pietro emanuela orlandi

“BERGOGLIO CI LIBERI DAL SEGRETO” - PIETRO ORLANDI: “IN VATICANO CI SONO MOLTISSIME PERSONE CHE SANNO COSA E’ ACCADUTO A MIA SORELLA MA NON POSSONO RIVELARLO - SICURAMENTE È ACCADUTO QUALCOSA DI INCONFESSABILE, ALTRIMENTI NON CI SAREBBE STATA TUTTA QUESTA DETERMINAZIONE A NEGARE DI AVER MAI AVUTO NOTIZIE”

1 - ORLANDI, IL GIALLO DEI RICOVERI SUL DOSSIER L' OMBRA DEI CORVI

Fiorenza Sarzanin per il “Corriere della Sera”

 

IN PIAZZA SAN PIETRO CHIEDONO CHE IL PAPA PARLI DI EMANUELA ORLANDI IN PIAZZA SAN PIETRO CHIEDONO CHE IL PAPA PARLI DI EMANUELA ORLANDI

«Io ho sempre creduto che mia sorella fosse stata portata in un convento o in un luogo segreto. Ecco perché mi appello a Papa Francesco affinché utilizzi questo documento per fare luce e per dirci la verità. Lui ha sempre affermato: costruiamo ponti, non alziamo muri».

 

Pietro Orlandi non si è mai arreso. Aveva 23 anni quando Emanuela è scomparsa e da allora non ha mai smesso di cercarla. Ora, dopo aver parlato con le sue avvocatesse Annamaria Bernardini De Pace e Laura Sgrò, è convinto che qualcosa stia cambiando.

 

Lei crede che il dossier che circola in Vaticano sia vero?

PIETRO ORLANDIPIETRO ORLANDI

«Io non lo so, ma ritengo che ci siano circostanze da approfondire e per questo chiedo aiuto. Vorrei ricordare che Emanuela è cittadina vaticana, per la Santa Sede dovrebbe essere una priorità scoprire che cosa è davvero accaduto. Sono convinto che se Papa Francesco liberasse tutti dal segreto, finalmente noi sapremmo che cosa hanno fatto a mia sorella. In Vaticano ci sono moltissime persone che lo sanno ma non possono rivelarlo».

papa francesco bergoglio e il cardinale parolinpapa francesco bergoglio e il cardinale parolin

 

Molte persone citate nel dossier sono morte.

«Forse non è un caso che stia circolando proprio adesso. Io voglio ricordare a monsignor Giovanni Battista Re che lui ci aveva confortato all'epoca della scomparsa e adesso potrebbe aiutarci a trovare pace proprio rispondendo alle nostre istanze sul ruolo della Segreteria di Stato».

 

Ma le sembra possibile che Emanuela sia stata tenuta segregata per quattordici anni?

«Sicuramente è accaduto qualcosa di inconfessabile, altrimenti non ci sarebbe stata tutta questa determinazione a negare di aver mai avuto notizie. Inizialmente Giovanni Paolo II rivolse appelli pubblici perché mia sorella fosse restituita alla sua famiglia. Poi non è accaduto più nulla, anzi siamo stati osteggiati. Abbiamo sempre avuto la percezione di rappresentare un problema per i prelati mentre avrebbero dovuto fornirci il loro appoggio».

 

EMANUELA ORLANDIEMANUELA ORLANDI

Fu Papa Francesco a dirle «Emanuela è in cielo». Che impressione ha avuto durante quell' incontro?

«Sono rimasto costernato. Se lui davvero sa che è morta, deve sapere anche come è successo. Quando me lo disse mi mise una mano sul braccio come a rassicurarmi e poi andò via. Ho tentato più volte di essere ricevuto, ma ho sempre trovato la porta chiusa. E invece torno a chiederlo adesso: abbiamo diritto di sapere la verità, mia madre ha diritto di sapere dov'è sua figlia».

 

Su Facebook lei ieri ha scritto «il muro sta cadendo»: è così fiducioso?

EMANUELA ORLANDIEMANUELA ORLANDI

«Devo esserlo. E comunque è la prima volta che un documento esce da quelle mura. È una novità clamorosa. Io ho sempre pensato che da una parte ci fosse Emanuela, dall'altra il Vaticano e in mezzo un groviglio inestricabile di circostanze misteriose».

 

Questo documento sembra voler avvalorare l'ipotesi che sia morta nel 1997. Lei ci crede?

«Fino a che non mi restituiranno il corpo di mia sorella io crederò che sia viva. Fino a che non mi diranno dove è sepolta io continuerò a cercarla, non smetterò mai di bussare a tutte le porte. Lo devo a lei e alla mia famiglia. Lo devo a mia madre che non può rassegnarsi a non sapere dove sia sua figlia».

