuno ha malignamente sussurrato a Papa Francesco per demonizzarlo e distruggerlo, ma un prestito personale consegnato come atto caritatevole nei confronti della cooperativa sarda Spes, dove lavorano 60 persone, 16 tra immigrati e persone socialmente molto fragili nel solo panificio.
«Il cardinale ha dimostrato in aula con la forza dell'assoluta evidenza, il corretto impiego delle somme gestite dalla Segreteria di Stato, con finalità uniche ed esclusive di carità. Eliminando anche solo il sospetto di irregolarità», dicono i legali di Becciu Marica Concetta Marzo e Fabio Viglione. Il processo riprenderà il 30 marzo. E chissà che prima il Papa non abbia in mente qualche sorpresa.
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