DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Jessica D’Ercole per “la Verità”
Si dice che i triestini siano tutti «mati», perché la bora, oltre a scompigliarne i capelli, ne arruffa anche ciò che frulla sotto la loro radice. Nel 1954 soffiò a 171 chilometri orari, o forse più. La sua forza ruppe l' anemometro. Umberto Saba della bora ammirava la «scontrosa grazia», paragonabile a quella di «un ragazzaccio aspro e vorace, con gli occhi azzurri e mani troppo grandi per regalare un fiore». A Stendhal dava «reumatismi alle viscere». Apprezzata da James Joyce, «agisce su di me come uno spirito di salute che porta aria dal cielo», per Jan Morris era la radice dell'«ipocondria endemica di Trieste» e per Voltaire la «responsabile di numerosi casi di omicidio».
Nel 394, la bora aiutò Teodosio, imperatore d' Oriente, a sconfiggere Flavio Eugenio, augusto d' Occidente: il forte vento spingeva con maggior forza i giavellotti lanciati dai suoi uomini. La bora però fece venire a Teodosio una polmonite che lo uccise. Il vento di scirocco, che aumenta le temperature stagionali anche di 10 gradi, preso in piccole dosi dà buon umore perché aumenta la serotonina, l' ormone della felicità.
Quando soffia in continuazione fa venire ansia, mal di testa, coliche e apoplessia. Proprio come scriveva Thomas Mann in Morte a Venezia (1912): «Più egli andava più si sentiva depresso per la nocività dello scirocco, uno stato combinato di supereccitazione e di abbattimento, una specie di angoscia uscita dai suoi pori». Andrea Camilleri lo elogiava:
«Lo scirocco è uno dei momenti più belli che possano essere concessi all' uomo, in quanto l' incapacità di movimento in quei giorni ti porta a stare immobile a contemplare una pietra per tre ore, prima che arrivi un venticello. Lo scirocco ti dà questa possibilità di contemplazione, di ragionare sopra alle cose, anche se è un po' difficile, in quelle circostanze, sviluppare il pensiero che è un po' "ammataffato", collosa, come la pasta quando scuoce».
Per Francesco Guccini «trasforma la realtà abusata e la rende irreale» (Scirocco, 1987).
Scriveva Lyall Watson ne Il libro del vento (1985) che quando raggiunge l' Italia meridionale e la Sicilia, s' inzuppa di umidità nell' oceano, e arriva, oltre che caldo, anche umido, facendo aumentare la frequenza dei delitti a Napoli. Anche il Santa Ana, vento della California meridionale, caldo e polveroso fa impazzire la popolazione. Uno studio dell' università di Los Angeles ha dimostrato che quando soffia aumenta del 30-40% il numero di omicidi e aggressioni.
La tramontana, vento irruento, freddo e secco, non fa diventare matti, tutt' al più fa perdere la bussola. Per secoli i marinai si affidarono a questo vento che proviene da Nord per trovare la giusta rotta. Nel 1551 salvò Catania dai turchi spingendo al largo le navi degli invasori. Il miracolo però fu attribuito a Sant' Agata. Nel suo Pinocchio, al capitolo XI, Collodi la fece levare impetuosa per sbatacchiare «in qua e in là il povero impiccato, facendolo dondolare violentemente come il battaglio d' una campana che suona a festa». Il povero impiccato era il burattino, legato per il collo a un ramo della Quercia grande dai due assassini. La tramontana si sa, «la pioggia tien lontana» perché dopo il passaggio di un fronte freddo, i venti ruotano a nord-est, e il cielo si fa sereno e limpido. Di solito soffia per giorni multipli di 3 - «3, 6 o 9 dì».
In Italia, i venti che portano prevalente buon tempo sono Ponente (Ovest), Maestrale (Nord-Ovest), Tramontana (Nord), Grecale (Nord-Est). Venti che portano prevalentemente la pioggia: Levante (Est), Scirocco (Sud-Ovest), Mezzogiorno (Sud) e Libeccio (Sud-Ovest).
Il Vaia, il ciclone mediterraneo che lo scorso anno ha abbattuto in 24 ore più alberi di quanti ne possano tagliare tutti i boscaioli delle Dolomiti in 3-4 anni: 2 milioni solo in Trentino Alto Adige. Stando agli anemometri al Passo Rolle le raffiche raggiunsero una velocità tra i 120 e i 217,3 chilometri orari. La raffica di vento più veloce registrata in Italia è stata di 238 chilometri orari.