 

2 - «LA STORIA DI MIA SORELLA NASCONDE QUALCOSA DI INCONFESSABILE ORA CI DICANO LA VERITÀ»

Fiorenza Sarzanini per il Corriere della Sera

 

EMANUELA ORLANDI EMANUELA ORLANDI

«Allontanamento domiciliare della cittadina Emanuela Orlandi»: così, nel dossier che circola in Vaticano, viene definita la scomparsa della giovane avvenuta il 22 giugno 1983. E tanto basta per accreditare l' ipotesi che quei cinque fogli con l' elenco delle spese per circa 500 milioni di lire attribuite alla Santa Sede per gestire la vicenda fino a luglio 1997, siano in realtà un avvertimento.

 

La resa dei conti in una guerra interna cominciata con le rivelazioni dei «corvi» e continuata con i documenti pubblicati durante Vatileaks. Una possibilità avvalorata dal fatto che fossero stati rubati dalla cassaforte di monsignor Vallejo Balda - condannato come una delle «fonti» - e poi restituiti in un plico anonimo spedito alla Prefettura. Sono proprio le circostanze elencate nella relazione a sollevare nuovi dubbi e interrogativi su quello che invece è sempre stato considerato un rapimento di cui però rimane oscuro il movente.

emanuela orlandi emanuela orlandi

 

Nel testo attribuito all' allora presidente dell'Apsa, l'amministrazione del patrimonio della sede apostolica, si parla di un «divieto postomi di interrogare direttamente le fonti incaricando esclusivamente il capo della gendarmeria vaticana», che all'epoca era Camillo Cibin. E subito dopo si specifica che il documento «non include l'attività commissionata da Sua Eminenza il cardinale Agostino Casaroli al "Commando 1" in quanto alcun organo a noi noto o raggiungibile è a conoscenza di quanto emerso e della quantità di denaro investita nell' attività citata».

 

Sia Cibin, sia Casaroli sono morti. Ma molte persone che collaboravano con loro rivestono tuttora incarichi all'interno della Santa Sede. E forse proprio a loro si rivolge chi ha confezionato il dossier. Anche perché specifica che esistono «documenti allegati in originale per la parte relativa ai pagamenti per i quali è stata rilasciata quietanza», sottolineando che sono state effettuate spese «non fatturate».

 

EMANUELA ORLANDI EMANUELA ORLANDI

Una nota che suona come un messaggio in codice per far sapere che altre carte potrebbero essere rese note. Nessuna tra le ipotesi formulate nel corso degli anni su che cosa sia accaduto alla giovane ha mai trovato riscontro, ma accreditare la tesi che possa essere stata «gestita» per 14 anni dalle gerarchie ecclesiastiche apre scenari inquietanti proprio su quanto può essere accaduto Oltretevere.

 

Anche perché l' appello del 3 luglio 1983 pronunciato da Giovanni Paolo II, durante l'Angelus, escluse la pista di una fuga volontaria e confermò che il Pontefice potesse avere avuto informazioni su un coinvolgimento del Vaticano per la responsabilità di personaggi interni, oppure come destinatario del ricatto.

 

IN PIAZZA SAN PIETRO CHIEDONO CHE IL PAPA PARLI DI EMANUELA ORLANDI IN PIAZZA SAN PIETRO CHIEDONO CHE IL PAPA PARLI DI EMANUELA ORLANDI

Per questo suscitano interesse due «voci» del dossier che riguardano i ricoveri in strutture sanitarie della Gran Bretagna. Nella prima si parla di «spese clinica St Mary's Hospital Campus Imperial College» di Londra per 3 milioni di lire. E subito dopo è citata la «dottoressa Leasly Regan, Department of Obstetrics & Gynaecology» senza specificare la spesa ma annotando invece che l'attività «economica a rimborso» è contenuta «nell'allegato 28».

 

Nel dossier «presentato in triplice copia per dovuta conoscenza a entrambi i destinatari» - che sono l'allora sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato, il cardinale Giovanni Battista Re, e il sottosegretario Jean Louis Tauran - si sottolinea che «come da richiesta non si espleta la funziona di protocollazione». Un'altra circostanza che appare come un avvertimento.

 

Il fratello di Emanuela Orlandi Il fratello di Emanuela Orlandi

Di questo documento si parla ormai da svariati mesi tanto che la famiglia Orlandi aveva chiesto udienza al Segretario di Stato Pietro Parolin. Dalla Santa Sede hanno sempre negato che esistesse. Ora si scopre invece che era stato custodito nella prefettura della Santa Sede. Perché non si è confermato che circolava e si trattava di un falso? O forse qualcuno era convinto di essere riuscito a insabbiarlo.