Era un vento di libeccio che nel gennaio di quattro anni fa soffiava impetuoso sull' Appennino tosco-emiliano. Il record di vento più intenso al mondo spetta al ciclone tropicale Olivia che il 10 aprile 1996 raggiunse le isole Barrow, in Australia, raffiche sino a 407 chilometri orari. In assenza di cicloni tropicali o tornado il primato spetta all' osservatorio del Monte Washington: il 12 aprile del 1934 registrò raffiche con picchi a 372 chilometri orari e un vento medio di 302 chilometri orari. Uno dei luoghi più ventosi del mondo è la Baia del Commonwealth, in Antartide, spazzata da venti che spirano a 240 chilometri orari per buona parte dell' anno.
Il vento è un fenomeno naturale dovuto alle differenze di pressione tra due punti dell' atmosfera. Il sole, infatti, non riscalda in modo uniforme le masse d' aria che si trovano al di sopra della superficie terrestre: l' aria calda tende a salire, mentre quella fredda va verso il basso; la densità cambia in relazione al contenuto di umidità dell' aria. Già il filosofo Anassimandro (Mileto, 610 a.C. circa - 546 a.C.) aveva compreso che i venti sono movimenti dell' aria. Nel 1805 il comandante navale inglese Francis Beaufort ideò una scala, suddivisa in forze, per misurare i venti in base alla velocità, descriveva anche il loro effetto sulle specie viventi. Vento forza 4: «I capelli sono scompigliati, i vestiti aleggiano. I coleotteri restano a terra. Zanzare e culicidi smettono di pungere». Vento forza 6: «Le braccia sono scostate dai fianchi. Falene e api restano al suolo». Vento forza 9: «I bambini sono rovesciati. Tutti gli insetti restano a terra».
Capita che sulla terra piovano pesci. Nelle ricadute da vento, vengono risucchiati dalle trombe d' aria che attraversano i mari e poi lanciati a centinaia di metri. Nel 1870 la città di Sacramento in California venne bersagliata da «cagnolini del fango», un tipo di salamandra con branchie rosse; nel 1890 centinaia di granchi d' acqua dolce piovvero su due diversi quartieri di San Francisco; nel 1953 centinaia di migliaia di chiocciole caddero su tutta Algeri; nel 1963 gamberetti vivi d' acqua dolce furono depositati su Los Angeles. Già nel primo secolo Plinio il Vecchio scriveva di tempeste di rane e pesci. Più di recente nel 2010 centinaia di esemplari di pesce persico sono caduti sui 650 abitanti di Lajamanu in Australia; a maggio 2018 Oroville in California ha visto scendere dal cielo centinaia di carpe; lo scorso agosto il tifone Lekima ha fatto piovere, nella provincia cinese di Zhejiang, polpi. Il maestrale spira da Nord-Ovest e trasportava le navi sulla via maestra, cioè quella per Roma.
Ma ai veneziani non stava bene così cambiarono la collocazione della Rosa da Malta a Zante in modo che la via maestra indicasse la via proveniente da Venezia. Soffia fino a 150 chilometri orari ed è portatore di burrasca. Così come lo descriveva nel 1883 Giosuè Carducci in San Martino: «Sotto il maestrale / Urla e biancheggia il mar». Anche il libeccio porta tempeste. Spira dalla Libia.
Generalmente nasce molto velocemente, sviluppandosi fino a raggiungere una potenza eccezionale, per poi calmarsi con la stessa rapidità con cui è nato. I romani lo chiamavano africano. Il vento di ponente, delizia dei romani nelle sere d' estate, fino a che non fu costruito fra la città e il mare il Corviale, il serpentone lungo un chilometro, alto 33 metri, che fa da paravento.
Se con Renato Rascel il ponentino era malandrino («prestame er ponentino / più malandrino che c' hai / Roma reggeme er moccolo stasera»), con Renato Zero si è arreso («E fatte accarezza' Roma mia bella / soffro ner vedette trascurata / er ponentino pure lui s' è areso»). A soffiare il ponentino nella mitologia greca era Zefiro. Sandro Botticelli, volle il suo fresco soffio nella sua Venere, per far fluttuare la conchiglia della sua dea. Ovidio lo chiamava Favonio, da favere, essere favorevole a tutti i piaceri della vita.
«Il vento dell' Est è sinonimo di virilità, esuberanza, erotismo, il vento dell' Ovest di fiacchezza, di esaurimento» (Alberto Moravia).
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